mercoledì 22 maggio 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Osservava l’Ariosto nel suo celebre Orlando furioso: «Tutti gli animali che sono in terra, se vengono a rissa e si fan guerra, alla femmina il maschio non la face». In natura, infatti, l’animale maschio non attacca mai una femmina. «E che l’uom faccia contra natura, e s’induca a percuotere la faccia di bella donna… e le dia veleno… e le cacci l’alma del corpo col laccio o col coltello, che quello sia uomo – dice ancora Ludovico Ariosto – io non crederò mai». Così, con l’Orlando furioso, reso pazzo dalla gelosia, la cronaca di questi giorni ci fa dire a proposito del femminicidio. Le uccisioni di tante donne in Italia per mano degli uomini (124 nel 2012, già 36 dall’inizio del 2013) non possono lasciare indifferenti. C’è chi ha parlato di colpo di «coda del patriarcalismo», chi lega il fenomeno alla crisi economica e considera la violenza sulle donne come «conseguenza della possessività maschile», quindi di recrudescenza di certa «cultura maschilista e androcentrica». Se le cause di tali violenze non possono essere ridotte solo a questa radice, certo è che l’androcentismo ha attraversato tutte le epoche e le società fin dai tempi di Socrate. E se le legislature in favore della parità e l’emancipazione femminile ormai acquisite nella nostra società non sembrano bastare, se questa pseudocultura sembra ancora resistere, tutto ciò è il frutto di una mentalità non solo retrograda ma rimasta impermeabile allo scardinamento che di essa è avvenuto già duemila anni fa a opera del Vangelo. E allora vale la pena anche per noi cristiani fare sempre memoria degli atti compiuti da Gesù e della loro perenne modernità. Così come essi ci vengono illuminati anche dalla recente predicazione di papa Francesco. Per Gesù «non c’è più né uomo né donna» perché entrambi sono considerati nella dignità di persone. E bisogna calarsi nell’ambiente palestinese e nelle regole dettate dalla legge giudaica dei farisei di allora per comprendere cosa questo abbia significato. La donna non beneficiava di alcun elementare diritto, era considerata un essere inferiore, oggetto di proprietà del padre prima e del marito poi, tanto che nelle liste dei possedimenti materiali degli uomini essa figurava sempre dopo la casa, e qualche volta anche dopo il bue o l’asino. Contravvenendo alla tradizione e alle leggi giudaiche, Gesù si ferma a parlare anche pubblicamente con le donne ed esse lo ascoltano e lo seguono insieme ai discepoli nella predicazione. E proprio la presenza di donne nel gruppo itinerante di Gesù costituisce uno scandalo assoluto per l’ambiente palestinese del tempo (nel dialogo con la Samaritana gli stessi discepoli «si meravigliarono che stesse a parlare con una donna»). E non compaiono qui in un contesto periferico, ma nel cuore stesso dell’attività di Gesù: l’annuncio del Vangelo. L’apice sarà raggiunto quando, all’alba della Pasqua, Gesù le esalta costituendo alcune di loro prime testimoni e inviandole a dare l’annuncio («apostole degli apostoli» le definisce san Tommaso). Cristo fa questo ancora una volta in barba alla legge che non dava alcun valore alla testimonianza femminile. A questa realtà di gesti e di amore, al pieno riconoscimento della dignità della donna che scaturisce proprio dal Vangelo rimandano i pronunciamenti di papa Francesco. «Avevano seguito Gesù, lo avevano ascoltato, si erano sentite comprese nella loro dignità e lo avevano accompagnato fino alla fine», ha affermato nell’omelia del 30 marzo in San Pietro. «Nei Vangeli le donne hanno un ruolo primario, fondamentale – ha ripetuto all’udienza del 3 aprile –. Sono le donne le prime testimoni della Risurrezione. E questo è bello. Questo ci fa riflettere anche su come le donne, nella Chiesa e nel cammino di fede, abbiano avuto e abbiano anche oggi un ruolo particolare nell’aprire le porte al Signore, nel seguirlo e nel comunicare il suo Volto». È un aspetto questo, nella fedeltà al Vangelo, che papa Francesco intende evidenziare e illuminare. Anche nell’incontro serale con i movimenti, sabato scorso, ha voluto ricordare come la trasmissione della fede, il primo annuncio di essa, nella sua storia personale l’abbia ricevuto da una donna, da sua nonna. Ma il riconoscimento e il rispetto reale di questa dignità e di questa libertà che interpellano tutti non rimane lettera morta «se gli uomini si lasciano realmente trasformare dalla luce e dalla vita nuova che viene da Cristo e dal suo Vangelo».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: