I dati ufficiali su reddito, potere d’acquisto e risparmio degli italiani, relativi al secondo trimestre dell’anno, confermano la fase difficile dell’economia e, considerati insieme alla diffusa diminuzione del clima di fiducia delle famiglie registrato in settembre, segnalano con chiarezza un fatto centrale: le famiglie hanno già allacciato le cinture di sicurezza in vista dell’ulteriore ondata, ancora in arrivo, di misure legate alla recente manovra economica. Nel secondo trimestre il potere di acquisto delle famiglie, cioè il reddito al netto dell’inflazione, è diminuito. Contemporaneamente il tasso di risparmio delle famiglie ha registrato il valore più basso dal 1999. Dunque il contenuto aumento dei consumi reali è stato finanziato con un’ulteriore riduzione dei risparmi.La riduzione del tasso di risparmio non significa che le famiglie italiane vivono al di sopra dei propri mezzi, come nel caso delle famiglie americane invogliate a spendere troppo. È piuttosto un’evidenza del fatto che stanno riducendo i loro risparmi e quindi la ricchezza netta: un ulteriore aumento della pressione fiscale potrebbe perciò avere effetti molto severi sull’economia, dei quali sarebbe incauto non tenere conto. In particolare, la stagnazione dei consumi interni, in atto ormai da molti anni, potrebbe diventare strutturale.La verità è che le famiglie italiane sono sempre più strette da un crescente vincolo di liquidità, che si rispecchia nel fatto che alcuni strati sociali hanno un reddito inferiore a quello necessario per vivere in una casa, alimentarsi, vestirsi o raggiungere il posto di lavoro: è questo il caso di chi non ha un lavoro stabile, sia giovane sia pensionato. Quando la famiglia non è in grado di colmare il divario, ricorrendo ad aiuti di altri familiari o amici, deve così dar fondo ai propri risparmi oppure chiedere dei prestiti, difficili da ottenere perché riguardano le spese correnti quotidiane.Le statistiche dalle quali emerge che la famiglia media italiana è più "ricca" della media di altri Paesi, in realtà, vanno prese con grande cautela: una parte rilevante di questa presunta ricchezza, infatti, è rappresentata dall’abitazione in cui si vive. E forse non molti sanno che la consuetudine contabile internazionale è quella di includere tra i redditi delle famiglie proprietarie di abitazione anche quello "figurativo" della casa in cui vivono, che viene poi sommato ai consumi e al Pil. Ma è chiaro che tale reddito figurativo non può essere venduto sul mercato, come un’automobile o un bene durevole. La conseguenza è che se si vuole allentare il vincolo che costringe i consumi delle famiglie che l’affitto lo pagano davvero, specialmente nelle grandi aree metropolitane in cui stanno il lavoro e le imprese, occorre intervenire per fare in modo che lo squilibrio fra domanda e offerta abitativa venga corretto dal mercato con livelli di prezzi e affitti più in linea con quelli europei.La caduta del risparmio si rispecchia, non a caso, in una diminuzione degli investimenti delle famiglie, in particolare per le abitazioni, perché – se è vero che il volume di transazioni è ancora molto basso – i prezzi nominali tendono invece a rimanere abbastanza stabili. La diminuzione del risparmio significa anche minore capacità di investimento per il futuro e un minore flusso di risorse potenziali dalle famiglie verso le imprese, per le quali si registra un’analoga stagnazione degli investimenti. Questo comporta minori prospettive di occupazione e reddito, specialmente per i giovani, e quindi il perdurare di una situazione di stallo economico che dura ormai da quattro anni.Francia e Germania, dove il sistema di welfare per le famiglie è più robusto e articolato, hanno saputo fare molto meglio e il reddito disponibile ha tenuto durante la crisi, nonostante la forte riduzione del Pil. Il tempo passa e la cinghia si fa sempre più stretta: che si aspetta a prendere anche in Italia la strada giusta?