Se vogliamo comprendere nella sua essenza la condizione dell’umanità di oggi, il grado della sua disperazione e quello della sua speranza – e la stampa non può non annoverare tra i suoi compiti più elevati anche questo – dovremo necessariamente innalzarci parecchio rispetto alle caratterizzazioni, formulazioni e ricette politiche. E allora ci apparirà forse chiaro, anche se non avremo da rallegrarcene, che il pericolo maggiore non proviene dal fatto che il mondo è diviso in due sistemi sociali alternativi, ma dal fatto che i due sistemi non solo sono entrambi viziati ma presentano lo stesso difetto e quindi nessuno di loro, con la sua attuale visione del mondo, promette esiti soddisfacenti. Attraverso tutte le casualità del concreto sviluppo dei vari paesi e nel corso di molti secoli, questo difetto si è organicamente connaturato nell’umanità contemporanea e alla grande distanza possiamo esaminarlo. Noi – tutti noi, la nostra comune civiltà – ci siamo come imbarcati su una giostra, la stessa per tutti, e abbiamo compiuto un lungo percorso orbitale. Come per i bambini sui cavalli della giostra nel loro giro, ci era sembrato non dovesse finire mai – sempre avanti, sempre più veloci, mai di lato, mai di sghembo. Questa severa traiettoria orbitale è stata: Rinascimento - Riforma - Illuminismo - rivoluzioni fisiche cruente - società democratiche - tentativi socialisti. Questo percorso non poteva essere evitato giacché a suo tempo il Medioevo non aveva saputo trattenere l’umanità, visto che pretendeva di realizzare il Regno di Dio sulla Terra con la costrizione e la confisca dei diritti essenziali della persona a vantaggio del Tutto. Ci trascinavano, ci spingevano nello Spirito con la violenza e noi ci siamo svincolati gettandoci a capofitto nella Materia, e anche qui senza limiti. E ha avuto in tal modo inizio la lunga epoca dell’individualismo umanistico, e l’edificazione di una civiltà basata sul principio: l’uomo è la misura di tutte le cose, e l’uomo è più di tutto. Si è trattato di un ineluttabile cammino che nel complesso ha assai arricchito l’esperienza del consorzio umano ma ecco che anch’esso, sotto i nostri occhi, è prossimo a esaurirsi: gli errori negli enunciati fondamenta-li, non abbastanza valutati all’inizio di quel percorso, ora presentano il conto. Elevando a suprema misura di tutte le cose l’uomo, con tutta la sua imperfezione e cupidigia, consegnandosi senza limiti né freni alla Materia siamo arrivati all’inquinamento, al dilagare dei rifiuti, affondiamo in un mare di spazzatura, che colma fino all’orlo tutte le sfere della nostra esistenza quotidiana. Nella sfera materiale questa contaminazione globale è fin troppo evidente, ha avvelenato l’aria, l’acqua, gran parte delle terre abitate e comincia a invadere gli altri ambienti; allo stesso modo ha oscenamente premiato i nostri poderosi sforzi produttivi, caricando quotidianamente ogni singolo e ogni famiglia di allettanti stampati pubblicitari, impacchettature e plastiche varie che poi defluiscono in imponenti masse di rifiuti urbani. Ma anche nella sfera cosiddetta spirituale questa spazzatura ci intasa, ci soffoca – in quantità voluminose, che esorbitano dalla capienza dei nostri occhi, orecchi, del nostro petto. Ci imbottiscono senza sosta di squillanti postulati pretendendoli universali e pacifici per tutti, mentre invece sono solo ideuzze mediocri e piatte, come, per dire, la pseudoscienza o l’arte da parati che le accompagnano, come tutto ciò che non riconosce sopra di sé alcuna responsabilità che travalichi quella dell’Individuo, nel senso di tu, io e chiunque dica la sua, come gli viene l’estro. La civiltà del frastuono ci ha completamente privati di una vita interiore raccolta, ha trascinato le nostre anime al mercato: quello dei partiti o quello dei commerci. Nella sfera sociale il nostro plurisecolare cammino è sfociato in alcuni casi sull’orlo dell’anarchia, in altri in uno stabile dispotismo. In mezzo a questi due temibili esiti, i governi democratici si rivelano, sotto i nostri occhi l’uno dopo l’altro, impotenti e irrilevanti – per il fatto che le varie formazioni al loro interno, piccole o grandi, non vogliono saperne di autolimitarsi a favore del Tutto. Questa consapevolezza che deve pur esserci un qualche Tutto, qualcosa di Superiore – qualcosa che un tempo poneva un limite alle nostre passioni e irresponsabilità – l’abbiamo perduta chissà dove. Ma questa idea da noi smarrita è stata ripresa e custodita con sollecitudine dalle feroci tirannie moderne e in particolare tempestivamente riproposta col nome di Socialismo. Ma l’insegna è ingannevole e il termine improprio: il mezzo secolo della sua applicazione mostra a sufficienza che anche là delle masse abbiamo fatto strame per la vita agiata di piccoli gruppi – per giunta di gente dappoco, immondizia. Questo percorso è stato dunque una traiettoria orbitale, lungo la quale ci siamo liberati dal potere della violenza per tornare a un potere anch’esso arbitrario – non tutti almeno per ora, ma presto ne saranno minacciati tutti, data la comune malattia del declino della volontà e della perdita di prospettive. E l’orbita minaccia di chiudersi al livello più basso. Mi sembra evidente che il consorzio civile sia ora alla vigilia di una svolta della storia universale (della vita, dell’esistenza e della concezione del mondo) analoga per importanza a quella che dal Medioevo ha portato all’Età Moderna – sempre che noi non la si trascuri per ignavia e pochezza d’animo. Proprio il vostro paese, l’Italia, è stato a suo tempo quello che per primo ha meglio evidenziato la precedente svolta storica. Può essere che oggi siate tra i primi a percepire il baratro della nostra situazione attuale e, con la vostra sensibilità, possiate aiutarci a trovare quelle forme che ci rendano più facile il passaggio a un’orbita di livello più elevato, dove apprendere a rispettare una giusta armonia tra la nostra natura fisica e quella spirituale. Troveremmo così l’elevatezza spirituale necessaria a riscoprire che l’essere umano non è il coronamento dell’universo ma che sopra di lui c’è il Sommo Spirito. A causa dei ritmi minacciosamente rapidi della vita d’oggi, disponiamo per la comprensione e la realizzazione di questa svolta epocale di assai meno tempo di quello che occorse nei meno frenetici XIV o XVI secolo. E con tutta la sanguinosa esperienza degli ultimi secoli la scelta stessa delle forme del cambiamento deve obbedire a criteri d’altro genere, meno rozzi e più elevati; abbiamo già imparato che l’abbattimento violento degli Stati, i colpi di mano rivoluzionari non aprono la via al radioso avvenire ma a una rovina ancora più grave, un arbitrio e una violenza peggiori di prima. E se pure è destino che nel nostro futuro vi siano rivoluzioni salvifiche, devono essere rivoluzioni morali, vale a dire un fenomeno mai visto, qualcosa che tocca a noi scoprire, comprendere e realizzare.