Dobbiamo riconoscerlo, siamo stati molto vicini all’istigazione all’odio razziale. Se si guarda alla tempistica, si coglie una dinamica agghiacciante. Da quando, l’altra sera, è apparso il primo flash di agenzia con la notizia dell’investimento di un gruppo di passanti a Roma da parte di un’auto condotta a folle velocità e sfuggita a un posto di blocco, è cominciata una folle corsa in parallelo nelle redazioni. La meta era stabilire se la ragazza arrestata e i due minori in fuga – uno dei quali il pirata che ha ucciso una donna e che ha ferito otto persone -–fossero o no di etnia rom o addirittura 'nomade'. Mi piacerebbe conoscere una persona con un passaporto rom o nomade. O vedere chi ha un passaporto occidentale sul quale è specificata l’etnia. Appurato che i tre sono rom, i titoli di molti quotidiani on line, tg, giornali radio e della carta stampata sono andati in una direzione altrettanto folle, quella di etnicizzare il reato. La notizia è diventata l’omicidio stradale compiuto da tre rom. E non quella di un’auto guidata da minori che a 182 km l’ora è piombata su una folla di innocenti. Tutto ciò ha alimentato il fuoco della tensione sociale, già alta a Roma. E i campi rom capitolini, ghetti nati da scelte sbagliate di tante giunte, sono stati messi sotto sorveglianza dalle forze dell’ordine. Sui siti è partita la solita ventata di odio xenofobo, i politici si sono scatenati, su tutti il puntuale Salvini che vuole radere al suolo i campi e a cui lo stesso Bossi aveva risposto a suo tempo con un’alzata di spalle. Ma qual è oggi il compito dei giorna-listi, alimentare l’odio o aiutare a riflettere con un’informazione il più possibile completa e rispettosa di fatti e persone? Ci sono le regole deontologiche professionali, c’è la carta di Roma. Sono state azzerate. Che cosa sarebbe cambiato se i pirati, come spesso accade, fossero stati italiani? I media avrebbero specificato che erano napoletani, romani, lombardi o forse ce la saremmo cavata con poche righe di cronaca? Non va nascosta la verità, intendiamoci. È giusto dire che i tre minori vivono in un campo rom perché aiuta a capire la loro storia, in quale quadro di emarginazione e degrado sono cresciuti e di cui probabilmente sono state anche vittime. Non è del resto questo l’atteggiamento mentale verso i 'nostri' minori che sbagliano, cercare le attenuanti? In questo caso sono già condannati dalla nascita? È vergognoso scrivere o titolare che un rom in quanto tale ha ucciso. Una persona è una persona con i suoi diritti, che verrà giudicata e pagherà per le sue colpe. Poi si apre, su un piano diverso, il discorso complesso sui campi rom. Che vanno superati e non rasi al suolo, magari con la deportazione degli abitanti.