sabato 28 febbraio 2015
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«Una deriva culturale, sostenuta da una lobby intellettuale e politica potentissima, che rischia di minare alle radici le basi stesse della civiltà occidentale. Opporsi e reagire dovrebbe essere compito di tutte le persone di buona volontà ». Lo sostiene monsignor Tony Anatrella, sacerdote e psicanalista francese, tra i massimi studiosi mondiali del 'rischio gender', autore di numerosi saggi sul tema. Ieri sera, al Centro culturale di Milano, ne ha presentati due, gli ultimi tradotti in italiano, La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità e Il regno di Narciso, entrambi pubblicati dalla San Paolo. Più volte lei ha sostenuto che all’origine del 'gender' c’è una grande bugia: pretendere cioè che l’identità sessuale si possa cambiare a piacimento, secondo una prospettiva immaginaria che non tiene conto del dato biologico. Perché è pericoloso incoraggiare questa convinzione? Perché si rischia di creare le condizioni per un’immaturità diffusa della società. E se la società si 'infantilizza', va incontro ad un inevitabile arretramento e si disgrega. Quindi la convivenza sociale diventerebbe più difficile per tutti. Ci si illude di costruire libertà e invece si apre la strada al totalitarismo. Un quadro a tinte fosche. Il 'gender' potrebbe davvero innescare questo imbarbarimento collettivo? Senz’altro. Perché se noi pretendiamo di costruire la società sulla base delle pulsioni più elementari, senza tenere conto della differenza sessuale maschilefemminile, noi costruiamo un’ideologia completamente sganciata   dalla realtà. E i danni causati dalle ideologie nella storia dell’uomo sono ben noti. Lei ha spiegato che questo pensiero perverso, sorto nei Paesi occidentali, sta contaminando anche l’Asia e l’Africa. Ma quali sono concretamente i problemi che potrebbero derivare dalla diffusione di queste teorie? Il 'gender' è l’arma più efficace per destabilizzare le famiglie perché, sulla base di un falso egualitarismo, frutto di un femminismo malinteso, pretendere di escludere l’uomo da qualsiasi decisione in merito alla maternità. Il 'gender' è il preludio per far passare autentici attentati sociali, come la cosiddetta 'pianificazione familiare', cioè la cultura dell’aborto come mezzo di controllo delle nascite, imposta con la forza economica dei grandi organismi internazionali. Eppure le teorie del 'gender' sono riuscite a fare breccia nelle legislazioni di numerosi Stati occidentali. È davvero così potente la lobby culturale che le sostiene? Potentissima. Il concetto di 'gender' nasce negli anni Cinquanta, negli Stati Uniti, sulla scia dei movimenti femministi e delle organizzazioni omosessuali. Ma è a partire dagli anni Settanta, nel clima di libertarismo che pretendeva di annullare ogni differenza in nome di una società più giusta e con diritti uguali per tutti, che si espande, diventa arma politica, arriva ad influire sulle legislazioni nazionali. E da spinta verso nuove libertà diventa strumento oppressivo. Perché quando si arriva a cancellare dal codice civile i nomi di 'padre' e di 'madre', come successo per esempio in Spagna o in Canada, si calpesta la realtà e si compie una grave ingiustizia. Tanto più intollerabile perché arriva direttamente dallo Stato. Nella sua attività di psicoterapeuta lei ha incontrato tanti ragazzi vissuti con genitori omosessuali. Ha riscontrato particolari fragilità in questi giovani? Purtroppo sì. Il dato è inconfutabile, al di là delle statistiche di parte. I ragazzi che hanno avuto come modello genitoriale due persone dello stesso sesso rischiano di crescere con un’identità confusa e presentano un diffuso disagio psicologico. È come se la loro psiche fosse di fronte a un’antinomia difficilmente componibile. E la mia non è una posizione ideologica. L’ho costruita sulla base dell’osservazione diretta, in tanti anni di consulenza psicanalitica. Per chi si trova disagio con il proprio orientamento sessuale è immaginabile pensare a interventi di accompagnamento terapeutico? La premessa doverosa è che nessuno pretende di infliggere terapie a chi non lo desidera. Ora, se una persona si sente a disagio nel proprio orientamento e, liberamente, chiede di essere aiutato, l’accompagnamento psicanalitico può risultare molto utile. Nella mia esperienza quarantennale ho seguito decine di casi. Non si può generalizzare. Esistono diverse forme di omosessualità e ogni  individuo presenta situazioni e storie specifiche. Che tipo di accoglienza pastorale si può immaginare per una persona omosessuale che vive in modo non conflittuale il suo orientamento? È dovere della Chiesa accompagnare tutte le persone alla scoperta della Parola di Dio. Certo, la pastorale indirizzata alle persone omosessuali, è particolarmente difficile e impegnativa. Richiede preti esperti, accoglienti, con alle spalle studi specifici. Amore e verità vanno coniugati senza semplificazioni. Misericordia non può vuol dire giustificare abitudini sessuali in contrasto con la dottrina morale della Chiesa.
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