giovedì 1 agosto 2013
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Lo si potrebbe definire il "magistero della papamobile", e almeno nella sostanza non si andrebbe distanti dal vero. C’è infatti un modo tutto bergogliano di stare in cattedra – com’è richiesto a Pietro – senza protagonismi né astrazioni, tra la gente, in mezzo a noi, ma moltiplicando l’autorevolezza anziché giocarsela. E forse il simbolo di questo suo modo di insegnare è proprio nei gesti che ha compiuto a Rio de Janeiro a bordo della piccola jeep attrezzata a veicolo papale aperto da entrambi i lati ad altezza-folla, percorrendo per tre volte in altrettanti giorni l’interminabile lungomare di Copacabana a passo d’uomo nell’abbraccio di milioni di giovani traboccanti entusiasmo. Si è rimasti ogni volta rapiti a osservarlo per quasi un’ora, tanto durava il tragitto di quattro chilometri da un capo all’altro della spiaggia più celebrata del mondo. Nel dialogo tra il Papa che passa e la gente che lo acclama abbiamo visto manifestarsi non solo un legame già pieno di affetto reciproco, ma anche la capacità di Francesco di insegnare mediante se stesso: proteso a salutare, abbracciare, benedire, baciare, e poi afferrare decine di bandiere lanciate dalla folla come biglietti d’amore firmati col colore della propria terra (non un popolo senza volto, dunque, ma gente con storia e radici), fermarsi a dialogare cuore a cuore con i disabili, persino bere con gusto qualche recipiente di mate, l’amata bevanda argentina.Sulla papamobile di Francesco il Vangelo prende corpo, colore, eco: il pastore tra le pecore, il maestro e i discepoli, Gesù in mezzo alle folle che accorrono al solo scorgerlo, la barca di Pietro che solca il mare di un popolo che lo invoca, il samaritano che sa fermarsi quando vede il dolore altrui. La bambina anencefalica fatta portare all’offertorio dell’oceanica Messa di domenica a due genitori commossi e stupìti che le avevano consentito di nascere anziché abortirla è l’esempio di questo sguardo che sa vedere la vita come un dono di tale valore da poter essere messa sull’altare accanto al pane e al vino pronti per la consacrazione. Più che spiegare chi è il mio prossimo, mi viene incontro, e gli dà un volto vicino.Tra noi c’è il Papa della carne e del cuore, dello sguardo misericordioso che ci rimanda quello di Dio, che spende per chi gli si fa intorno sino all’ultima stilla di energia («non riposa nemmeno quando potrebbe», spiegava a Rio il portavoce vaticano padre Lombardi, stupefatto dall’energia di un Papa che in Brasile è parso letteralmente «inesauribile»). Un messaggio che coincide con chi lo trasmette, è il suo stesso abito, il timbro della sua voce. E i giovani incrociati per le strade della metropoli brasiliana durante la Gmg l’hanno colto col loro intuito percettivo: prima delle parole dette (anche quelle andate dritte al bersaglio), al loro cuore parla l’uomo e la sua condivisione profonda di quel che agita il cuore. È un Papa fratello, ecco la parola. E stando con lui a Rio – tra la moltitudine di Copacabana o a casa, attraverso vecchi e nuovi media – abbiamo compreso persino increduli quanto ne avevamo bisogno. Sentircelo definitivamente accanto, a ciascuno di noi, è l’esito di giornate che si sono impresse come un sigillo a quanto avevamo già compreso, dalle omelie mattutine in Vaticano al viaggio a Lampedusa.La scelta di Francesco di dedicare la prossima Giornata mondiale della pace (il 1° gennaio 2014) alla «Fraternità, fondamento e via per la pace» è dunque la conferma di un’evidenza della quale ormai è consapevole il mondo intero: il Papa non ci "parla" di fraternità: ci è fratello. Prima di spiegare il Vangelo, lo vive. Guardando lui, vediamo la figura dell’alter Christus, ipse Christus che dovrebbe ispirare come una meta la quotidianità del cristiano. Bergoglio ci mostra un Vangelo accessibile non perché facile ma calzandolo con la sua spontanea semplicità. E anche la papamobile diventa cattedra dalla quale ci ricorda – nel bambino baciato, nel disabile accarezzato, nella bandiera presa al volo ed esibita come un trofeo – cos’è la fraternità cristiana. Cristo vicino, vivo, fratello nostro.<+copyright>
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