È stato diffuso oggi il Vademecum approvato dal Consiglio Permanente della Cei con una serie di indicazioni pratiche per le diocesi italiane sull'accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati. La Chiesa italiana, in prima linea nella prossimità ai migranti, indica così alle comunità locali chi, dove, come, quando accogliere, in risposta all’appello lanciato da Papa Francesco all'Angelus dello scorso 6 settembre alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi”. Su circa 95.000 persone migranti presenti in Italia, già oggi diocesi e parrocchie, famiglie e comunità religiose, ne accolgono in circa 1600 strutture oltre 22.000. La rete dell'accoglienza si può allargare ancora, come segno di accoglienza che si affianca ai molti altri a favore dei poveri (disoccupati, famiglie in difficoltà, anziani soli, minori non accompagnati, diversamente abili, vittime di tratta, senza dimora…) presenti nelle nostre Chiese: "un supplemento di umanità, anche per vincere la paura e i pregiudizi", scrivono i vescovi nel Vademecum.
Il percorso di accoglienzaOccorre in via preliminare curare la preparazione della comunità, informandola e formandola, con percorsi che possono essere curati da Caritas e Migrantes a livello regionale e diocesano.Le forme dell’accoglienza È la Caritas, non la la Diocesi in sé a curare la circolazione delle informazioni sulle modalità di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in parrocchie, famiglie, le comunità religiose, nei santuari e monasteri e raccoglierà le disponibilità all’accoglienza. La famiglia può essere il luogo adatto per l’accoglienza di una persona della maggiore età . L’Usmi e il Movimento per la vita hanno dato la disponibilità della loro rete di case per accogliere le situazioni più fragili, come la donna in gravidanza o la donna sola con i bambini. Dove accoglieren alcuni locali della parrocchia o in un appartamento in affitto o in uso gratuito, presso alcune famiglie, in una casa religiosa o monastero, negli spazi legati a un santuario, che spesso tradizionalmente hanno un hospitium o luogo di accoglienza dei pellegrini, acquisite le autorizzazioni canoniche ove prescritte. Pare sconsigliabile il semplice affidamento alle Prefetture di immobili di proprietà di un ente ecclesiastico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, per la problematicità dell’affidamento a terzi di una struttura ecclesiale senza l’impegno diretto della comunità cristiana.n alcuni locali della parrocchia o in un appartamento in affitto o in uso gratuito, presso alcune famiglie, in una casa religiosa o monastero, negli spazi legati a un santuario, che spesso tradizionalmente hanno un hospitium o luogo di accoglienza dei pellegrini, acquisite le autorizzazioni canoniche ove prescritte. Pare sconsigliabile il semplice affidamento alle Prefetture di immobili di proprietà di un ente ecclesiastico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, per la problematicità dell’affidamento a terzi di una struttura ecclesiale senza l’impegno diretto della comunità cristiana. Chi accogliereFamiglie, persone della stessa nazionalità che hanno presentato la domanda d’asilo e sono ospitati in un Centro di accoglienza straordinaria (CAS); chi ha visto accolta la propria domanda d’asilo e rimane in attesa di entrare in un progetto SPRAR, per un percorso di integrazione sociale nel nostro Paese; chi ha avuto una forma di protezione internazionale (asilo, protezione sussidiaria e protezione umanitaria), ha già concluso un percorso nello SPRAR e non ha prospettive di inserimento sociale, per favorire un cammino di autonomia . Per i minori non accompagnati, il percorso di accoglienza è attivabile nello SPRAR. Per la delicatezza della tipologia di intervento, in termini giuridici, psicologici, di assistenza sociale, intrinseci alla condizione del minore non accompagnato, il luogo più adatto per la sua accoglienza non è la parrocchia, ma la famiglia affidataria o un ente accreditato come casa famiglia. I tempiediamente il tempo dell’accoglienza varia da sei mesi a un anno per i richiedenti asilo o una forma di protezione internazionale. I tempi possono abbreviarsi per chi desidera continuare il proprio viaggio o raggiungere i familiari o comunità di riferimento in diversi Paesi europei. Gli aspetti amministrativi e gestionali dell’accoglienza In Diocesi si individui l’ente capofila dell’accoglienza che si possa accreditare presso la Prefettura e partecipi ai bandi; questo ente seguirà con una équipe di operatori le pratiche per i documenti, i vari problemi amministrativi e anche l’eventuale esito negativo della richiesta d’asilo. All’ente capofila, attraverso il coordinamento diocesano affidato alla Caritas o/e alla Migrantes diocesana, arriveranno le richieste di disponibilità dalle diverse realtà ecclesiali (parrocchie, famiglie, case religiose, santuari) e curerà la destinazione delle persone. Dal punto di vista dell’accoglienza, si possono riconoscere percorsi diversi, a seconda delle condizioni e sensibilità. Opzione A: L’ospitalità in parrocchia di un richiedente asilo è un gesto gratuito, ma entra nella convenzione e nel capitolato che un ente gestore (di un CAS o di uno SPRAR) legato alla diocesi concorda con la Prefettura. La parrocchia sarà una delle strutture di ospitalità. Opzione B: la parrocchia che ospita un richiedente asilo riceverà un rimborso per l’accoglienza dall’ente gestore capofila, che entra come specifica voce nel bilancio parrocchiale. Opzione C: la parrocchia ospita gratuitamente, senza accedere ai fondi pubblici, chi esce dal CAS o dallo SPRAR. Gli aspetti fiscali e assicurativi Le strutture o i locali di ospitalità in parrocchia devono essere a norma e la parrocchia deve prevedere l’assicurazione per la responsabilità civile. Se l’attività di accoglienza si svolge con caratteristiche che ai sensi della normativa vigente sono considerate commerciali si applica il regime generale previsto per tali forme di attività. Il riconoscimento del diritto di rimanere nella propria terraL’accoglienza non può far dimenticare le cause del cammino e della fuga dei migranti che arrivano nelle nostre comunità: dalla guerra alla fame, dai disastri ambientali alle persecuzioni religiose. Da qui ’impegno a valorizzare le esperienze di cooperazione internazionale e di cooperazione missionaria, attraverso le proposte di Caritas Italiana e di Missio, della FOCSIV e della rete dei missionari presenti nelle diverse nazioni di provenienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Nell’anno giubilare le Chiese in Italia si impegneranno a sostenere 1000 microrealizzazioni nei Paesi di provenienza dei migranti. Monitoraggio, verifica e informazione L’esperienza di accoglienza chiede un monitoraggio in ogni diocesi e anche la cura dell’informazione sulle esperienze in atto. Verifiche La Commissione Episcopale per le migrazioni prevederà un incontro annuale con il Tavolo nazionale di monitoraggio per una verifica, così da preparare una relazione sulla situazione da presentare durante i lavori dell’Assemblea generale dei vescovi. Eventuali contributi La CEI valuterà se e come assegnare un eventuale contributo alle diocesi, particolarmente bisognose, che hanno dovuto adeguare alcuni ambienti per renderli funzionali e idonei all’accoglienza.