mercoledì 12 marzo 2014
Costi più bassi e qualità. Un’alleanza con lo Stato. di Giorgio Vittadini
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In un momento in cui i soldi vengono a mancare e il debito pubblico rischia di paralizzare il Paese, c’è un modo per evitare che le persone più deboli si vedano private di una copertura sanitario-assistenziale dignitosa? Oppure dovrà calare l’attenzione sulla qualità dei servizi di welfare il cui bisogno in una società moderna è sempre più complesso e differenziato? Una cosa è certa: come farebbe un buon padre di famiglia, non si potrà più rinunciare a valutare qualità ed efficienza dei servizi per poter allocare le risorse in modo congruo ed evitare gli sprechi. Ma, a differenza di quanto accade in altri settori di interesse pubblico, per i servizi sociali oggi non esistono in Italia pratiche consolidate di rilevazione dei costi, di analisi di efficienza "micro" (ovvero a livello delle singole organizzazioni) e metodologie condivise per la loro valutazione. Non solo: nonostante il welfare italiano sia popolato da iniziative private di interesse pubblico, nate storicamente dal tessuto sociale, nell’immaginario collettivo "pubblico" coincide ancora con "statale".
Per questo il Rapporto «Sussidiarietà e… qualità nei servizi sociali», realizzato da Fondazione per la Sussidiarietà con i ricercatori del Politecnico di Milano (sarà presentato a Roma domani), propone un innovativo metodo di valutazione dei servizi di welfare, pubblici e privati, che risponda allo scopo di verificarne l’utilità per i cittadini e la capacità di farlo in modo efficiente. Dall’analisi condotta sui costi di housing universitario, asili nido, cura degli anziani, riabilitazione, housing sociale è stato possibile confrontare l’efficienza nell’offerta del servizio delle organizzazioni private non profit e degli enti pubblici: i costi delle organizzazioni non profit risultano in media inferiori del 23% (tra il 17% per l’housing universitario e il 41% per gli asili nido) ai costi unitari delle organizzazioni del settore pubblico, senza che questo significhi una minore attenzione alla qualità. Al contrario, nelle istituzioni non profit esaminate la qualità dei servizi, con riferimento alla soddisfazione degli utenti o delle loro famiglie, risulta molto simile a quella degli enti pubblici o perfino leggermente superiore. In una scala da 1 a 10, il punteggio è di 8,25 per le organizzazioni non profit e di 7,66 per le realtà pubbliche.
Il Rapporto, come detto, compie un iniziale passo nel colmare la lacuna creata dalla ridotta disponibilità di informazioni sui costi dei servizi sociali. Ma a cosa è dovuta questa carenza? I servizi alla persona non sono beni come le automobili e nemmeno servizi come ad esempio una fornitura di gas ma, come gli altri servizi alla persona del comparto welfare, quali l’istruzione e la sanità, sono servizi "relazionali": per essere prodotti richiedono una calibrazione dell’intervento rispetto alle esigenze dell’utente e la collaborazione di quest’ultimo; non è dunque possibile standardizzarne la produzione e pre-definirne completamente la qualità secondo criteri oggettivi. E’ questo un fattore che spiega la significativa presenza delle organizzazioni private non profit nel settore. Infatti, data la centralità e la soggettività del rapporto tra erogatore del servizio e utente, in queste realtà rivestono grande importanza, insieme alle competenze professionali degli operatori, la "mission" dell’organizzazione che offre il servizio e le capacità di coinvolgimento ed immedesimazione con l’utente, il quale si sente a sua volta corresponsabile della risposta al proprio bisogno.
L’indagine qualitativa sulle realtà non profit contenuta nel Rapporto porta significative evidenze del ruolo svolto dalla visione dei fondatori e dalle competenze sviluppate nel corso del tempo da gestori e personale. Dallo studio emerge che i fattori che ne decretano il successo sono: centralità della persona intesa come sensibilità nel leggere i bisogni degli utenti; costante tendenza al miglioramento della qualità e alla crescita professionale; coinvolgimento responsabile nella vita dell’opera di tutti coloro che a vario titolo ne sono implicati; disponibilità a valutare e a farsi valutare; partecipazione attiva in una rete di relazioni con soggetti pubblici e privati nella realtà del territorio. Quanto emerge mette in luce l’importanza della sussidiarietà, il principio che valorizza le iniziative di bene comune che nascono "dal basso", in prossimità al livello in cui si genera il bisogno, come sono tradizionalmente nel nostro Paese le realtà non profit. Il presente studio conferma il vantaggio che tale prossimità dei soggetti non profit offre, rendendoli più capaci di interagire con l’utente e con la rete di soggetti istituzionali e non, per individuare soluzioni ad hoc, flessibili e variegate, oltre che capaci di realizzare uno "scouting" dei bisogni, una loro individuazione e rilevazione in tempi molto prossimi al loro sorgere. L’indagine qualitativa conferma anche che l’approccio sussidiario porta con sé una naturale propensione al coinvolgimento di soggetti esterni, al nesso col territorio, alla costruzione di reti di operatori, utenti e stakeholder.
In una parola, la sussidiarietà si presenta come un reale e potente alleato dello Stato nell’assolvimento di una parte cospicua, e centrale, delle sue funzioni. Questo impone un ripensamento del concetto di servizio pubblico alla persona, più rilevante della distinzione tra gestione privata e gestione statale, che valorizzerebbe la convivenza tra realtà di diverso tipo, attivando processi maggiormente concorrenziali e un innalzamento della qualità del servizio. Inoltre, l’esperienza dei servizi sociali del privato non profit mostra come sia priva di fondamento l’opposizione tra attenzione ai bisogni della persona e apertura al "mercato", inteso come spazio nel quale misurarsi con le domande emergenti di servizio e con la capacità di scelta degli utenti e delle istituzioni che li rappresentano, senza ricercare protezioni.
È solidarietà, infine, la parola chiave che deve guidare un percorso di indagine sul welfare. Solidarietà come impegno verso una maggiore giustizia sociale, realizzata attraverso la presenza di diversi operatori, differenti per approccio al servizio ma comparabili in termini di prossimità alla persona, di efficacia e di efficienza. L’attenzione ad un oculato controllo della spesa destinata ai servizi, oltre che alla loro qualità, è l’elemento ormai imprescindibile attraverso cui liberare risorse da destinare alle fasce più bisognose della popolazione. Porre ancora in contrapposizione pubblico e privato non profit è quindi un anacronismo da superare: la sussidiarietà, oltre che il riconoscimento di quanto di buono c’è in atto nella società, è una necessità imposta dalla crisi e dal bisogno di giustizia sociale.  
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