È noto che papa Francesco usi spesso espressioni di forte impatto mediatico. Fa parte del suo modo di comunicare, e anche per questa chiarezza di linguaggio riscuote credito non solo presso i praticanti cattolici. Non ha fatto eccezione in tal senso neanche la conferenza stampa di giovedì, durante il volo di rientro dal Messico, con l’attenzione di giornali web e tivù concentratasi soprattutto sulle risposte alle domande che riguardavano Donald Trump, uno dei candidati repubblicani alla Casa Bianca, e il ddl sulle unioni civili, attualmente in discussione nel Parlamento italiano. >>
LA CONFERENZA STAMPA IN AEREO: IL VIDEOLa scomposta reazione a caldo del magnate statunitense e la successiva, frettolosa e ondivaga retromarcia si commentano da sole. Piuttosto merita di ritornare su qualche commento teso a mettere in contrapposizione l’una e l’altra risposta del Pontefice, quasi che egli fosse caduto in contraddizione con se stesso a distanza di pochi minuti. Ma come, si è in pratica sostenuto, prima Francesco sembra intervenire pesantemente nelle vicende della corsa presidenziale Usa e poi, quando si tratta dell’Italia, dice: «Il Papa non si immischia nella politica italiana»? In realtà, la vicenda porta in primo piano una questione che sta diventando purtroppo una costante in questo pontificato. Accade infatti che la capacità di Bergoglio di coniare frasi di grande suggestione espressiva finisca per attirare tutta l’attenzione su di esse, facendo passare in second’ordine (non si sa quanto involontariamente) il ben più complesso e approfondito ragionamento di cui sono punto di arrivo. La conseguenza è che – amputate dal loro contesto naturale – quelle stesse frasi finiscono talvolta per assumere significati esattamente contrari a quelli autentici, mutilando così gravemente il pensiero del Pontefice. Proprio alla fine di precedenti viaggi papali lo abbiamo già visto almeno due volte, con il famoso «Chi sono io per giudicare?» riferito alle persone omosessuali in ricerca spirituale e interpretato come una specie di approvazione dell’omosessualità
tout court; e con l’altrettanto frainteso appello a «non fare figli come i conigli» che nella lettura mediatica più superficiale divenne addirittura uno 'spot' a favore del contenimento delle nascite. L’interpretazione di chi vede un’apparente contraddizione nelle parole di giovedì è figlia della stessa perniciosa metodologia, che, per usare le parole del Pontefice, non tiene conto dell’ermeneutica del tutto, ma solo di una parte. Le risposte del Papa, invece, vanno lette per intero. Anche perché, avendo spesso il pregio della brevità, non ci sono alibi per non farlo. E da un loro sereno esame non può non balzare agli occhi che Francesco usa il medesimo verbo in entrambe le circostanze. Quando gli chiedono se consiglierebbe di votare o non votare per Trump, risponde: «Non mi immischio». Proprio come non intende immischiarsi nella politica italiana, avendo già dichiarato (e in tempi non sospetti rispetto al ddl Cirinnà) che questo è un compito in cui devono occuparsi («arrangiarsi», dice sorridendo) i vescovi della Penisola. Giovedì il Papa lo ha ribadito, ma anche questa parte di una delle sue risposte, dalle evidenti ricadute pratiche (compreso l’impegno a favore della famiglia, del resto mai mancato nella Chiesa italiana), è stata troncata o, comunque, dimenticata . Diverso è il piano dei princìpi.
Unicuique suum, potrebbe dirsi ancora una volta. Qui il Papa è sul terreno che gli è proprio e può benissimo immischiarsi. Anche sotto questo profilo, dunque, le due risposte appaiono perfettamente coerenti. Sul piano dei princìpi è infatti lecito – anzi, doveroso – per un Successore di Pietro avvertire che i «muri» non sono evangelici e che chi li innalza – «sia dove sia», si trovi cioè in America, in Europa, in Asia o in Africa – non può certo considerarsi cristiano. Sul piano dei princìpi è naturale che il vescovo di Roma faccia riferimento al Catechismo riguardo agli omosessuali, con tutte le conseguenze del caso. E sempre sul piano dei princìpi è giusto per un Papa invitare i politici che si dicono cattolici ad agire secondo una coscienza «ben formata», che non significa «fare quello che mi pare». Una coscienza cioè non sterilmente 'neutrale' rispetto alle questioni etiche e alla famiglia. Una coscienza, anzi, 'partigiana' del bene e della difesa dei più deboli, oltre che della verità delle relazioni (anche e soprattutto affettive) tra le persone. È perciò auspicabile che in tutti, e soprattutto nei media, cresca la capacità di leggere, interpretare e riportare per intero l’insegnamento di papa Bergoglio. Senza fermarsi alle frasi a effetto e senza mutilazioni che ne tradiscono il pensiero, ingenerando oltre tutto confusione. Una nebbia che Francesco con evangelica ed efficace chiarezza continua a fugare.