Anche le guardie svizzere accorrono per offrire il proprio aiuto alle popolazioni terremotate dell’Emilia. Da questa mattina fino a lunedì, infatti, una ventina di loro saranno in quelle terre martoriate dal sisma, con un gesto spontaneo di carità cristiana determinato anche dall’amicizia che li lega al vescovo di Carpi. Alla vigilia della partenza,
Avvenire ne ha parlato con il capitano Lorenzo Merga, ticinese, da 17 anni nel corpo delle guardie del Papa, che guida questa singolare missione umanitaria.
Capitano, come è nata questa iniziativa?È un gesto spontaneo di carità che ci è venuto in mente anche come istintivo atto di amicizia nei confronti del vescovo di Carpi monsignor Francesco Cavina, che fino a pochi mesi fa lavorava qui in Segreteria di Stato e che quindi molti di noi conoscevano bene, apprezzandone le qualità sacerdotali. Abbiamo chiesto il consenso e il permesso delle autorità superiori, che ci è stato accordato.
È la prima volta che le guardie svizzere compiono questa azione?In effetti, almeno per gli ultimi tempi, sembra sia così. Quando c’è stato il terremoto all’Aquila abbiamo raccolto un po’ di offerte e poi un giorno, ospiti degli alpini, siamo andati a vedere quello che stavamo contribuendo a realizzare con il nostro dono. Ora possiamo fare di più, anche perché, elemento ovviamente non irrilevante, il fatto che il Papa in questi tre giorni non sia in Vaticano ma a Milano, ci permette di avere il tempo libero per intraprendere questa iniziativa.
Quanti sarete?Ho chiesto ai componenti della mia squadra di aderire liberamente all’iniziativa. Nessuno è stato obbligato. E devo dire che, tranne coloro che sono già in ferie o avevano preso impegni improrogabili, praticamente tutti hanno aderito con entusiasmo. Alla fine saremo almeno in 19: il sottoscritto, tre sottufficiali e 15 alabardieri.
Senza alabarde naturalmente...Certamente, senza alabarde – o altre armi, ovvio –, e senza le nostre uniformi caratteristiche. Non partiamo per una parata, ma per metterci al servizio di chi ha bisogno.
Sapete già cosa dovrete fare?Abbia preso dei contatti e quando arriveremo ci diranno che cosa fare. Potremmo dare un contributo secondo le nostre caratteristiche, magari per aiutare nel servizio d’ordine laddove fosse necessario, ma tra di noi ci sono due cuochi, due falegnami, un carpentiere e anche un pasticciere che possono dare una mano anche con la loro professionalità specifica. Comunque noi andiamo lì mettendoci a disposizione. Da semplici laici cristiani, il desiderio, nel nostro piccolo, è quello di essere vicini a chi soffre e di cercare, per quanto ci è possibile, di alleviare o rendere più vivibile questa sofferenza.
Logisticamente, come vi sistemerete?Non è un problema, ci adatteremo a quello che ci verrà offerto, altrimenti ci arrangeremo con qualche tenda da campeggio o nelle auto.
E per le spese?Abbiamo attinto dalla cassa comune della nostra squadra. Per il resto, ognuno metterà quello che potrà. Non vogliamo essere a carico di nessuno. Questa è un’opera di carità.
Questi potevano essere tre giorni di riposo per la sua squadra, che non verranno recuperati...In effetti, la maggior parte delle guardie avevano progettato questo meritato ristoro, ma ritengo che un’iniziativa umanitaria e caritatevole ci darà una carica morale superiore all’equivalente di sei giorni di riposo. E lo credo veramente, senza retorica.