L'arcivescovo con il sindaco. Seduti dietro allo stesso tavolo nella Sala delle Colonne del municipio torinese, le autorità religiose e quelle civili hanno annunciato insieme la prossima Settimana sociale dei Cattolici italiani (a Torino dal 12 al 15 settembre 2013) e ne hanno formulato il titolo, pensato da lungo tempo ma limato in diretta: “Famiglia: speranza e futuro per la società italiana”. A leggerlo, davanti a una folta platea, è stato Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente del Comitato scientifico organizzatore delle Settimane sociali: «È un titolo che riassume tutto – ha commentato –. La famiglia infatti è la risorsa fondamentale per il futuro del Paese, il luogo in cui le persone si realizzano. I giovani devono essere incoraggiati a formarne per tempo una propria e, come cattolici, chiamati a testimoniare che è una via impegnativa, ma proprio per questo anche di gioia e di amore pieno. Molte famiglie sono un vero lieto annuncio nonostante le difficoltà e le croci che portano».Al suo fianco l’arcivescovo di Torino e vicepresidente della Cei, Cesare Nosiglia, e accanto a lui il sindaco, Piero Fassino, «lieto che per un evento tanto grande si sia scelta la nostra città, che tra l’altro ha dato i natali a tanti santi sociali come Frassati, don Orione o don Bosco, e anche nel suo solidarismo laico ha radicata una profonda socialità».Così Torino ha un anno di tempo per prepararsi a quattro giorni di intense attività di ogni genere, tra conferenze, dibattiti, incontri, eventi culturali e religiosi, tutti dedicati ai temi più cruciali e urgenti della odierna società, in linea con il vero spirito delle Settimane sociali fondate nel 1907 dal beato Toniolo e tuttora strumento dinamico per il superamento delle questioni più sentite. «Sono tutti temi che entrano prepotentemente nell’agenda politica del Paese – nota Fassino –, quindi guardiamo con particolare interesse a questo appuntamento, che verrà inaugurato al Teatro Regio. Il futuro dei figli oggi certo è più precario che in passato, non c’è più la certezza che la nuova generazione avrà i vantaggi di quella precedente e tutto alla fine si scarica sulla famiglia. A Torino arriveranno migliaia di persone, così, in accordo con la Cei e la Curia, anche il Comune organizzerà eventi pubblici di accompagnamento».«Già altre tre volte le Settimane sociali si sono svolte a Torino, dal 1924 al 1993 – ha sottolineato l’arcivescovo Nosiglia – e sempre sono state occasioni straordinarie di riflessione per la Chiesa e per la società italiana, lo strumento capace di rilanciare il Paese in momenti difficili come quello attuale». Esplicito il riferimento di Nosiglia al documento conclusivo della precedente Settimana sociale, quella calabrese del 2010: «Più che guardarsi indietro, o avanti, bisogna riscoprire l’importanza del guardarsi a fianco, per rivedere con compassione gli uomini e le donne di oggi – ha citato –. Avere scelto la realtà della famiglia come centro della riflessione è una conferma del fatto che si tratta di un luogo educativo privilegiato, da sostenere e da curare, dove si sperimenta naturalmente il concetto di solidarietà e di bene comune».Su questo tema, poi, la quattro giorni torinese precederà l’Onu, come ha ricordato monsignor Domenico Pompili, sottosegretario e direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei, che ha moderato l’incontro: «Le Nazioni Unite nel 2014 celebrano infatti il XX anniversario dell’Anno internazionale della Famiglia – ha ricordato –. Se però la famiglia è così centrale nel cuore delle istituzioni internazionali, oltre che nella Chiesa, non manca ai nostri giorni chi ne metta in dubbio, ancor prima dell’identità, la stessa necessità. La Settimana sociale muove precisamente dall’intento contrario, cioè dalla consapevolezza che la famiglia è una risorsa», è anzi «quel luogo indispensabile per apprendere le virtù sociali che rendono possibile la felicità pubblica». O, come dicono le rilevazioni di tipo scientifico, il «bene relazionale necessario» a fronte di una società persa dietro ai «beni materiali, che amplificano l’isolamento e la depressione».