sabato 10 settembre 2016
Parlano i volontari che aiutano i braccianti bulgari e i loro bambini sfruttati per la raccolta nei campi.

Basta fantasmi del pomodoro di Antonio Maria Mira

L'INCHIESTA Fango e pomodori: in Puglia l'inferno per 400 bambini
Ghetto in Puglia, rotto il muro del silenzio
COMMENTA E CONDIVIDI
Il "ghetto bulgaro", una realtà silente, un inferno dove la dignità non trova posto. A pochi chilometri da Foggia sorge l’insediamento della vergogna, centinaia di uomini e donne provenienti dalla Bulgaria si ammassano in quella zona soprattutto durante i mesi estivi per la raccolta del pomodoro. Arrivano con i bambini al seguito, inseguendo l’illusione di un lavoro pagato poche decine di euro. Esseri umani piegati sotto il sole per 10, anche 12 ore al giorno, dove non esistono domeniche né riposo. Ma a pagare il prezzo più alto sono i piccoli, costretti a girovagare in un territorio insalubre, scalzi e sporchi, condannati a giocare tra le latrine. A rompere il muro del silenzio e dell’indifferenza i tanti volontari che cercano di aiutare come possono i numerosi disgraziati ammassati nel ghetto. «Le condizioni igienico sanitarie sono a rischio, è un vero e proprio immondezzaio », afferma padre Franco Terlimbacco, dei Comboniani di Troia, che da quattro anni fornisce assistenza. Con l’arrivo dell’inverno le condizioni di vita diventano più drammatiche, in un luogo dove manca tutto, luce, acqua, servizi igienici. «Assieme ad alcuni amici – aggiunge – tutti gli anni cerchiamo di fornire un po’ di legna per farli riscaldare durante i mesi freddi. Nel ghetto sono presenti caporalato, prostituzione, furti di rame. Sono zone dove può succedere di tutto». Una dimensione terribilmente precaria che, a detta di Padre Franco, non è paragonabile neppure all’ Africa. Ognuno fa quel che può, piccole gocce in un mare di emergenza, in quella zona di confine tra almeno tre comuni, Manfredonia, Cerignola e Foggia, a soli sette chilometri da Borgo Mezzanone. L'INCHIESTA Fango e pomodori: in Puglia l'inferno per 400 bambiniUna realtà in cui operano anche il dottor Antonio Scopelliti, presidente dell’Associazione di volontariato Solidaunia, che dal 2012, a bordo di un camper attrezzato, visita periodicamente i bambini e gli altri bisognosi. Il medico si avvale dell’ausilio di due colleghi Massimo Ciampi e Laura Cusmai.«Il rischio è fondamentalmente ambientale – spiega – non c’è acqua corrente  per cui la gente va a riempire i bidoni alla piccola fontana di Borgo Mezzanone, a qualche chilometro di distanza, e la conserva in taniche di plastica. Per bere fortunatamente si utilizza acqua minerale». ​Basta fantasmi del pomodoro di Antonio Maria Mira Mancando l’allacciamento con l’acquedotto, l’altra emergenza è rappresentata dai servizi igienici. «Le famiglie – affrma il medico – a piccoli gruppi si sono costruite latrine provvisorie, artigianali, e questo comporta un grosso rischio di diffusione di patologie, come l’epatite C e la parassitosi intestinale ». Stando ai report medici, le malattie più frequenti sarebbero legate alla respirazione e alla verminosi intestinale. Problema che riguarda i bulgari e la società in generale, data l’alta facilità di diffusione. È necessario riportare l’ambiente a una situazione minima di sicurezza. «Le abitazioni purtroppo sono realizzate con materiali di scarto, cartelloni pubblicitari, residui di porte, pezzi di cartone e lastre di amianto – fa sapere Scopelliti – baracche costruite con materiali ritrovati per caso». E l’istruzione? Come viene assicurata ai piccoli la frequenza scolastica? Alcuni bambini sono iscritti alla scuola del vicino Borgo Mezzanone, dove è stata aggiunta una classe. Ma pare che a frequentare siano solo 25 alunni, un ottavo dei piccoli presenti. Al fianco delle famiglie che si sono stanziate nel ghetto vi sono anche quelle pendolari, per cui molti bambini vivono sei mesi in Italia e sei in Bulgaria. Per risolvere il problema i volontari stanno cercando di costituire un ponte con gli insegnanti del Paese di origine. «L’iniziativa è prendere contatto con gli insegnanti bulgari, perché gran parte di questa popolazione arriva da una stessa zona – spiega ancora Scopelliti – vorremmo concordare un programma scolastico valido in Italia e nella loro nazione. Altrimenti li condanneremmo al nulla».A supportare il progetto di continuità scolastica anche l’Anolf, Associazione nazionale oltrefrontiera. che si adopera perché agli immigrati sia garantito un minimo di dignità, facendo appello soprattutto alle istituzioni locali. «Questa gente vorrebbe una vita normale, vive in ambienti contaminati dall’amianto, non ci sono bagni chimici nè servizi di altro tipo. Solo un fossato con assi poste attorno – afferma sgomento Diego De Mita, presidente dell’Anolf territoriale – cerchiamo un dialogo con le istituzioni, nello specifico con il Comune di Foggia. Il ghetto bulgaro va eliminato. La gente è disponibile a pagare un canone di locazione per avere locali più decorosi dove poter vivere». Un appello che con l’arrivo della stagione fredda si fa accorato, per gettare luce su una realtà di cui si parla troppo poco.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: