lunedì 12 maggio 2014
​Ha guidato la diocesi veneta per 23 anni fino al 2000. Si è spento ieri a 88 anni, all'ospedale dove era stato ricoverato da marzo per le conseguenze della frattura del femore. (Francesco Dal Mas)
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Il patriarca emerito di Venezia Marco Cè è morto ieri sera, lunedì 12 maggio, all’ospedale Santi Giovanni e Paolo di Venezia, dove era ricoverato dal 19 marzo per le conseguenze della frattura del femore. «Come vivo i miei 88 anni ormai suonati? La prima cosa che mi viene da dire – confessò recentemente – è che li vivo con stupore e riconoscenza». La sera della Domenica delle Palme aveva chiesto e ricevuto dal patriarca Francesco Moraglia l’unzione degli infermi. Le sue condizioni si erano poi ulteriormente aggravate nelle ultime ore. Proprio ieri sera Moraglia lo aveva confessato ricevendo da lui un ultimo "grazie". Cè era nato a Izano, provincia di Cremona e diocesi di Crema, l’8 luglio 1925. Ordinato sacerdote il 27 marzo 1948 a Crema nella sua diocesi di origine fu prima vicerettore e poi rettore del Seminario. Il 22 aprile 1970 venne eletto vescovo da Paolo VI e nominato ausiliare del cardinale Poma a Bologna. Il 30 aprile 1976 la nomina ad assistente ecclesiastico generale dell’Azione cattolica. Giovanni Paolo II lo chiamò quindi - era il 7 dicembre del 1978 - a guidare il patriarcato di Venezia di cui prese possesso canonico il 1° gennaio 1979 facendo il suo ingresso il 7 gennaio successivo. Fu creato cardinale, sempre da Wojtyla il 30 giugno 1979. Dopo 23 anni di governo pastorale della diocesi lagunare, dal 5 gennaio 2002 era divenuto patriarca emerito continuando, sino a pochi mesi fa, ad esercitare il suo ministero occupandosi soprattutto della cura spirituale delle persone e, in particolare, degli Esercizi spirituali diocesani. Nel 2006 aveva predicato gli Esercizi spirituali al Papa e alla Curia Romana. Stasera alle 20.30 nella Cattedrale di San Marco, il patriarca Moraglia presiederà la recita del Rosario. «Ogni mattina – aveva detto recentemente Cè – ringrazio il Signore per il dono del nuovo giorno e gli chiedo la grazia di viverlo bene e con riconoscenza: perchè se è vero che molte cose che una volta facevo, adesso non sono più in grado di farle, è altrettanto vero che i giorni che il Signore mi dà, ad uno ad uno ormai, sono pieni di belle cose».

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