Il referendum è stato promosso dal governo di coalizione in carica dal 2011, che comprende il partito di centrodestra Fine Gael e il Partito laburista. A opporsi sono soprattutto singoli esponenti politici, la Chiesa cattolica, le associazioni d’ispirazione cristiana e la maggioranza di chi vive al di fuori delle principali città. Secondo gli ultimi sondaggi il referendum avrebbe buone possibilità di essere approvato: nel caso di una vittoria del "sì", l’Irlanda diventerebbe il primo Paese al mondo a legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso tramite un voto popolare. Parlando con esponenti del fronte del sì e del no la sensazione è tuttavia che entrambi siano convinti che il risultato sia in realtà molto più incerto, un po’ come accadde nel referendum sul divorzio del 1995 dove i sì la spuntarono per un’inezia (51% a 49). Secondo l’autorevole Irish Times, le persone intenzionate a votare a favore del cambiamento della Costituzione sono sensibilmente diminuite nelle ultime settimane: tra fine marzo e inizio aprile il sì era saldamente attestato al di sopra del 70%, mentre oggi i dati di cui dispone il quotidiano irlandese lo danno attorno al 58. Il 25% del campione sondato voterebbe no (il 2% in più di quelle contattate a marzo) mentre non avrebbe ancora preso una decisione il 17% degli irlandesi (in marzo erano il 12%). Paddy Monaghan, cattolico di Dublino a capo di un’associazione cristiana ecumenica che lavora per il no, sostiene che «questo risultato potrebbe sorprendere il fronte del sì, anche perché gli immigrati non sono stati considerati a sufficienza dai sondaggisti e dai media. Potrebbero essere più reticenti di altri sull’esprimere la loro vera opinione, ma sono certo che al referendum voteranno no. Credo che l’entità dei contrari sia sottostimata». Giorni fa i responsabili di una comunità di cristiani evangelici avevano dichiarato al quotidiano inglese The Guardian di essere certi che circa 200mila immigrati provenienti dall’Africa e dall’Europa orientale – in grande maggioranza cristiani e musulmani – voteranno no. Qualcuno li ha considerati?Dal 2010 sono già in vigore in Irlanda le unioni civili che garantiscono protezione legale alle coppie gay. «Ma la vittoria del sì – continua William Blincy – equiparerebbe le unioni omosessuali ai matrimoni includendoli all’interno dell’articolo 41 della Costituzione.
Se questo dovesse accadere, ci troveremmo ad affrontare situazioni estremamente controverse nella tutela dei minori. Prima di tutto la magistratura e il Parlamento sarebbero obbligati a estendere alle unioni gay la radicata convinzione che vige oggi per le coppie eterosessuali, in base alla quale il benessere del bambino è massimo quando è cresciuto con un padre e una madre, preferibilmente sposati». La seconda grave conseguenza di un voto a favore di questo emendamento, continua il commentatore, è legata alla fecondazione artificiale e alla maternità surrogata: «La vittoria dei sì legherebbe le mani al Parlamento e alla magistratura nel caso in cui una coppia gay si trovasse a rivendicare il diritto di procreare. Una coppia di uomini non può generare un bambino, ma può pattuire un accordo con una madre surrogata. Il sillogismo che un tribunale si troverebbe di fronte è il seguente: le coppie sposate hanno il diritto di procreare; le coppie sposate includono anche due uomini gay, che possono procreare solo grazie alla maternità surrogata; dunque una norma che vieta o limita un contratto del genere sarebbe incostituzionale perché impedirebbe alla coppia di procreare con gli unici mezzi che ha a disposizione». L’Irlanda è un Paese tradizionalmente cauto quando si tratta di legiferare su questioni che sollevano interrogativi di natura etica e religiosa. Non esiste a oggi, per esempio, una legge sulla maternità surrogata, l’aborto è consentito solo in circostanze eccezionali, vale a dire quando avviene per salvare la vita della madre. Ma negli ultimi anni le forze che lavorano per la legalizzazione completa hanno guadagnato terreno: basti pensare che solo due anni fa il Parlamento irlandese ha approvato una legge in forza della quale oggi una donna può abortire se i medici documentano che la sua vita è a rischio di suicidio.
È legittimo e necessario – come ha dichiarato qualche giorno fa il primate cattolico d’Irlanda, l’arcivescovo Eamon Martin – porsi interrogativi fondamentali prima di recarsi alle urne: se vince il sì «ci saranno azioni legali nei confronti di individui o gruppi che non condividono questa visione?». E ancora: «Che cosa dovremmo insegnare ai bambini a scuola sul matrimonio o sull’omosessualità? Saranno costretti ad agire contro la fede e la coscienza quanti continuano a credere sinceramente che il matrimonio è solo un’unione tra un uomo e una donna?». «Come persone di fede – prosegue il primate – noi crediamo che l’unione di un uomo e una donna nel matrimonio, aperta alla procreazione dei figli, è un dono di Dio che ci ha creati maschio e femmina». Si potrebbe arrivare al punto che per molti non sarebbe più possibile sollevare obiezioni in pubblico o sui posti di lavoro «per paura di essere ridicolizzati o condannati come omofobi». «Fino a oggi – conclude Martin – l’Irlanda è rimasta convinta che sia nel migliore interesse dei bambini e della società promuovere e proteggere il modello secondo cui i piccoli nascono e crescono in una famiglia con i loro genitori biologici. La proposta di modifica della Costituzione rimuoverebbe la preferenza e il privilegio accordati nella società al matrimonio tra un uomo e una donna». Qui l’arcivescovo ricorda le parole pronunciate il 22 aprile da papa Francesco: «Quando l’alleanza stabile e feconda tra un uomo e una donna è svalutata dalla società, è una perdita per tutti, soprattutto per i giovani». I risultati del referendum sono attesi sabato.