«I nostri sforzi non danno ancora risultati veri e la Terra dei fuochi è ancora assoluta emergenza». Gian Luca Galletti sospira. Poi, dietro dieci nuove parole quasi scandite, rilancia la sfida: «Delinquenti del Sud e del Nord hanno stuprato queste terre, ma alla fine vinceremo noi». Ancora una pausa leggera e ancora un messaggio: «Non ho nessuna intenzione di mollare nemmeno di un centimetro. La terra dei fuochi era e resta un’assoluta priorità del governo e del ministero dell’Ambiente». Sembrano parole. Promesse che si scontrano con una realtà che agita la gente, che ruba serenità. I roghi tossici non si fermano e non c’è la svolta che doveva prendere forma dietro il decreto messo a punto dal governo Letta e approvato il 3 dicembre 2013. Non ci sono i mille militari. Non c’è un vero screening e non c’è una completa mappatura del territorio. Galletti riflette dieci secondi poi indica l’obiettivo. Non generico. C’è una data e un impegno. «Entro cento giorni sarà svolta vera. E arriveranno nuovi soldati. È vero la decisione non dipende solo da me, ma so di poter contare su Alfano. Il governo non arretra, anzi è ora di alzare il livello della sfida, di garantire una maggiore presenza dello Stato sul territorio. È decisivo, è vitale. Ed è solo un passo».
Gli altri?Ambiente, Agricoltura e Salute stanno lavorando fianco al fianco. C’è unità. Sintonia. Abbiamo fatto cose importanti e entro il 2104 arriveranno altri segnali netti. La mappatura delle zone andrà avanti con maggiore attenzione e con più velocità: abbiamo individuato le aree a rischio e vietato la vendita dei prodotti coltivati su quelle terre. L’obiettivo ora è completare quel lavoro e offrire in sei mesi una fotografia dettagliata dell’emergenza. E ancora non basta. La mia determinazione coincide con quella dell’intero governo. C’è l’impegno di Renzi, di Alfano, di Martina, di Lorenzin. Entro l’anno contiamo anche di completare lo screening e capire sul serio quali sono i rischi sulla popolazione e quali gli interventi da mettere a punto per arginarli.
Ministro questo basta?Serve lo Stato, ma lo Stato da solo non basta. Serve una mentalità nuova al Sud e in tutto il Paese. Non possiamo vivere i problemi ambientali come se fossero problemi dello Stato e non dei cittadini. E allora la sfida è sensibilizzare, è costruire una cultura dell’Ambiente.
Insisto: ha un progetto preciso?Parto da lontano. Seppellire dei rifiuti deve essere vissuto dalla gente come un reato gravissimo: ruba il futuro ai nostri figli, sfregia la loro terra. E arrivo al punto: nelle scuole al fianco della cultura digitale ci sarà la cultura ambientale. Ho già parlato dettagliatamente con il ministro dell’Istruzione Giannini. C’è già un tavolo tecnico Istruzione-Ambiente. E ci sono già le linee guida per introdurre nelle scuole ore di cultura ambientale. Presto, prestissimo, già da settembre si lavorerà al progetto con l’obiettivo di partire il prossimo anno.
I giovani hanno a cuore l’Ambiente?L’altro giorno ho buttato una bottiglia di plastica nel contenitore sbagliato, ma mio figlio Lorenzo mi ha corretto immediatamente: "papà va lì". Lui ha undici anni e sta diventando grande con la consapevolezza che la raccolta differenziata è qualcosa di importante.
Torniamo alla Terra dei fuochi...Bisogna prendere decisioni importanti e ognuno deve assumersi la sua responsabilità fino in fondo. Non è più il tempo degli studi e degli approfondimenti; ora bisogna agire. Il ministero sta facendo la sua parte, la Regione anche, ma ora tocca anche alle amministrazioni locali...
Ministro è passato dai roghi tossici ai termovalorizzatori?Sono questioni legate a doppio filo, sono facce di una stessa emergenza. E di una stessa mentalità. Sarò chiaro: non si può sempre dire di no, bisogna fare le cose. Abbiamo presentato un piano alla Ue l’anno scorso. Prevede la costruzione di termovalorizzatori. Non li vogliono? Io sono pronto a discutere di qualsiasi cosa, ma mi sia dia una soluzione subito perché se la soluzione non c’è resta buono quel piano. Sono pronto a sedermi al tavolo e a valutare soluzioni alternative, ma le voglio realistiche e realizzabili in breve tempo.
Breve tempo che cosa vuol dire?Cento giorni. Per troppo tempo abbiamo ascoltato tutti, ma non abbiamo fatto nulla. Ora basta. Senza soluzione entro il 2014 andiamo avanti noi con i termovalorizzatori. Abbiamo un’infrazione Ue alle porte: è questione di mesi, non di anni. E dunque abbiamo il dovere di muoverci e di dare risposte. Non mi voglio impiccare a zone o a soluzioni, ma sono terribilmente stanco di soli no. E allora faccio una proposta: sono pronto a dire sì a dei comitati di controllo sul funzionamento dei termovalorizzatori. Comitati con rappresentanti degli enti locali e della popolazione.
Ministro, i no sembrano quasi una maledizione per il ministero che guida...Ha ragione: l’Ambiente è leva nevralgica per lo sviluppo del Paese, i no non possono azzerare le potenzialità. La strada? La scienza deve vincere sull’emotività. Le grandi questioni ambientali vanno affrontate con la scienza, con la ricerca. Non con irrazionalità. Vuole un esempio? Abbiamo Regioni come la mia Emilia Romagna con otto termovalorizzatori e altre dove non si possono fare. In Emilia lei ha mai visto gente scendere in piazza? Ecco il punto: ci sono realtà che provano a capire mettendosi nelle mani della scienza e altre dove prevale un’illogica emotività.
Lei è certo che i termovalorizzatori non siano un rischio per la salute? Lei da sindaco li metterebbe nel suo paese?Li metterei senza nessuna esitazione. Io faccio vivere i miei quattro figli in Emilia Romagna con un termovalorizzatore a tre chilometri da casa. Se avessi solo la sensazione o il sospetto che possano fare male sarei il primo a scendere in piazza per difendere la salute dei miei ragazzi. Ma non è così, non fanno male. E allora dico alla gente del Sud e alle popolazioni campane: meno emotività, fidiamoci della scienza.
Dubito che il suo appello faccia centroCapisco che in quelle zone ci sia diffidenza verso tutto e verso tutti. E in molti casi hanno anche ragione. Ma ora serve una nuova fiducia e un nuovo impegno collettivo per risolvere il problema. Lì la soluzione ancora non c’è e la situazione resta drammatica, ma è un problema nazionale, non della sola Campania. Tutti hanno stuprato quelle terre e ora tutti devono fare la loro parte. Anche le Regioni del Nord. E lo dico da emiliano-romagnolo: nessuno può girarsi dall’altra parte.
Lei dice fidiamoci della scienza: sembra quasi una nuova sfida al mondo ambientalista che ancora non le ha perdonato la scelta degli scarichi in mareE non mi fermo, anzi da ora sarà una regola del mio ministero. Sia chiaro: non è una fuga in avanti, voglio rispettare solo i vincoli europei. Che – apro una parentesi – erano norme fissate in maniera scientifica e molto meno garantista di quella applicate da noi. Non è bastato: c’è un ambientalismo di maniera che semina paure e dice no a priori senza mai ragionare su basi scientifiche. Ma io non ci sto; l’Italia non può essere paralizzata dall’irrazionalità di un certo ambientalismo; se siamo in Europa le regole sono e saranno quelle.
Quell’ambientalismo si è fatto sentire anche sulla vicenda dell’orsa bruna Daniza. Perché catturarla? Perché la scienza ci dice che è pericolosa. Ho chiesto di capire e in una relazione tecnica c’è la strategia, c’è quello che dobbiamo fare. Quell’orsa ha un comportamento aggressivo. Sia se è con i piccoli, sia se sta da sola. Può essere un pericolo per le persone e io metto prima l’incolumità della gente e dopo le pressioni di certi ambientalisti e animalisti. Daniza sarà catturata e finirà in Trentino in un’area protetta. E i piccoli – sempre dagli studi scientifici – sopravviveranno da soli. È la soluzione migliore ed è quello che faremo.
La Terra dei fuochi è la priorità assoluta. Dopo?Sì assoluta. Dopo c’è l’Ilva. Possiamo e dobbiamo dimostrare che è possibile fare industria pesante in Europa rispettando l’ambiente. Abbiamo studiato un piano che funziona, che offre garanzie e ora vogliamo dire a Taranto che qualsiasi cosa nascere sarà rispettosa dell’Ambiente. Non ci sarà mai una "Ilva 2" senza un profondo rispetto di un rigoroso e innovativo piano ambientale. Perché un’azienda che ha un rispetto forte dell’ambiente riesce a guadagnare e a stare sul mercato. È così: salute, lavoro e crescita possono correre parallelamente. Anzi devono. Perché nessun cittadino dovrà più trovarsi davanti al bivio salute o lavoro.