venerdì 11 settembre 2015
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Un tempo lo studente ribelle era quello che non studiava: il rifiuto dello studio era il segno più palese ed eclatante della ribellione. Oggi invece le cose vanno esattamente in senso opposto: poiché la grande maggioranza dei ragazzi sono interessati a tutto tranne che a studiare, la vera ribellione consiste proprio nel farlo. Questa è la tesi – netta e tranchant, sebbene argomentata in maniera articolata  dell’ultimo libro di Paola Mastrocola. È un’opera che appartiene al genere in cui la scrittrice torinese ha da sempre raggiunto i risultati più felici, quello del pamphlet. Andata in pensione da un pluridecennale insegnamento liceale (l’informazione è data a un certo punto tra parentesi, ma già questa è una notizia), Mastrocola prova ancora ad avvicinarsi agli adolescenti con sguardo critico e curioso, e anche con maggiore benevolenza. Inevitabilmente li confronta con i ragazzi di quando adolescente era lei, evidenziandone vari punti di distanza. Lo studio, anzitutto: da attività centrale di un ragazzo (in quanto suo compito precipuo) a una sorta di optional, per lo più ritenuto inutile e spesso addirittura disprezzato. Le ragioni – che l’autrice non manca di elencare e di analizzare – sono molteplici. La scuola è sempre meno in grado di funzionare come «ascensore sociale», e dunque perché ammazzarsi di fatica sui libri? I cosiddetti «nativi digitali» sono convinti che non serva a nulla imparare dati e immagazzinare nozioni, perché tanto qualsiasi informazione è immediatamente reperibile in rete con un clic. A sostenere questa «difesa dell’ignoranza» collaborano spesso i personaggi mediaticamente più in vista: esponenti dello sport, dello spettacolo, della politica e persino della cultura. La "colpa", insomma, non è tutta dei ragazzi; anzi, è soprattutto di noi adulti. Scuola compresa: una scuola che si autopromuove sempre più spesso come mero luogo di socializzazione, più che come istituzione tesa a trasmettere precisi contenuti disciplinari e messaggi formativi. A un certo punto l’autrice si chiede quanti siano oggi percentualmente i docenti che trascorrono le ore libere dall’insegnamento leggendo libri pertinenti alla loro materia (cosa normale fino a qualche anno fa). Probabilmente pochi, certamente molti meno che in passato, poiché la scuola tende sempre più a occupare il loro tempo con riunioni sulla programmazione didattica, sull’orientamento in entrata e in uscita, sull’accoglienza, sui bisogni educativi speciali, sulla dislessia e sulla discalculia, sull’uso delle nuove tecnologie eccetera eccetera. Ma in questo modo come si può coltivare quella passione per il latino, per la storia dell’arte o per la matematica da passare poi agli alunni? E un docente che, soffocato dagli impegni burocratici, non può vivere la propria passione potrà trasmettere ben poco. Nero pessimismo? No, sano realismo. Lo stesso che ha connotato negli ultimi 15 anni (dal suo romanzo d’esordio, La gallina volante, 2000) lo sguardo della Mastrocola. La quale ricorda una riflessione di Eugenio Montale datata 1975: «Non c’è scampo. Abbiamo perduto gli ormeggi e siamo costretti ad andare alla deriva. La crisi è dappertutto, in tutti i campi. È inutile chiudere gli occhi. E nessuno sa più cosa credere, nessuno sa più cosa fare». Per trarre proprio da lì qualche motivo di speranza: «Mi rincuora sapere che il mio poeta italiano preferito pensasse anche lui di vivere alla fine dei tempi, dal momento che nel mio piccolo lo penso anch’io [...]. È possibile che siamo in una fase di decadenza, sì, anzi, è quasi certo». E aggiunge: «Ho, per il Decadentismo, un amore forsennato. Abbiamo chiamato così uno dei momenti più belli e più ricchi dell’arte e della cultura europea». Il che però non deve impedirci di resistere e di opporci, coltivando, appunto, la possibilità di essere «ribelli» rispetto al «pensiero unico» che in molti ambiti caratterizza il nostro tempo. IL LIBROPaola MastrocolaLa passione ribelleLaterza – Festival della MentePagine 160. Euro 14,00.
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