domenica 23 novembre 2014
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A dir poco singolare la prima puntata della trasmissione 'Questioni di famiglia', e usiamo un eufemismo. Il programma si presenta come «Un consultorio in collegamento diretto con le famiglie italiane. Un osservatorio del mondo familiare e dei suoi cambiamenti». Quattro le storie venerdì scorso. Si comincia con due matrimoni finiti, il primo portato come esempio positivo per la modalità esemplare con cui marito e moglie hanno convenuto di essere arrivati al capolinea. Alla moglie è stato riconosciuto anche il merito di aver trovato una sistemazione all’ex marito, spostato prima dal letto matrimoniale al divano, e poi inviato alla 'casa dei papà', una struttura per padri separati con cui adesso però è scaduto il contratto, e il racconto si è chiuso con un appello al sindaco per non lasciare l’uomo senza casa. Negativa, invece, la seconda storia, dove l’adozione di una bambina indiana distrugge una famiglia felice: la coppia si separa dopo 22 anni di matrimonio e la ragazzina entra in comunità.  Una terza famiglia viene sconvolta da un truce episodio di bullismo. Qual è la famiglia felice? La più allegra di tutta la serata? Sono due omosessuali che si amano da 28 anni, sposati in Canada e ora presenti in varie trasmissioni, dopo che il sindaco di Roma Ignazio Marino, fra una multa per divieto di sosta e un’altra per divieto di accesso, ha trovato il tempo di trascrivere le loro nozze.  I due sono l’immagine stessa della felicità: un legame stabile, una casa luminosa e accogliente, tanti amici, e soprattutto tre bambini (due gemelli). Bellissimi. Peccato che la storia non sia stata raccontata per intero.  La conduttrice spiega che i piccoli sono nati con l’eterologa (quindi non adottati come nella triste vicenda precedente: meglio la fecondazione in vitro). Il che però non è tutta la verità: la coppia è composta da due uomini, non può che trattarsi di utero in affitto.  Forse non è stato detto esplicitamente perché in una precedente trasmissione uno dei due si era offeso per l’espressione. Ma oltre a protestare, i due non hanno mai raccontato tutta la storia, che invece merita di essere conosciuta visto che si è scelto di rendere il caso pubblico. Per esempio: le madri surrogate sono state diverse o è sempre la stessa che ha ceduto i neonati? Il pagamento è stato esplicito o surrettizio, in forma di rimborso spese? Quanto sono costate le gravidanze? La gemellare è costata di più? E gli ovociti, di chi erano: delle surrogate o di altre donne? Sono stati pagati a parte o erano un unico 'pacchetto '? E le donne, 'donatrici' e/o surrogate, chi le ha scelte: i due, un’agenzia specializzata, il medico di una clinica? Le madri hanno potuto vedere i neonati? Li hanno allattati prima di cederli? Sarebbe anche interessante leggere i contratti stipulati, per capire quali fossero gli impegni presi: chi ha scelto il medico curante, le analisi da fare, se c’erano stili di vita delle madri da evitare, come fare in caso di diagnosi di malformazione, a chi sarebbe spettata la eventuale decisione di abortire, e a chi il mantenimento dell’eventuale figlio disabile, e via dicendo.  Un avvocato presente in studio ha commentato parlando di vuoto normativo nel nostro Paese, che però non ci risulta: la maternità surrogata è vietata chiaramente, con sanzioni che prevedono «la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 600.000 a un milione di euro». E i figli di coppie omosessuali in Italia non sono centomila, come dichiarato in trasmissione: dai dati Istat le coppie di conviventi dello stesso sesso risultano 7591, con 529 figli in tutto.  Se è giusto, come hanno dichiarato i due omosessuali, che quei tre bambini «devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri bambini», ci chiediamo dove siano le loro mamme, le donne che li hanno portati in grembo, partoriti e che poi glieli hanno ceduti, come da 'regolare' contratto. Perché tutti i bambini hanno diritto a una mamma e un papà. È inaccettabile che una donna rinunci al figlio appena nato, così come è inaccettabile privare un bambino di sua madre, solo perché altri lo hanno voluto e hanno pagato per questo.  Se di 'questioni di famiglia' si vuole parlare, si dica la verità dei fatti, per intero, senza infingimenti né ipocrisie.
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