Mi sento a casa in mezzo a voi
Francesco apre il suo pomeriggio pubblico a Cagliari incontrando poveri e carcerati. Ma dimostra di essere a casa anche nei successivi appuntamenti con la comunità accademica (nella sede della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna) e con i giovani, per incontrare i quali torna a Largo Carlo Felice, lì dove la sua giornata era iniziata con il grande discorso sul lavoro, coronato poi dalla preghiera a Dio per il lavoro a tutti. Gli incontri del pomeriggio, in un certo senso costituiscono la logica continuazione delle riflessioni mattutine, culminate nella Messa di Bonaria. Solidarietà, invoca il Papa davanti ai poveri e ai carcerati. Solidarietà per battere la crisi e la violenza (nella cronaca c’è infatti anche la condanna dell’attentato nella Chiesa di Peshawar in Pakistan: “E’ una scelta sbagliata e di odio e di guerra. Sono morte 70 persone. Non va, non serve. Bisogna costruire la pace”). Quindi, al mondo accademico dice che di fronte a questa crisi non ci possono essere disillusione e rassegnazione. Occorre speranza. “Ascoltare la “musica” diversa dei giovani. Aprirsi alle loro intuizioni”. E speranza raccomanda naturalmente anche ai giovani. Non siate seguaci della “dea lamentela, ma di Cristo”. Infine confida: “Sono felice di essere sulla strada di Gesù da 60 anni. Non mi sono pentito. E non perché sono forte come Tarzan, ma perché Gesù non mi ha mai abbandonato”.I poveri carne di CristoDopo il pranzo con i vescovi sardi nel seminario, il Papa incontra nella Cattedrale i poveri, i detenuti (questi ultimi provenienti anche dal carcere minorile di Quartucciu, oltre che dalla Casa circondariale Buon Cammino per gli adulti), i volontari della Caritas e a loro dice: “Nessuno di noi è migliore dell’altro, siamo tutti uguali davanti al Padre. Questa è la vostra casa”. Così l’incontro si trasforma subito in una festa di famiglia. L’arcivescovo di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio, aveva del resto sottolineato nel suo saluto: “Questa è l’occasione per ospitare i rappresentanti delle diverse povertà un po’ come si accolgono gli ospiti di riguardo nella sala più bella di una casa”.E in effetti Francesco appare completamente a suo agio. Abbraccia i bambini, saluta i carcerati, si intrattiene con le famiglie e i diversi gruppi dei presenti, accarezza alcuni portatori di handicap, così come in mattinata aveva abbracciato nel Santuario di Bonaria diversi ammalati tra i quali Antonio Aste, un anziano lebbroso. Gesti e parole del Papa sono l’esatta incarnazione del suo applaudito discorso, con frequenti aggiunte a braccio. “La carità non è assistenzialismo, per mettere a tacere la coscienza, ma una scelta di vita”. “Stare con i piccoli e gli esclusi non è moralismo o ideologia, ma parte dall’amore”. “Gesù non è venuto nel mondo a fare una sfilata, per farsi vedere. Gesù è la via, e una via serve per camminare, per percorrerla”. Dunque occorre percorrere questa strada con umiltà, specie in un mondo in cui “la parola solidarietà rischia di essere cancellata dal dizionario perché dà fastidio”.“Dobbiamo fare le opere di misericordia con misericordia – afferma il Papa -. Le opere di carità con carità, con tenerezza, e sempre con umiltà. Sapete? A volte si trova anche l’arroganza nel servizio ai poveri. Alcuni si fanno belli, si riempiono la bocca con i poveri; alcuni strumentalizzano i poveri e questo è un peccato grave perché è usare la carne di Cristo per la propria vanità”. Dunque “sarebbe meglio che rimanessero a casa”. Infine il Papa afferma che “sulla via della carità noi seminiamo speranza. La società italiana ha molto bisogno di speranza, e la Sardegna in particolare”. Perciò avanti su questa strada in collaborazione con le pubbliche istituzioni, “nel rispetto delle rispettive competenze”.L’università contro disillusione e pessimismo. Aprirsi ai giovaniAnche l’Università può seminare speranza, afferma il Pontefice nel successivo incontro con il mondo accademico. Ci sono, è vero segnali preoccupanti (“deterioramento dell’ambiente, squilibri sociali, terribile potenza delle armi, sistema economico-finanziario”), ma “la crisi non è solo pericolo. Può essere anche opportunità, purificazione”. Di certo, però, “il pessimismo porta a una sorta di paralisi dell’intelligenza e della volontà”. Il Papa vede invece l’Università come “luogo del discernimento, senza letture ideologiche e parziali” (un discernimento “basato sulla visione della persona in tutte le sue dimensioni: non si può considerare mai la persona come “materiale umano””). Parla quindi degli Atenei come luogo “dell’incontro e non dello scontro”, anche aperto alla trascendenza: “La fede non riduce mai lo spazio della ragione, ma lo apre a una visione integrale dell’uomo e della realtà” (evidente qui l’eco del magistero di Papa Ratzinger). E inoltre il Papa invoca l’Università “come luogo di formazione alla solidarietà”, parola “fondamentale nel vocabolario umano e non solo cristiano”. “Non c’è nessun futuro per nessun Paese, per nessuna società, per il nostro mondo, se non sapremo essere tutti più solidali”. Infine aggiungendo un passaggio a braccio al discorso scritto, fa notare: “Pensando a questa realtà dell’incontro nella crisi, ho trovato nei politici giovani un’altra maniera di pensare la politica. Non dico migliore, ma in un’altra maniera. Parlano diversamente, stanno cercando. La musica loro è diversa dalla musica nostra. Non abbiamo paura! Sentiamoli, parliamo con loro. Loro hanno un’intuizione: apriamoci alla loro intuizione. E’ l’intuizione della vita dei giovani. Dico i politici giovani perché è quello che ho sentito, ma i giovani in genere cercano questa chiave diversa. Per aiutarci all’incontro, ci aiuterà sentire la musica di questi politici scienziati, pensatori giovani”.I giovani, cioè il futuroE proprio parlando ai giovani, significativamente, il Papa si congeda da Cagliari e dalla Sardegna. Decine di migliaia, pigiati nella calca del Largo Carlo Felice, troppo stretto per contenere tutti. Scene da Gmg, fresco ricordo. Entusiasmo alle stelle e anche una tipica danza sarda in costume, oltre al saluto dei calciatori del Cagliari. Ma al di là del contesto gioioso, la collocazione dell’incontro è già un messaggio. Loro sono il futuro, sembra dire il Pontefice. A loro bisogna pensare fin da domani. Anche perché, come ricorda nel suo saluto Ivano Sais, giovane del Sulcis Iglesiente, “la nostra è una terra in crisi dove le miniere hanno lasciato il posto alle fabbriche e le fabbriche il posto al nulla”. Così, al sottinteso, Francesco aggiunge le sue parole esplicite. Parole che invitano i giovani stessi a farsi protagonisti della loro vita. No al pessimismo e alla sfiducia. Anche di fronte al fallimento: “Ad esempio alla cresima hanno cambiato il nome: Sacramento dell’addio. Fanno questo e se ne vanno”. Ma “voi giovani non potete e non dovete essere senza speranza, la speranza fa parte del vostro essere. Un giovane senza gioia e speranza e preoccupante. Non è un giovane. E spesso finisce per andarla a cercare dai venditori di morte”. “Per favore non vendete la vostra gioventù ai mercanti di morte. Voi tutti capite a chi mi riferisco (cioè i trafficanti di droga, ndr)”.Di qui l’invito “a fidarsi di Gesù, che non vende illusioni”. Francesco offre a questo proposito una straordinaria testimonianza della propria vocazione, di cui ieri ricorrevano i 60 anni. “Ve lo dico non perché mi facciate una torta – scherza il Papa – ma per testimoniare che non sono pentito. Sono stati 60 anni sulla strada del Signore, con momenti felici, ma anche con fallimenti, fragilità, peccati. Ma io sono felice e mi sento forte non perché sono Tarzan – dice suscitando l’ilarità generale – ma perché anche nel momento del peccato e della fragilità ho guardato Gesù, mi sono fidati di Lui e non mi ha mai abbandonato. Fidatevi di Gesù”, sottolinea.“Giovani di Sardegna, prendete il largo e calate le reti. Seguire Gesù è impegnativo, vuol dire non accontentarsi di piccole mete, del piccolo cabotaggio, ma puntare in alto con coraggio”. “Non è buono fermarsi al “non abbiamo preso nulla” - aggiunge in riferimento alla nota pagina di Vangelo in cui Pietro ritorna a pescare su suggerimento del Signore – C’è la minaccia del lamento, della rassegnazione. Questi li lasciamo a quelli che seguono la “dea lamentela”. Quando tutto sembra fermo e stagnante, quando i problemi personali ci inquietano, i disagi sociali non trovano le dovute risposte, non è buono darci per vinti. La strada è Gesù: farlo salire sulla nostra “barca” e prendere il largo con Lui”. Infine due raccomandazioni: “Non esitate a spendere la vostra vita per testimoniare con gioia il Vangelo, specialmente ai vostri coetanei. Il vostro contributo è indispensabile per la missione della Chiesa”. E l’invito alla preghiera: “Pregate spesso la Madonna di Bonaria: è una buona mamma”.