Ancora un bollettino di guerra. Ma stavolta non quella che stanno combattendo esercito e ribelli, una guerra che è diretta da grandi potenze e da grandi interessi, e che ci supera, noi e voi che leggete. Vi imploriamo di riflettere su una guerra a cui si dà il consenso in nome di una sedicente prassi democratica. Stiamo parlando delle sanzioni internazionali, e della strage quotidiana che provocano. Ci commuoviamo e ci indigniamo (giustamente) alla notizia che in un bombardamento sono morti bambini e donne. Perché non ci sconvolge il fatto che ci siano intere famiglie ridotte alla fame a causa nostra? Pensate sia più duro morire improvvisamente sotto le bombe, o morire di inedia, un giorno dopo l’altro? È più crudele raccogliere il corpo dei propri figli sotto le macerie, o vederli lamentarsi e soffrire per giorni per la mancanza di medicine? Le sanzioni stanno uccidendo molto più delle bombe. Uccidono i corpi; uccidono la speranza. Uomini che da mesi non hanno lavoro, e non hanno prospettive di trovarne : nella sola zona di Aleppo, 1.500 officine, laboratori, piccole industrie distrutte. I macchinari rubati, e trasportati in Turchia. Una vera razzia. Con cosa si lavora, se manca tutto ? In città ci si inventa qualcosa, si vende di tutto pur di guadagnare almeno il pane. Si affitta un’auto, ci si improvvisa trasportatori verso destinazioni pericolose, dove nessuno accetta di andare. Come George, padre di tre figli, che pur di lavorare è morto in questo modo ai confini della Turchia, ucciso da cecchini, "liberatori della Siria". In molte campagne i contadini non osano seminare: troppo pericoloso. Manca il gasolio, senza gasolio non vanno le pompe dell’acqua, con cosa si irriga ? E i trattamenti e i concimi, molti dei quali importati, soprattutto dopo che sono state bruciate fabbriche chimiche e magazzini, sono costosissimi e, anche se si dispone di denaro, spesso introvabili. I più poveri, che hanno solo qualche mucca, la stanno vendendo: tra mangimi e foraggi il costo degli alimenti è al minimo 60-70 lire siriane al chilo, quando un litro di latte si vende a 25. I rapimenti, in tragica crescita, e la delinquenza, sono un’altra conseguenza delle sanzioni. Certo, direte : che ingenuità! Le sanzioni sono fatte apposta per esasperare un Paese, e un Paese esasperato significa pressione sui suoi politici e quindi un intervento democratico efficace. È ciò che vogliono i vostri politici. Ma la nostra domanda è : lo volete anche voi? Volete davvero questo? Volete avere responsabilità sulla sofferenza e la morte di tante persone innocenti, in nome di un "intervento" che loro non vi hanno chiesto? Sì, il popolo siriano vuole la sua libertà e i suoi diritti, ma non così, non in questo modo. Così si uccide la speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo. Siete convinti che bisogna pur pagare un prezzo per ottenere libertà e democrazia? Allora digiunate, voi, nelle piazze europee, a favore della Siria. E lasciate che qui ognuno scelga se e come dare la vita per ciò in cui crede. Costringere un popolo alla fame, alla rabbia, alla disperazione, perché si ribelli, è forse metterlo in grado di esercitare una scelta democratica? Che razza di idea di democrazia e di libertà è mai questa? Il lavoro è una grande forza per un popolo, dà dignità, crea prospettive, educa alla libertà vera. Uccidere il lavoro è un altro modo di uccidere vite. Le sanzioni internazionali sono uno strumento iniquo, perché ipocrita : lascia l’illusione di non sporcarsi le mani con il sangue altrui. La Siria stava crescendo, lentamente, anche contradditoriamente, ma con continuità. È tornata cinquant’anni indietro. E adesso si raccolgono milioni di dollari di aiuti umanitari, con spese enormi di invio, di distribuzione. Per dare cibo là dove si è lasciato bruciare il grano, per dare coperte là dove si sono lasciati distruggere i magazzini. Che senso ha? Certo, deve esserci un guadagno per qualcuno, altrimenti che interesse avrebbe il mondo politico internazionale a dirigere le cose in questo modo? Ma , alla fine, la nostra domanda è ancora: voi volete davvero questo? Volete combattere questa guerra contro un intero popolo? Se la vostra risposta è "no", fate qualcosa. Ve lo chiediamo con tutte le nostre forze e la nostra preghiera, a nome di tanti siriani . Raccogliete firme, fate petizioni a livello europeo, promuovete incontri per sensibilizzare la gente, create associazioni di persone e di imprenditori che facciano pressione per riaprire il commercio con la Siria. Pensate voi agli strumenti, ma fate qualcosa. E in fretta. C’è gente che muore, tanta. E tanta che se ne va, per sempre.