Lo Stato ha le risorse per finanziare lo sviluppo. Si tratta di oltre 6 miliardi di euro che arriverebbero dalla vendita di circa 338mila ettari di terreni agricoli, gestiti attraverso amministrazioni ed enti pubblici, che potrebbero essere acquisiti dagli agricoltori. In questo modo, sarebbero sostenute le misure necessarie al Decreto sviluppo del governo sollecitato dall’Unione europea. L’indicazione è arrivata ieri dal Forum internazionale dell’Agricoltura che ogni anno la Coldiretti organizza a Cernobbio ed è stata raccolta subito dal ministro Saverio Romano che ha spiegato: «È una proposta che raccolgo immediatamente. La presenterò a Berlusconi». Idea condivisa anche dal collega di governo Maurizio Sacconi, secondo cui «è doveroso aprire un tavolo di verifica» sul tema.Il dato, sorprendente, sul valore dei terreni agricoli statali è contenuto nel dossier "Lo Stato agricoltore" all’interno di uno studio sulle proprietà pubbliche dei terreni agricoli realizzato sulla base dei dati del Censimento Istat del 2010. «Il Censimento – ha sottolineato Sergio Marini, presidente dell’organizzazione agricola – ha fatto scoprire l’esistenza di ben 338.127,51 ettari di superficie agricola utilizzata (Sau) di proprietà pubblica che, sulla base del valore medio della terra calcolato dall’Inea in 18.400 euro per ettaro, indica la disponibilità di un patrimonio di 6,22 miliardi di euro a disposizione dello Stato che non ha alcun interesse a fare l’agricoltore». Certo, occorrerebbe verificare quanti di questi terreni siano effettivamente vendibili. Ma anche con questo, l’indicazione è chiara. Anche perché il calcolo, fatto peraltro per difetto, esclude i boschi e forme di gestione particolari come le comunanze in cui è più difficile imputare con certezza la proprietà al "pubblico".Risorse fresche, quindi, che potrebbero arrivare e il cui smobilizzo consentirebbe pure di raggiungere un secondo obiettivo: quello di rendere più efficiente la base produttiva agricola del nostro Paese. «La cessione di questi terreni – ha detto infatti Marini – toglierebbe allo Stato il compito improprio di coltivare la terra, renderebbe disponibili risorse per lo sviluppo ma soprattutto avrebbe il vantaggio di calmierare il prezzo dei terreni (uno degli ostacoli all’ingresso dei giovani in agricoltura), stimolare la crescita, l’occupazione e la redditività delle imprese agricole che rappresentano una leva competitiva determinante per la crescita del Paese». L’Italia peraltro ha un drammatico bisogno di terra per uso agricolo poiché negli ultimi 40 anni sono andati persi quasi 5 milioni di ettari di superficie coltivata, pari a due volte la Lombardia.Tutto con il consenso degli italiani. Stando ai risultati di una indagine Coldiretti/Swg, presentata sempre a Cernobbio, il 57% della popolazione ritiene che i terreni agricoli di proprietà pubblica dovrebbero essere venduti agli agricoltori, mentre secondo il 18% sono un patrimonio che lo Stato deve tenersi e per il 14% dovrebbero essere venduti a chiunque ne faccia richiesta e per qualsiasi finalità.