Con la lettera di papa Francesco a Eugenio Scalfari, il dialogo tra atei e credenti ha visto di recente una svolta non facilmente prevedibile e per molti versi sorprendente. Un fatto importante non soltanto per il metodo innovativo di interloquire con i non credenti scelto dall’attuale pontefice, ma anche per il tenore e la profondità dei contenuti del confronto. Sempre su La Repubblica ieri si è verificato un nuovo atto di questo confronto dialogico con la pubblicazione di uno stralcio della lettera scritta da Benedetto XVI a Piergiorgio Odifreddi in risposta al suo libro Caro papa, ti scrivo (Mondadori, 2011), nel quale in più punti si fa riferimento al celebre saggio del teologo Joseph Ratzinger Introduzione al cristianesimo (Queriniana). La lettera, arrivata a destinazione il 3 settembre, è accompagnata da un articolo in cui lo stesso Odifreddi spiega gli antefatti che l’hanno preceduta e nel quale si preannuncia la sua pubblicazione integrale in una nuova edizione del libro. Sul contenuto del volume del matematico ateo, il Papa emerito anticipa subito con chiarezza il suo giudizio articolato e contrastante, affermando di «averne letto alcune parti con godimento e profitto», mentre per altre si è «meravigliato di una certa aggressività e dell’avventatezza dell’argomentazione». Egli si preoccupa innanzitutto di confutare la provocatoria descrizione della teologia come «fantascienza», impartendo una sottile lezione di epistemologia ad Odifreddi, cui spiega come «in tutte le materie specifiche la scientificità ha ogni volta la propria forma, secondo la particolarità del suo oggetto» e «l’essenziale è che si applichi un metodo verificabile che garantisca la razionalità».
Funzione importante della teologia è del resto quella di «mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione», ossia a quella razionalità del pensiero a cui costantemente fanno riferimento gli stessi scienziati atei. Inoltre, la «fantascienza esiste nell’ambito di molte scienze», come nel caso ad esempio di certe "visioni" di fisici quantistici come Heisenberg e Schrödinger o di certe tesi indimostrabili quali il «gene egoista» dell’evoluzionista Richard Dawkins; tuttavia si tratta «soltanto di immaginazioni con cui cerchiamo di avvicinarci alla realtà». Secondo Benedetto XVI, fino a questo punto le contestazioni di Odifreddi si mantengono a uno stadio di serietà accettabile per un dialogo tra credenti e non credenti; il livello degrada però repentinamente quando il matematico ateo affronta i temi dei comportamenti scandalosi di alcuni sacerdoti, della morale cattolica e soprattutto di Gesù. Ratzinger liquida le evidenti provocazioni sui preti pedofili ricordando di averne preso atto con dolore e di averli condannati personalmente, ma fa altresì notare che è sempre sbagliato generalizzare e che per contro assai poco ci si sofferma sulle tantissime figure di santi e di persone dedite disinteressatamente al prossimo prodotte «dalla grande scia luminosa di bontà e di purezza che la fede cristiana ha tracciato lungo i secoli». Benedetto XVI si sofferma maggiormente su quanto viene affermato della figura di Gesù e qui contesta senza usare mezzi termini il matematico ateo: «Ciò che lei dice sulla figura di Gesù non è degno del suo rango scientifico». Ha infatti dell’incredibile che un uomo di cultura e di scienza quale pretende di essere Odifreddi scriva «come se di Gesù non si sapesse niente e di Lui come figura storica nulla fosse accertabile». Il Papa emerito a questo punto non perde giustamente tempo ad argomentare ciò che ormai tutti gli storici e gli intellettuali atei seri ammettono: ovvero che Gesù è effettivamente esistito e la sua azione e il suo messaggio corrispondano in massima parte a quanto ci dicono le fonti tanto neotestamentarie quanto extra-bibliche. Si limita perciò a consigliare ad Odifreddi, come fosse un suo scolaro, delle buone e salutari letture (quattro volumi in tedesco di Martin Hengel e Maria Schwemer sul cristianesimo delle origini). Seguono poi una serie di repliche più di dettaglio, addirittura con menzione delle pagine alle quali ci si riferisce, segno evidente che la lettera di Benedetto XVI al nostro «miscredente» (lui stesso si definisce così) è stata concepita soprattutto per un serio desiderio di ristabilire la verità. La lettera, a tratti dura, si conclude ribadendo la necessità che il dialogo tra atei e cristiani si fondi sulla franchezza reciproca e apprezzando alcune convergenze riscontrate nel libro di Odifreddi. Questo in sintesi il resoconto di questa nuova tappa del dialogo tra credenti e non credenti iniziato con l’ormai celebre Cortile dei Gentili.
Ci permettiamo in chiusura solo una brevissima considerazione. La replica di Ratzinger, convincente e puntuale, è animata dalle migliori intenzioni anche laddove lascia comprensibilmente trasparire indignazione per i modi e gli argomenti con cui Odifreddi esercita usualmente la sua critica atea e anticattolica. Va però ricordato che Piergiorgio Odifreddi è un intellettuale di formazione e stile alquanto diversi da quelli di Eugenio Scalfari. Nelle conferenze e negli scritti del matematico ateo non è infatti raro imbattersi in eccessi semplificatori e volutamente indisponenti, specie allorché tratta della storia del cristianesimo; a tal punto che il suo noto libro anticattolico (Perché non possiamo dirci cristiani, Longanesi) si era già meritato da uno studioso obiettivo come Giorgio Jossa la definizione di «rozzo e provocatorio pamphlet». Il dialogo tra credenti e non credenti resta dunque un percorso obbligato, ma da attuare con spirito aperto da entrambe le parti e perciò dagli esiti non sempre scontati. Nel caso delle risposte di papa Francesco a Scalfari si è avuto sicuramente un risultato positivo, per il quale è valsa la pena avviare il dialogo. Speriamo ora ne valga la pena anche per Odifreddi.