Altro che giorno più bello della vita. Le parole che la scrittrice Simona Vinci ha usato per descrivere il proprio matrimonio, celebrato nei giorni scorsi nel Comune di Budrio, strappano lacrime più che sorrisi: «Ci siamo sposati per scelta. Obbligata. Trovo una pagliacciata tutto quello che ruota intorno a un contratto. Se uno ama le feste, festeggi in allegria. Per me i 16 euro di marca da bollo bastano e avanzano». E poi ancora: «Vorrei che tutte le coppie che fanno famiglia, indipendentemente dal sesso, potessero sentirsi protette da una legge che ora invece discrimina» perché costringe a sposarsi «se vuoi difendere certi diritti». Frasi che hanno indotto l'avvocato e giudice del Tribunale ecclesiastico di Bologna Paola Cipolla a scrivere una lettera aperta in difesa della dignità del matrimonio, compreso quello civile. «Non si può decidere di sposarsi solo perché così si ottengono diritti e benefici. Il matrimonio è di più, è molto di più – si legge nel testo, pubblicato oggi nel settimanale della diocesi Bologna Sette, inserto domenicale di Avvenire –. Così tutto perde il suo senso diventa un pro-forma, una farsa, una simulazione». Paola Cipolla arriva a dire che celebrato con un tale stato d'animo «per l'ordinamento italiano quel matrimonio è nullo, così come è nullo il matrimonio celebrato al solo fine di acquistare la cittadinanza». Una difesa del valore del matrimonio civile che ha suscitato polemiche e deformazioni strumentali del loro senso letterale e dello spirito – inequivocabile – con cui sono state scritte.
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