Adozioni internazionali, serve un cambio di rotta. Gli enti non vogliono più aspettare. E ieri, dopo settimane di confronto, hanno deciso di passare all’azione. A Milano si sono riuniti in 27, tra cui Aibi, Ciai, Cifa, Naaa, Nova, Amici Don Bosco, Nadia, Ami, Fondazione Avsi: sono quelli che curano l’adozione del 60% dei minori che entrano in Italia in un anno, che sviluppano l’80% dei progetti di cooperazione nei Paesi di origine dei minori e che ad oggi assistono oltre 2mila coppie in attessa di adottare. Con loro 35 associazioni familiari, per un totale di 25mila coppie rappresentate. Insieme per chiedere subito la convocazione di un tavolo stroardinario, alla presenza del governo, e garantire un futuro a un istituto «che rischia davvero di scomparire». La situazione «è particolarmente grave»: gli enti lo hanno scritto anche in una lettera inviata al premier Renzi e ad altri ministri – tra cui la Boschi e Gentiloni – una settimana fa. Manca «una gestione collegiale degli organi di indirizzo e di controllo», gli enti autorizzati sono stati esclusi «come soggetti operanti e perciò interlocutori delle Istituzioni nei Paesi di provenienza dei bambini», le istanze di autorizzazione per operare in nuovi Paesi «non vengono prese in esame» e si registra un ritardo sistematico «nel rimborso dei progetti di cooperazione per la prevenzione dell’abbandono nei Paesi esteri» (progetti già realizzati e finanziati dagli stessi enti). Al centro delle criticità, la Commissione adozioni internazionali, che non si riunisce da due anni e cui viene rimproverata – da più parti e ormai da mesi – la mancata pubblicazione dei rapporti statistici 2014 e 2015 sugli ingressi dei minori per adozione internazionale, dati determinanti per individuare politiche efficaci a favore delle famiglie. Gli enti denunciano la difficoltà di comunicazione da parte delle famiglie, l’assenza di collaborazione da parte della Commissione. E poi la schizofrenia di un sistema-Italia «che conta ancora su troppe disomogeneità territoriali », con protocolli operativi che in alcune regioni valgono su tutto il territorio e in altre variano da provincia a provincia. Dai dicasteri per ora sono arrivate risposte interlocutorie: tutti sottolineano l’importanza dell’argomento ma la situazione sembra non sbloccarsi. «Ecco perché abbiamo deciso di incontrarci e decidere sul da farsi», spiegano dagli enti coinvolti nell’incontro, tenutosi ieri a Milano a porte chiuse. Stavolta nessuno vuole fermarsi: già nella giornata di oggi verrà diramata ai media una nota ufficiale e nelle prossime settimane gli enti sono intenzionati a chiedere udienza al presidente della Repubblica Mattarella, anche in vista di un dibattito parlamentare sulla questione. Sul tema delle adozioni internazionali proprio ieri è intervenuto anche il ministro Enrico Costa, che oltre al dicastero degli affari regionali ha anche la delega alla famiglia, ed è tra i destinatari della lettera inviata dagli enti la settimana scorsa: «C’è tanto su cui lavorare – ha spiegato – dobbiamo parlare del numero di enti italiani che si occupano delle adozioni internazionali, di un alleggerimento burocratico delle procedure, di come sostenere le famiglie che adottano e che sostengono spese importanti». E i dati della Cai «devono essere resi pubblici, almeno in sede di indagine conoscitiva della commissione Giustizia in Parlamento».