DAL GOVERNO 30 MILIONI, NE SERVONO 130 Spettrale e caotica. L’Aquila si presentava così nei giorni di Natale. Il centro storico aspetta una ricostruzione che non parte. Tutt’intorno, la città delle Case e dei Map, dei nuovi quartieri satelliti, affoga nel traffico: il sisma ha tolto le case agli aquilani ma ha moltiplicato le loro automobili. La rassegnazione della gente è palpabile: la perenne schermaglia tra il governatore del centrodestra (e commissario alla ricostruzione) Gianni Chiodi e il sindaco di centrosinistra Massimo Cialente non si arresta neanche di fronte alla consapevolezza che, passato Berlusconi, l’Aquila non è più una priorità per la politica nazionale. «Per il 2011 – ha detto il primo cittadino – per il cratere sono stati stanziati 350 milioni di euro, 280 nel 2010, mentre per il 2012 sono previste risorse per soli 30 milioni di euro». Certi numeri parlano. Ieri, Cialente e Chiodi hanno incontrato il premier rivendicando quel che manca, 130-160 milioni di euro secondo i punti di vista. Per Monti devono bastarne trenta e il vertice si è concluso con un rinvio. «Abbiamo ottenuto – ha dichiarato Cialente uscendo da Palazzo Chigi – la proroga di tutti i contratti di lavoro e la copertura delle spese dell’emergenza per tre mesi. Nel frattempo è stato stabilito, su mia proposta, di istituire un tavolo di lavoro a Roma per quantificare le spese dell’emergenza e della ricostruzione e per programmare le risorse economiche da stanziare per il 2012». Nel cratere, finora, sono partiti solo i lavori sugli alloggi meno danneggiati. Cialente ci spiega che «con 530 milioni l’Aquila ha ripristinato 20.000 abitazioni e 40.000 cittadini sono rientrati in casa». Vero, ma mancano all’appello ancora le abitazioni inagibili (8.500) e tutto il centro storico (più di 10.000 alloggi). Il fabbisogno – monumenti esclusi – è di 4,8 miliardi. Nell’Italia delle manovre di salvezza, l’Aquila è una grande voce di spesa. Secondo il sindaco i soldi ci sarebbero, ma si tira in lungo per non spenderli: «Sono stati stanziati tre miliardi di fondi Fas e 1,5 disponibili alla cassa depositi e prestiti» finora «artatamente bloccati»; sottinteso, da Chiodi e dalla Struttura tecnica di missione, il braccio operativo del commissario, guidata da Gaetano Fontana che una volta era un grande amico del sindaco e del Pd aquilano, ma che poi ha cercato di imporre ai comuni terremotati un’unica pianificazione della ricostruzione. E l’amicizia si è rotta. Nei prossimi giorni, il sindaco renderà pubblico un piano di ricostruzione che prospetta «una città ad alta qualità della vita, turistica, che attrae industria high tech e iniziative di alta formazione», ma soprattutto «che riporta subito nel centro storico tutti gli uffici pubblici». Vuole «rivitalizzare in fretta il centro» e sta cercando di snellire le procedure per l’erogazione dei contributi alle imprese di costruzione, ma soprattutto insiste perché si autorizzino i progetti di ricostruzione conformi al vigente Prg, saltando a piè pari Chiodi, la Stm e i loro piani di ricostruzione... Al di là dello scontro politico, c’è il rischio concreto di un deficit di cassa: senza una scala delle priorità i lavori alle novemila 'case E' (totalmente inagibili) che si trovano fuori dalle mura dell’Aquila e a tutte le altre ubicate nei 63 Comuni terremotati rischiano di assorbire tutti i fondi disponibili per tre anni. Sarebbe il colpo di grazia per il centro storico, sulla cui sorte grava l’incognita dell’elevato numero di seconde case, per le quali al momento non è previsto alcun contributo. Per sbloccare l’empasse, ieri Cialente ha inviato a Palazzo Chigi la bozza di una nuova ordinanza. Prevede di concedere il contributo a tutti gli immobili danneggiati «a qualunque uso adibiti», cioè comprese le seconde case, individua parametri di costo più oggettivi (i pochissimi cantieri partiti in questi due anni sono già sotto inchiesta; ndr) ma anche procedure più snelle per l’autorizzazione dei progetti; inoltre, crea canali di finanziamento 'paralleli' che devono garantire risorse congrue e immediate ai centri storici; infine, pur non rivedendo l’elenco dei centri terremotati che fu al centro di molte polemiche, impone di tenere conto, nell’assegnare i finanziamenti, del livello di danno effettivamente rilevato in ciascun Comune e della popolazione che vi risiede.
Studiosi a confronto: l'edilizia storica ha retto meglio del nuovo. Per i cedimenti i principali imputati sono gli «inserimenti» di cemento armato. Il sindaco Cialente chiede a Palazzo Chigi contributi per tutti gli immobili danneggiati secondo criteri «più oggettivi».
DAL GOVERNO 30 MILIONI, NE SERVONO 130 Spettrale e caotica. L’Aquila si presentava così nei giorni di Natale. Il centro storico aspetta una ricostruzione che non parte. Tutt’intorno, la città delle Case e dei Map, dei nuovi quartieri satelliti, affoga nel traffico: il sisma ha tolto le case agli aquilani ma ha moltiplicato le loro automobili. La rassegnazione della gente è palpabile: la perenne schermaglia tra il governatore del centrodestra (e commissario alla ricostruzione) Gianni Chiodi e il sindaco di centrosinistra Massimo Cialente non si arresta neanche di fronte alla consapevolezza che, passato Berlusconi, l’Aquila non è più una priorità per la politica nazionale. «Per il 2011 – ha detto il primo cittadino – per il cratere sono stati stanziati 350 milioni di euro, 280 nel 2010, mentre per il 2012 sono previste risorse per soli 30 milioni di euro». Certi numeri parlano. Ieri, Cialente e Chiodi hanno incontrato il premier rivendicando quel che manca, 130-160 milioni di euro secondo i punti di vista. Per Monti devono bastarne trenta e il vertice si è concluso con un rinvio. «Abbiamo ottenuto – ha dichiarato Cialente uscendo da Palazzo Chigi – la proroga di tutti i contratti di lavoro e la copertura delle spese dell’emergenza per tre mesi. Nel frattempo è stato stabilito, su mia proposta, di istituire un tavolo di lavoro a Roma per quantificare le spese dell’emergenza e della ricostruzione e per programmare le risorse economiche da stanziare per il 2012». Nel cratere, finora, sono partiti solo i lavori sugli alloggi meno danneggiati. Cialente ci spiega che «con 530 milioni l’Aquila ha ripristinato 20.000 abitazioni e 40.000 cittadini sono rientrati in casa». Vero, ma mancano all’appello ancora le abitazioni inagibili (8.500) e tutto il centro storico (più di 10.000 alloggi). Il fabbisogno – monumenti esclusi – è di 4,8 miliardi. Nell’Italia delle manovre di salvezza, l’Aquila è una grande voce di spesa. Secondo il sindaco i soldi ci sarebbero, ma si tira in lungo per non spenderli: «Sono stati stanziati tre miliardi di fondi Fas e 1,5 disponibili alla cassa depositi e prestiti» finora «artatamente bloccati»; sottinteso, da Chiodi e dalla Struttura tecnica di missione, il braccio operativo del commissario, guidata da Gaetano Fontana che una volta era un grande amico del sindaco e del Pd aquilano, ma che poi ha cercato di imporre ai comuni terremotati un’unica pianificazione della ricostruzione. E l’amicizia si è rotta. Nei prossimi giorni, il sindaco renderà pubblico un piano di ricostruzione che prospetta «una città ad alta qualità della vita, turistica, che attrae industria high tech e iniziative di alta formazione», ma soprattutto «che riporta subito nel centro storico tutti gli uffici pubblici». Vuole «rivitalizzare in fretta il centro» e sta cercando di snellire le procedure per l’erogazione dei contributi alle imprese di costruzione, ma soprattutto insiste perché si autorizzino i progetti di ricostruzione conformi al vigente Prg, saltando a piè pari Chiodi, la Stm e i loro piani di ricostruzione... Al di là dello scontro politico, c’è il rischio concreto di un deficit di cassa: senza una scala delle priorità i lavori alle novemila 'case E' (totalmente inagibili) che si trovano fuori dalle mura dell’Aquila e a tutte le altre ubicate nei 63 Comuni terremotati rischiano di assorbire tutti i fondi disponibili per tre anni. Sarebbe il colpo di grazia per il centro storico, sulla cui sorte grava l’incognita dell’elevato numero di seconde case, per le quali al momento non è previsto alcun contributo. Per sbloccare l’empasse, ieri Cialente ha inviato a Palazzo Chigi la bozza di una nuova ordinanza. Prevede di concedere il contributo a tutti gli immobili danneggiati «a qualunque uso adibiti», cioè comprese le seconde case, individua parametri di costo più oggettivi (i pochissimi cantieri partiti in questi due anni sono già sotto inchiesta; ndr) ma anche procedure più snelle per l’autorizzazione dei progetti; inoltre, crea canali di finanziamento 'paralleli' che devono garantire risorse congrue e immediate ai centri storici; infine, pur non rivedendo l’elenco dei centri terremotati che fu al centro di molte polemiche, impone di tenere conto, nell’assegnare i finanziamenti, del livello di danno effettivamente rilevato in ciascun Comune e della popolazione che vi risiede.
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