lunedì 14 aprile 2014
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La vicenda dell'ospedale romano "Pertini" riporta alla memoria il caso di fecondazione artificiale avvenuto a Modena quasi vent'anni fa, nel 1996: per uno scambio di provette, due gemelli neri nacquero da una coppia di modenesi bianchi. Il caso diventò di pubblico dominio nel 2004 quando si aprì la causa civile al tribunale di Modena avviata dalla famiglia con i due bebè neri contro il Policlinico per quanto era accaduto al reparto di Ginecologia e ostetricia allora diretto da Annibale Volpe.Al momento del parto la modenese che con il marito aveva avuto accesso alla fecondazione artificiale omologa, partorì due piccoli mulatti. I genitori denunciarono l’ospedale per l'errore, che in Italia non si era mai ancora verificato (o risaputo). Negli anni scorsi il Policlinico ha risarcito la famiglia per un milione e mezzo di euro. L'ipotesi è che ci fosse stato uno scambio durante la fase in laboratorio. Il giorno in cui i due modenesi si erano recati in clinica - ricostruisce oggi la Gazzetta di Modena - erano previsti ben tre cicli di fecondazione artificiale omologa per coppie che presentavano diagnosi di sterilità. I due modenesi furono gli ultimi delle tre coppie. La prima era una coppia di neri. In qualche modo il materiale genetico del papà di origine africana è stato trasmesso al materiale genetico della mamma modenese. Durante l'udienza la direzione del Policlinoco ammise che all'origine di quanto era accaduto c’era stato probabilmente un errore umano da parte di un operatore. «Una sfortunata concatenazione di eventi eccezionali». In termini tecnici, quello che viene definito un caso di «inquinamento ambientale». Nel caso specifico lo strumento che potrebbe avere trasmesso il materiale genetico, determinando il grave errore, potrebbe essere stata una pipetta sporca. Nel 2004, dieci giorni prima che venisse alla ribalta il caso modenese, rimbalzò sui giornali un altro caso clamoroso di scambio di materiale genetico tra il seme di due uomini a Torino, nel centro medico Promea. L'errore era stato scoperto solo dopo l'inseminazione nell'utero delle rispettive mogli. Lo scambio ha riguardato una coppia di coniugi torinese e una coppia svizzera. Il marito torinese aveva letto un nome diverso dal proprio sulla cartella clinica, quando l'inseminazione della moglie era avvenuta da pochi minuti. Nel giro di pochissimo tempo alle due donne è stata somministrara la pillola del «giorno dopo», per "rimediare" al possibile pasticcio biologico: i due nascituri si sarebbero trovati con due padri noti, uno anagrafico e l'altro biologico. Quella che oggi sarebbe, mutatis mutandis, una evenienza possibile, con la fecondazione eterologa.Sempre nel 2004 una donna bianca di New York, ha dato alla luce due gemelli, di cui uno sviluppatosi dall'embrione di una coppia nera. Lo scambio di embrioni era avvenuto in una clinica per l'infertilità di Manhattan e ne era conseguita una dura guerra legale durata sei mesi. Alla fine la coppia nera dei genitori biologici aveva ottenuto la custodia del piccolo nero. Che, di fatto, fu separato dal fratello bianco.Più di recente un errore è avvenuto a Honkg Kong nel 2011: due embrioni sono stati impiantati nell'utero della donna sbagliata. La clinica, un centro specializzato e considerato di eccellenza, ha ammesso l'errore, scaricando la colpa su un giovane medico reo di non aver letto i dati sulla provetta. La donna ha abortito e la clinica, oltre a una consulenza psicologica gratuita, ha dovuto versare un cospicuo risarcimento sia a lei, sia alla mamma naturale degli embrioni.
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