Come avere "cura della casa comune"? L’attesa pubblicazione dell’enciclica di Papa Francesco segnata dall’inderogabile urgenza per il destino della "famiglia umana" di custodire il "bene comune" del creato si annuncia all’insegna di un effettivo dialogo aperto a tutti. La presentazione ufficiale del testo affidata al metropolita di Pergamo John Zizioulas, in rappresentanza del Patriarcato ecumenico e della Chiesa ortodossa, allo scienziato John Schellnhuber, fondatore del Potsdam Institute for Climate Impact Research insieme al rappresentante del pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, sottolinea la necessità del confronto interdisciplinare e rimarca la volontà di unire in una riflessione ecumenica non solo i credenti della Chiesa cattolica e delle Chiese sorelle su questa problematica di vitale interesse universale. Come cinquant’anni fa l’enciclica di portata universale e tutt’ora profondamente attuale di san Giovanni XXIII sul punto nevralgico della responsabilità condivisa della pace si rivolgeva per la prima volta non solo ai fedeli dell’orbe ecclesiale ma a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.L’apertura dialogica - già distintiva dell’Esortazione
Evangelii gaudium sulla missione - secondo il concetto e il giusto atteggiamento che "trae luce dal Vangelo" proposto nella
Gaudium et spes e con cui la Chiesa invita ad un apertum colloquium su quei «tanti problemi e interrogativi riguardo l’attuale posto e compito dell’uomo nell’universo», viene quindi ad indicarci quale sarà la cifra di questo documento, che, come è stato osservato, porta indelebilmente la tematica ambientale nel cuore della dottrina sociale della Chiesa. Si tratta di una complessa crisi socio-ambientale. Uomini e ambiente, creazione e società sono tra loro collegati e dunque richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, l’esclusione e al tempo stesso per prendersi cura della natura. Si tratta di salvare l’uomo dalla sua distruzione e di edificare la società nella fratellanza e nel rispetto della natura. «Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme» ha affermato più volte Francesco parlando di ecologia integrale, del legame fra ecologia ed economia, così come quello fra inquinamento ambientale e povertà, sistemi economici-finanziari perversi e cultura dello scarto. «Il tempo per trovare soluzioni globali si sta esaurendo. Possiamo trovare soluzioni adeguate soltanto se agiremo insieme» ha affermato il Papa in occasione della Conferenza di Lima nel novembre 2014. L’importante appuntamento dei governi a Parigi in dicembre sulle le emissioni di CO2 dei Paesi ha perciò dettato i tempi d’agenda dell’enciclica.Ma la volontà di «richiamare tutti ad uno sviluppo più sostenibile ed inclusivo» unito al «definitivo e improrogabile imperativo etico di agire» erano già chiaramente nel suo orizzonte fin dal giorno dell’inizio del suo ministero petrino il 19 marzo 2013: «Custodire l’intera creazione è un servizio che il vescovo di Roma è chiamato a compiere». «La Chiesa cattolica è consapevole della responsabilità che tutti portiamo verso questo nostro mondo, verso l’intero creato, che dobbiamo amare e custodire» ribadì il giorno seguente nell’incontro con i rappresentanti delle Chiese e delle altre religioni invitandoli «nell’impegno comune a difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli e nel custodire con cura il creato». I credenti hanno un motivo in più per essere buoni amministratori della natura, perché sanno che si tratta di un dono di Dio. L’interesse per la creazione, e dunque per il rapporto dell’umanità con essa, è un’istanza della fede biblica. Il patriarca ecumenico Bartolomeo I – è stato e continua ad esserlo – un difensore della questione ambientale: «Come capi religiosi, consideriamo come uno dei nostri doveri incoraggiare e sostenere sforzi gli sforzi compiuti per proteggere la creazione di Dio e per lasciare alle generazioni future una terra sulla quale potranno vivere». La tradizione cristiana non separa giustizia ed ecologia, condivisione della terra e rispetto della terra, attenzione alla vita dell’ambiente e cura per la qualità della vita umana. E su questa linea, denunciandone gli abusi, è intervenuto anche il magistero della Chiesa negli ultimi cinquant’anni.
La lettera enciclica di Francesco che mette organicamente a tema l’ecologia è perciò anche il punto culminate degli interventi pronunciati dai pontefici che lo hanno preceduto. Paolo VI, nella Octogesima Adveniens, rivolse ai fedeli un invito profetico nel paragrafo dal titolo "L’ambiente naturale": «Mentre l’orizzonte dell’uomo si modifica, un’altra trasformazione si avverte, conseguenza tanto drammatica dell’attività umana. L’uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione. Non soltanto l’ambiente materiale diventa una minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto umano, che l’uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l’intera famiglia umana. A queste nuove prospettive il cristiano deve dedicare la sua attenzione, per assumere, insieme con gli altri uomini, la responsabilità di un destino diventato ormai comune». Giovanni Paolo II ha sviluppato la questione ecologica in termini di crisi morale nella sua Sollecitudo rei socialis, nella Centesimus annus e in diversi altri interventi, ponendo il legame tra "ecologia naturale" "ecologia umana" e "ecologia sociale".
Benedetto XVI, con più matura consapevolezza ecologica, ha fatto proprie sviluppandole le istanze del suo predecessore nella Caritas in veritate. Ha ribadito che la questione ecologica riguarda i cristiani proprio in quanto persone di fede: «La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione, appartenenti a tutti». Nell’Udienza del 26 agosto 2009 aveva ribadito che «la protezione dell’ambiente, la tutela delle risorse e del clima richiedono che i responsabili internazionali agiscano congiuntamente nel rispetto della legge e della solidarietà, soprattutto nei confronti delle regioni più deboli della terra». E che dunque «è indispensabile convertire l’attuale modello di sviluppo globale verso una più grande e condivisa assunzione di responsabilità nei confronti del creato: lo richiedono non solo le emergenze ambientali, ma anche lo scandalo della miseria e della fame». Chiedeva ancora il Papa "verde" riguardo a quelle regioni del pianeta in cui lo sviluppo è bloccato a motivo del rialzo dell’energia: «Che ne sarà di quelle popolazioni? Quale genere di sviluppo o di non sviluppo sarà loro imposto dalla scarsità di rifornimenti energetici? Quali ingiustizie e antagonismi provocherà la corsa alle fonti di energia?». Ed ancora: «Come rimanere indifferenti di fronte al problematiche del degrado ambientale dell’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti profughi ambientali? Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali?». Questione sociale e questione ambientale, due aspetti di un’unica urgenza: contrastare il dominio, la volontà di potenza, far regnare la giustizia, la pace, l’armonia.
Affermava ancora Benedetto XVI nella giornata per la pace il 1° gennaio 2007: «L’esperienza dimostra che ogni atteggiamento irrispettoso verso l’ambiente reca danni alla convivenza umana, e viceversa. Sempre più chiaramente emerge un nesso inscindibile tra la pace con il creato e la pace tra gli uomini. L’una e l’altra presuppongono la pace con Dio. La poesia-preghiera di San Francesco, nota anche come Cantico di Frate Sole, costituisce un mirabile esempio sempre attuale». Da qui, con spirito giovanneo, la prima enciclica ecologica-sociale Laudato si’ di un papa di nome Francesco.