“Che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia?”. Attorno a questa domanda il Papa ha articolato il suo discorso alla conclusione del Sinodo. “Certamente - la risposta - non significa aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma aver cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto”. “Sicuramente - ha proseguito Francesco - non significa aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia. Significa aver sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana. Significa aver ascoltato e fatto ascoltare le voci delle famiglie e dei pastori della Chiesa che sono venuti a Roma portando sulle loro spalle i pesi e le speranze, le ricchezze e le sfide delle famiglie di ogni parte del mondo”.
"Superare l’ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”. È uno dei significati del Sinodo, nel discorso di chiusura pronunciato dal Papa. “Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente - e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli - hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa moduli preconfezionati, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi”. “Abbiamo visto, anche attraverso la ricchezza della nostra diversità, che la sfida che abbiamo davanti è sempre la stessa”, ha detto Francesco: “Annunciare il Vangelo all’uomo di oggi, difendendo la famiglia da tutti gli attacchi ideologici e individualistici”. Senza, però, “mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri”, ma cercando “di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che tutti gli uomini siano salvati”, ha detto il Papa inserendo il Sinodo nell’Anno straordinario della misericordia.“Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore”. Lo ha ribadito il Papa, che nel discorso di chiusura del Sinodo ha citato i suoi predecessori - Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI - e i loro pronunciamenti magisteriali sulla famiglia, per ricordare che è lo Spirito Santo “il vero protagonista e artefice del Sinodo”. “Per tutti la parola famiglia non suona più come prima, al punto che in essa troviamo già il riassunto della sua vocazione e il significato di tutto il cammino sinodale”.