Padre Federico Lombardi, che dal primo marzo
lascia dopo 25 anni l'emittente del Papa, sintetizza così, in un'intervista alla Radio vaticana, una delle
maggiori sfide per il sistema dei media vaticani, la cui riforma
procede gradualmente dopo la creazione di una Segreteria per la
comunicazione e una serie di accorpamenti, tra cui quello tra
Radio e Centro televisivo vaticano (Ctv), accorpamento per il
quale l'incarico finora affidatogli alla Radio non verrà
mantenuto.
73 anni, piemontese di Saluzzo, gesuita come dalla
fondazione nel 1931 sono stati i dirigenti della Radio Vaticana,
e che dal 2001 al 2013 ha diretto anche il Ctv, ha rilasciato
una ampia intervista alla emittente pontificia proprio sui 25
anni che vi ha trascorso, prima come direttore dei programmi,
dal '91 al 2005, e poi come direttore generale, dal 2005 ad
oggi.
L'intervista è ricca di fatti, osservazioni e prospettive:
il "periodo più felice" gli anni da direttore dei programmi,
calato "a tempo pieno" nella "missione" della Radio. Il
"dispiacere" più grande: la non realizzazione del programma in
lingua hausa, richiesto dai vescovi nigeriani per la zona teatro
delle violenze di Boko Haram, che sarebbe costato 30 euro al
giorno: "per i nigeriani fu una delusione molto grave". Il
"tempo più travagliato", "quello delle accuse per il cosiddetto
elettrosmog": "era duro essere accusati, in modo certamente
ingiusto, di fare del male, perfino di uccidere i bambini".
Dai racconti emerge la passione di Lombardi per l'orizzonte
mondiale della informazione della Radio, che gode dell'apporto
di persone di "60 nazionalità, con culture, lingue e alfabeti
diversissimi". Riemerge anche l'importanza trasmissioni ad
onde-corte voce della Chiesa nei paesi in cui era oppressa dai
totalitarismi, soprattutto comunisti.
Alcuni servizi, afferma
Lombardi, "si potevano, posso dire ancora si possono? fare solo
con esse. È questo il motivo - rivendica - per cui noi, anche
io personalmente, ne ho difeso pervicacemente l'uso fino ad oggi
e sono immensamente grato ai colleghi del Centro di Santa Maria
di Galeria" che hanno conservato l'operatività del Centro, "nel
suo genere un vero gioiello, con rigorosa economicità".
Internazionalità e multimedialità restano fondamentali nel nuovo
sistema, come sono stati per la Radio rispettivamente dalla
fondazione e dalla fine del secolo scorso: "Già quando
festeggiammo il 75.mo della Radio, nel 2006 - ricorda padre
Lombardi - io cercai di far passare il discorso che noi ci
chiamavamo sì ancora Radiovaticana, ma in realtà non eravamo più
una radio nel senso stretto del termine, eravamo diventati un
importante centro di produzione di informazioni e
approfondimenti multilinguistico e multiculturale che diffondeva
il suo servizio con le tecnologie e le forme più appropriate per
raggiungere il pubblico nelle diverse parti del mondo".
"Ho
amato il nome della Radio Vaticana - aggiunge il portavoce del
Papa - che esprime una grande storia, ma nei tempi recenti ho
sentito questo nome in certo senso come una trappola, una fonte
di equivoco, perché lasciava pensare che noi fossimo bloccati a
produrre solo programmi audio per la diffusione radiofonica
tradizionale e questo rinforzava naturalmente le obiezioni dei
critici, che ci accusavano di spendere molto per una attività
limitata ad un solo medium, e per di più tradizionale". Bastava
guardare il sito per capire che non era vero, e comunque,
riflette Lombardi, "credo che sia bene ora andare al di là del
nome Radio Vaticana, per liberarci del peso di questo equivoco;
nella riforma questo avverrà naturalmente".
La riforma del sistema dei media dovrebbe portare risparmi
economici, "è vero - spiega padre Lombardi - anche se non
bisogna dimenticare che l'impegno per il risparmio non comincia
da oggi" e cita la riduzione alla Radio di 70 unità senza
licenziamenti e "conservando nella sostanza la produzione dei
contenuti", e risparmi sulle trasmissioni ad onde corte. La
radio offre poi tutta una serie di servizi di copertura di
eventi, di rappresentanza del Vaticano nel mondo delle
telecomunicazioni e dei broadcaster internazionali, di
traduzione nelle diverse lingue richieste dalla segreteria di
Stato.
"Tutti questi servizi - osserva il padre gesuita - si
possono riorganizzare e redistribuire nel più ampio contesto
della riforma, ma se poi non si vogliono eliminare avranno
bisogno di personale e strumenti come prima, in certi casi anche
più di prima e i costi continueranno ad esserci, anche se non
saranno più imputati alla Radiovaticana...Insomma, non bisogna
illudersi di potere fare molto di più e meglio investendo meno
risorse. La comunicazione - rimarca - costa e continuerà a
costare, ma è giusto e necessario continuare ad investire in
essa, se no la riforma verrà costretta in una gabbia troppo
stretta".
"È una bella sfida - dice ancora padre Lombardi -
come tener veramente presenti i poveri, come combattere la
'cultura dello scartò nel mondo nuovo della comunicazione".
L'intervista di Lombardi si conclude con l'osservazione che
"nel contesto della riforma il Papa ha manifestato il desiderio
che i gesuiti continuino un servizio nel campo della
comunicazione", e "bisognerà vedere come si possa identificare
chiaramente una nuova area di responsabilità dei gesuiti".
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: