Rapporti commerciali, luoghi di culto, moschee. Il Qatar, dopo aver acquistato Valentino, una catena di alberghi di lusso e l’ospedale di Olbia, mette il suo marchio anche in Sicilia. Terra di approdo e transito di musulmani di vari Paesi la regione, oltre ad assumere un forte valore simbolico legato al passato islamico, già da qualche anno è al centro degli interessi del piccolo e ricchissimo emirato e dell’Arabia Saudita. Interessi condivisi anche dal mondo imprenditoriale e istituzionale dell’Isola. A suggellarli l’incontro a Palermo nel giugno 2014 dell’emiro Ali bin Thamer al-Thani con le autorità locali, i rappresentanti di aziende, l’allora presidente della Confindustria siciliana, Antonello Montante, indagato per concorso esterno a Cosa nostra, in vista di
Brand Italy, esposizione di prodotti italiani realizzata a Doha nel novembre dello stesso anno e che costò ai siciliani 700 mila euro per due giorni di trasferta istituzionale nella capitale qatariota. Poi c’è il protocollo d’intesa siglato il 6 maggio scorso dal sindaco di Aidone, nell’Ennese, Vincenzo Lacchiana, e per il governo dell’Arabia Saudita dal principe Sultan Bin Salman bin Abdulaziz Al Saud, farà piovere 30 milioni di dollari sul piccolo comune di 5.000 anime che ospita la Venere di Morgantina, e sui centri limitrofi di Piazza Armerina e Valguarnera. Obiettivo, la costituzione del 'King Salman Cultural and Architectural Islamic Arabic Center' e iniziative per la diffusione della conoscenza della civiltà islamica in Sicilia. Moneta per ristrutturare monumenti legati alla cultura araba compresi interventi di nuova edificazione. Una rifioritura sotto il segno degli antichi conquistatori per una comunità il cui reddito procapite è di 5.935 euro l’anno. Ma i timori per una nuova 'islamizzazione' della Sicilia non sfiorano Lacchiana: «Non serve fasciarci la testa prima di sbatterla – riferisce –. Noi crediamo sia un’opportunità, la comunità si è mostrata disponibile ad accogliere nuovi investimenti. Porteremo il progetto alla commissione regionale Antimafia dell’Assemblea regionale per informarli». Non solo business, ma anche sostegno al- l’opera di diffusione del Corano da parte della
Qatar Charity Foundation, per gli esperti ong finanziata prevalentemente da fondi istituzionali. La onlus sta realizzando progetti importanti in Sicilia con un investimento di oltre 2,3 milioni di euro. Piani che riguardano i centri islamici di Ispica, Catania, Messina, Comiso, Mazara del Vallo, Modica, Donnalucata, Scicli e Vittoria. Ma già nel ragusano, dove ci sono 11 centri di cultura islamica di estrazione prevalentemente sunnita, circa un quarto delle moschee sono sostenute dalla fondazione, come conferma la dirigente della Digos di Ragusa Vinzy Siracusano: «Il fatto ci risulta formalmente perché le moschee hanno un loro statuto interno che abbiamo avuto modo di leggere e verificare. Nell’ambito dei controlli ordinari svolgiamo anche attività di monitoraggio su tutti coloro che frequentano i centri culturali islamici presenti sul territorio». Nonostante i tentativi da parte di Stati del Golfo di reprimere reti finanziarie jihadiste, funzionari statunitensi hanno descritto un aumento di sostegno privato per gli estremisti islamici in Siria, in particolare da Qatar e Kuwait. L’amministrazione Obama ha più volte esortato i due Paesi a tenere a freno le donazioni private ai jihadisti, pur riconoscendo che le nuove tattiche, tra cui l’uso diffuso di twitter e altri social media, rendono la raccolta fondi più difficili da rintracciare. Ma per Mustafa Boulaalam, imam della comunità islamica di Palermo, non ci sarebbe nulla di strano nel sostegno di queste fondazioni ai luoghi di predicazione. «Perché – argomenta – si accetta che l’Arabia Saudita compri quote dell’Alitalia e non si accetta che finanzi un centro islamico o una moschea? La nostra ad esempio è sponsorizzata dal consolato tunisino. Noi non vogliamo più sentir parlare di terrorismo islamico, questo di oggi è terrorismo e basta. La nostra comunità prende le distanze da quelle forme di violenza che colpiscono anche i nostri fratelli».