Un evento oltre l’evento. Al di là della celebrazione della prima convocazione di venticinque anni fa, quando l’intuizione di papa Wojtyla divenne profezia, perché «noi continueremo a incontrarci». Al di là delle difficoltà che quasi ogni giorno cercano di spingere verso nuove fratture, perché «noi continueremo a essere uniti in questo viaggio». Uniti, al di là di ogni inciampo e cedimento, «nel dialogo, nella costruzione quotidiana della pace e nel nostro impegno per un mondo migliore, un mondo in cui ogni uomo e donna di ogni popolo possa vivere in conformità con le proprie legittime aspirazioni».Evento oltre l’evento, questo 27 ottobre 2011 ad Assisi. Nuova profezia, proiettata da Benedetto XVI nel "nuovo" del tempo, con il suo aprirsi non solo ai rappresentanti delle religioni, ma anche a quelli non religiosi e tuttavia ricercatori della verità, attribuendo a essi una funzione fondamentale, per essere tutti insieme «animati dal comune desiderio di essere "pellegrini della verità, pellegrini della pace"».Ad Assisi, in un modo simbolicamente inequivoco, quasi coagulando nelle poche ore trascorse nella città di san Francesco la riflessione costantemente sviluppata negli incontri ecumenici ed interreligiosi seminati lungo tutti i suoi viaggi apostolici, papa Ratzinger ha dato forma e contenuto a quell’impegno solennemente proclamato nella sua prima omelia da Pontefice, nella messa celebrata nella Sistina coi cardinali che l’avevano eletto.L’incontro di ieri, così, è una spinta al «cammino verso la verità», al quale le religioni vogliono contribuire «facendosi carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto». Quella pace messa a rischio dalla violenza che fa «uso della religione» e da quella che deriva «dall’assenza di Dio». Ma accanto «alle due realtà di religione e anti-religione – ha detto Benedetto XVI nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, nel primo appuntamento dopo l’arrivo in treno assieme a tutte le delegazioni – esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio». Persone che «pongono domande sia all’una che all’altra parte», e che per questo di fatto si pongono come importanti collaboratori del dialogo e della pace, perché correggono le pretese dell’ateismo, teorico e pratico, e spingono «i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile».È la "rivoluzione" di Benedetto XVI, che non rinuncia a cercare il confronto col mondo contemporaneo, che delle religioni, e del dialogo tra di esse, non può fare a meno. Nel 1986, ha ricordato il Pontefice, «la grande minaccia per la pace nel mondo derivava dalla divisione del pianeta in due blocchi contrastanti tra loro», di cui «il simbolo vistoso» era «il muro di Berlino che, passando in mezzo alla città, tracciava il confine tra due mondi»; e la «causa più profonda» della sua caduta «senza spargimento di sangue», tre anni dopo, per Benedetto XVI «è di carattere spirituale», in quanto «dietro il potere materiale non c’era più alcuna convinzione spirituale» e «la volontà di essere liberi fu alla fine più forte della paura di fronte alla violenza che non aveva più alcuna copertura spirituale».Oggi, tuttavia, «il mondo è ancora pieno di discordia», non solo per la presenza di guerre ma anche perché «il mondo della libertà si è rivelato in gran parte senza orientamento, e da non pochi la libertà viene fraintesa anche come libertà per la violenza». La violenza del terrorismo, «nel quale, al posto di una grande guerra, vi sono attacchi ben mirati che devono colpire in punti importanti l’avversario in modo distruttivo, senza alcun riguardo per le vite umane innocenti che con ciò vengono crudelmente uccise o ferite», e che spesso «è motivato religiosamente», così che «il carattere religioso degli attacchi serve come giustificazione per la crudeltà spietata, che crede di poter accantonare le regole del diritto a motivo del "bene" perseguito», mettendo così «la religione non a servizio della pace, ma della giustificazione della violenza». Qualcosa che ha riguardato anche la fede cristiana, in nome della quale «nella storia si è fatto ricorso alla violenza», come «riconosciamo, pieni di vergogna». Ma, ha aggiunto il Papa, «è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura».Anche per questo, nel 1986, l’incontro convocato da papa Wojtyla voleva «esprimere il messaggio che la vera religione è un contributo alla pace e che ogni altro uso è un travisamento e contribuisce alla sua distruzione». Una motivazione sempre valida, e che nel dialogo interreligioso esprime la volontà di ricercare «una natura comune della religione, che si esprime in tutte le religioni ed è pertanto valida per tutte», un «compito fondamentale» per «contrastare in modo realistico e credibile il ricorso alla violenza per motivi religiosi».E c’è poi la violenza, che «è la conseguenza dell’assenza di Dio», quel «"no" a Dio» che «ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé, ma prendeva come norma soltanto se stesso. Gli orrori dei campi di concentramento mostrano in tutta chiarezza le conseguenze dell’assenza di Dio». Un mondo in cui «la violenza diventa cosa normale», così che la pace è distrutta e in questa mancanza di pace l’uomo distrugge se stesso».Un ragionamento, quello di Benedetto XVI, che s’è sviluppato nei gesti asciutti di questa giornata, misurata sulla chiave di questo nuovo pellegrinaggio iniziato ieri. Dall’accoglienza semplice e personale riservata a ciascuno dei capi delegazione sulla soglia di Santa Maria degli angeli, al sedersi su una sedia come tutte le altre, al semplicissimo pasto – riso con verdure, insalata, frutta – consumato con gli ospiti, e fino all’incontro del pomeriggio nella piazza della Basilica superiore, durante il quale i presenti hanno ri-proclamato l’impegno comune per la pace. Nessuna concessione a niente, se non all’essenza del messaggio che da Assisi ha voluto rilanciare. «Continueremo a incontrarci, continueremo a camminare insieme». Assisi che ricomincia da Assisi. Venticinque anni dopo.