«Negli ultimi giorni gli sbarchi, gli avvistamenti, le telefonate di soccorso si sono un po’ ridotti. Ma ci aspettiamo che ricomincino. Tradizionalmente settembre è un mese impegnativo, le nostre proiezioni ipotizzano fino a ventimila persone in arrivo...». È pomeriggio e il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, sta rientrando al Viminale: «La pianificazione sulla quale lavoriamo ipotizza fino a 200mila arrivi in Italia entro la fine dell’anno. Io mi auguro che siano meno. L’anno scorso erano stati 170mila, un possibile incremento darebbe conto della pressione crescente sul nostro Paese».
Le strutture di accoglienza saranno sufficienti?Ci stiamo preparando ad assorbire la "botta" di settembre. La circolare ai prefetti su 20mila alloggi non è ancora partita, ma dobbiamo essere pronti. Io sto ricominciando il giro delle Regioni, per verificare la situazione. In quelle dove c’è più fermento politico, come Veneto o Lombardia, qualche sindaco potrebbe essere "condizionato" dai rapporti col livello politico regionale. Ma noi non ci stanchiamo di ripetere le nostre ragioni, spiegando ai primi cittadini che debbono sentirsi ed essere protagonisti di questa stagione di accoglienza...
Cosa risponde a chi parla di situazione emergenziale?Che non è così. È chiaro che abbiamo una pressione molto forte: ad oggi, accogliamo oltre 100mila migranti, circa 95mila adulti e i rimanenti di minore età. È una situazione complicata, un peso che l’Italia non ha mai sopportato. Ma non più di questo...
Ma ci sono situazioni di maggior tensione fra migranti e residenti, come quella di Mineo, acuita dall’uccisione dei coniugi di Palagonia. Il ministero dell’Interno ha valutato l’ipotesi di chiudere quel Cara?Per ora non è possibile. Ma posso anticiparle che su Mineo stiamo valutando alcuni interventi.
Quali?Intanto, l’alleggerimento dei numeri: al momento si trovano nel Cara circa 3mila migranti. Se riuscissimo a farli scendere a 2mila, sarebbe meglio. Finora non ci siamo riusciti: la necessità di reperire posti per l’accoglienza ci ha costretti a non poter intervenire su Mineo. Ma, a breve, proveremo a farlo.
Molti migranti stanno lì da troppo tempo...Stiamo anche pensando a una sorta di avvicendamento delle persone lì ospitate: non possono restare in quel Cara per un tempo così lungo.
E dove verranno mandate?In altre strutture. Se stanno attendendo la decisione di un magistrato, perché magari hanno fatto ricorso sul respingimento della propria richiesta d’asilo, debbono restare in accoglienza, non possono essere rimpatriati.
E riguardo alle situazioni sospette emerse nelle inchieste collegate a "Mafia Capitale"?Il ministro Alfano sta valutando quali soluzioni adottare riguardo alla gestione del centro. Le decisioni potrebbero arrivare in questi giorni.
Quanti altri centri ci sono, delle dimensioni di Mineo?Nessuno. Ci sono strutture con numeri minori, come il centro calabrese di Isola Capo Rizzuto, con 1.250 migranti, o quello di Bari, che ne ha circa un migliaio...
La Corte europea ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di tre tunisini nel 2011. Oggi le condizioni di trattenimento sono migliorate? O rischiamo altre condanne?Non è più come nel 2011. È chiaro che, tra tanti richiedenti asilo "veri", ci sono anche migranti economici, alla sacrosanta ricerca di un futuro migliore, ma che non hanno titolo a presentare richiesta d’asilo. Noi cerchiamo di essere attenti ai diritti di tutti, nel rispetto della normativa italiana, che è fra le più garantiste.
Sulla scia dell’apertura tedesca ai profughi siriani, la Commissione Ue sta preparando una proposta per rivedere il regolamento di Dublino...È un fatto positivo. Le regole di Dublino sono inattuali e rappresentano uno scoglio. Il governo italiano da tempo gioca una partita per il mutuo riconoscimento e per la revisione del regolamento di Dublino. Personalmente, apprezzo l’atteggiamento del presidente del Consiglio Renzi e della cancelliera tedesca Angela Merkel. E spero davvero che il vertice europeo del 14 settembre segni uno spartiacque sulla questione Dublino.