"Coloro che perseguitano Cristo nei suoi fedeli non fanno differenze di confessioni: li perseguitano semplicemente perché sono cristiani". È questo uno dei passaggi forti del discorso di Papa Francesco alla sessione plenaria del Consiglio per la promozione dell'Unità dei Cristiani. Un argomento che viene dimostrato dai fatti tutti i giorni in tanti Paesi del mondo. E partendo da questa osservazione ha parlato "dell'ecumenismo del sangue", ovvero la capacità dei cristiani di dare testimonianza fino a donare la vita.
Un ecumenismo che, ha osservato Bergoglio "proprio l'"Unitatis redintegratio" invitava a valorizzarlo riconoscendo, nei fratelli e nelle sorelle di altre Chiese e Comunità cristiane, la capacità, donata, di dare testimonianza a Cristo fino al sacrificio della vita. Tali testimonianze non sono mai mancate in questi cinquant'anni e continuano anche ai nostri giorni. Sta a noi accoglierle con fede e lasciare che la loro forza ci spinga a convertirci ad una fraternità sempre più piena".
"Dobbiamo riconoscere che tra cristiani siamo ancora divisi - ha ripreso Francesco - e che divergenze su nuovi temi antropologici ed etici rendono più complicato il nostro cammino verso l'unità". Tuttavia, ha aggiunto il Papa al Consiglio per l'Unità dei Cristiana, "non possiamo cedere allo sconforto e alla rassegnazione, ma continuare a confidare in Dio che pone nei cuori dei cristiani semi di amore e di unità, per affrontare con slancio rinnovato le sfide ecumeniche di oggi".
Il Papa ha anche osservato come i "cristiani di diverse Chiese e Comunità ecclesiali si adoperano insieme al servizio dell'umanità sofferente e bisognosa, per la difesa della vita umana e della sua inalienabile dignità, per la salvaguardia del
creato e contro le ingiustizie che affliggono tanti uomini e popoli". E poi ha sottolineato come grazie all'insegnamento del Concilio Vaticano II è "cambiato l'atteggiamento di noi cattolici nei confronti dei cristiani di altre Chiese e Comunità ecclesiali". In quanto "appartengono ormai al passato l'ostilità e l'indifferenza, che avevano scavato fossati apparentemente incolmabili e prodotto ferite profonde, mentre è stato avviato un processo di guarigione che consente di accogliere l'altro come fratello o sorella, nell'unità profonda che nasce dal Battesimo".
Il Papa ha citato molte volte, quindi, il decreto del Concilio Vaticano II
sull'ecumenismo Unitatis redintegratio. E ha voluto anche ricordare che ricorrono i 50 anni della promulgazione e che "in quel 21 novembre 1964 furono promulgati anche la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium e il Decreto sulle Chiese Orientali Cattoliche Orientalium Ecclesiarum. L'insieme di questi tre documenti, così profondamente legati l'uno all'altro, offre la visione della ecclesiologia cattolica come è stata proposta dal Concilio Vaticano II". L'auspicio è
che tutto ciò "possa continuare ad ispirare l'impegno ecumenico della Chiesa nel mutato scenario di oggi".
"Questo cambiamento di mentalità, realizzato grazie ad Unitatis redintegratio e all'azione ecumenica che ne è conseguita, - ha sottolineato Francesco- può e deve penetrare sempre più a fondo nell'insegnamento teologico e nella prassi pastorale delle Diocesi, degli Istituti di vita consacrata, delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. In tutti i fedeli dev'essere sempre viva la coscienza dell'impegno che comporta la volontà di Gesù espressa nella sua preghiera al Padre alla vigilia della passione: Che tutti siano una sola cosa".
"Questo anniversario ci invita anche a rendere grazie a Dio per i molti frutti che durante questo mezzo secolo sono stati raccolti. In particolare, si è avverato ciò che il Concilio aveva raccomandato, cioè l'apprezzamento di quanto di buono e di vero vi è nella vita dei cristiani di ogni comunità. Tutto ciò ha permesso di approfondire i contatti con molte Chiese e Comunità ecclesiali e di sviluppare nuove forme di collaborazione. Molto importanti sono state, al riguardo, le traduzioni ecumeniche della Sacra Scrittura", ha spiegato.