Strategia nazionale lgbt. Dopo i libretti dell’Istituto Beck diffusi nelle scuole e poi ritirati, dopo le campagne antidiscriminazione a senso unico, arriva adesso il "portale nazionale". L’iniziativa è sempre del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del consiglio, attraverso l’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali).Questa volta a dare man forte al gruppo di lavoro (le solite 29 associazioni lgbt) sono arrivati anche gli esperti sul tema della rete Ready – le pubbliche amministrazioni anti-discriminazione per l’orientamento sessuale e l’identità di genere di cui sono capofila i Comuni di Roma e di Torino – che non solo sono divulgatori eccezionali delle cosiddette teorie del gender, ma sono altrettanto tenaci nel negare ad oltranza l’esistenza stessa di questa cultura. Anzi, fingendo di ignorare montagne di pubblicazioni e di saggi scientifici sul tema, possono avere l’impudenza di affermare che le teorie del gender esistono «per lo lo più nella testa» dei difensori della «famiglia naturale». Parole della sociologa Chiara Saraceno, che martedì su
Repubblica lamentava una divulgazione di basso profilo per l’esordio del portale. Forse perché anche lei figura tra i responsabili delle varie sezioni del contenitore web. Se i musicisti sono sempre gli stessi, difficile pretendere una sinfonia diversa. Dal portale rischia di uscire cioè un’informazione sapientemente modulata sul solito registro che, annunciando di voler combattere le discriminazioni e di promuovere i diritti delle persone lgbt, in realtà diffonde la reiterata pretesa di negare la verità e la bellezza della differenza sessuale, cioè la specificità del maschile e del femminile, fondamento della coppia e, purtroppo sempre meno spesso, del matrimonio eterosessuale e della famiglia come risorsa per il bene comune proprio perché fondata sul matrimonio. Ma questa volta c’è una piccola nota di speranza. E, sorpresa, arriva direttamente dall’Unar. Il nuovo direttore dell’Ufficio, Giuseppe Spano, ha infatti voluto far inserire nella presentazione del sito un passaggio che occorre leggere con attenzione: «Il Portale – si legge – non si fa portavoce di un orientamento culturale di settore né di una scelta politica o istituzionale predeterminata. Vuole invece essere e rimanere uno strumento plurale e pluralistico, nella convinzione che il contributo ed il confronto delle idee di tutti, rappresenti il migliore strumento per far maturare consapevolezza e contrastare ogni forma di odiosa discriminazione». Proposito che potrebbe già costituire delitto di lesa compattezza culturale di fronte ai promulgatori del gender.Ma c’è di più. Perché, parlando con noi, Spano si spinge a dire che il portale non è un’opera compiuta e definita, ma un 'work in progress' in cui ci sarà spazio anche per coloro che sono portatori di un orientamento culturale diverso rispetto ai responsabili del portale. «Tutto quello che riceverò sul tema – spiega il direttore Unar – sarà mia cura metterlo in rete, senza pregiudizi di partenza». D’altra parte, fa capire, la Strategia nazionale lbgt è un atto del governo approvato e firmato nel 2012 dall’allora ministro Fornero e recepisce una raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 2010. Quasi impossibile cioè sfuggire alla sua attuazione secondo gli inesorabili meccanismi di quella burocrazia europea che, come abbiamo ben imparato, impone e dispone. Insomma, se l’impianto culturale del portale era già ben definito secondo i consueti schemi, nulla ora impedisce che quell’impronta venga integrata secondo sensibilità diverse. Con l’auspicio che non sia solo una promessa.