«Autentica maestra di teologia». Così Ildegarda di Bingen, monaca professa dell’Ordine di San Benedetto, è stata definita da Benedetto XVI, che domenica, nella Messa di apertura del Sinodo, sul sagrato della Basilica di San Pietro, è stata proclamata dottore della Chiesa. Una teologia, quella di Ildegarda, che è frutto di un’«esperienza di penetrante comprensione della rivelazione divina e di intelligente dialogo con il mondo». La religiosa tedesca è vissuta dal 1098 al 1179. Nacque, ultima di dieci fratelli, a Bermersheim vor der Höhe, vicino ad Alzey, nell’Assia-Renana.Nella sua vita fu, oltre che monaca, scrittrice, musicista, cosmologa, artista, drammaturga, guaritrice, linguista, naturalista, filosofa, poetessa, consigliera politica, profetessa e compositrice. In un recente convegno promosso a Vittorio Veneto dal «Centro Studi Claviere», in collaborazione con la diocesi, il Comune e la Provincia di Treviso e con la partecipazione di ben 170 studiosi da tutta Italia, è stata messa in rilievo l’attualità di Ildegarda sottolineando che «oggi l’esemplarità di Ildegarda, già coltivata nell’alveo delle discipline accademiche (teologia, filosofia, medicina), trova un riscontro ampliato in ambiti di pensiero di più recente configurazione o prassi: la musica medievale e lo studio dell’arte miniata, la fitoterapia e l’erboristeria, la concezione olistica della creatura umana in equilibrio armonico fra corpo, anima e psiche». «A ciò si aggiunga – sintetizza le conclusioni la professoressa Elena Modena, coordinatrice della "due giorni" di Vittorio Veneto insieme a Cristina Falsarella – l’autobiografico descriversi come una donna che si fa semplicemente tramite di un sapere rivelato, la cui preziosa complessità non può che richiamare a un cammino d’elevazione interiore, suggerito potenzialmente a ognuno». La santità di Ildegarda ne ha messo ancor più a fuoco l’umanità, «la cui forza – spiega ancora Modena – ha consentito una vita straordinariamente operosa; a sua volta la spiritualità della santa, coltivata fin dall’età bambina in ambito strettamente monacale, s’è tramutata nell’età avanzata in afflato volto anche al mondo, manifestato nel concreto della predicazione in spazi ecclesiali ben lontani dal suo convento». Ildegarda insegna ancor oggi che «la vita virtuosa – così la monaca benedettina Annamaria Valli al convegno – è esperienza dell’apertura di sensi incantati per le autentiche sorprese dell’irruzione di Dio, che trasmette a noi una generosa eccedenza di agape. Noi l’accogliamo se ne assaporiamo il prezzo: quella della nostra trasformazione, non volontaristica, ma spirituale». Per Lucia Tancredi, autrice di «Ildegarda. La potenza e la grazia», dalla monaca teologa emerge «l’immane forza connaturata a una creatura dal corpo fragile e dalla salute cagionevole, la capacità profetica di una donna che in età matura assume il compito dello scrivere quanto era stata destinata a vedere, udire e percepire non in stato d’estasi o di frenesia, ma in condizioni di perfetta coscienza, sia pur con gli occhi dell’anima». E quanto al tema della salute e della cura nell’ottica ildegardiana, Francesca Serra e Sabrina Melino, due studiose, hanno sostenuto che le malattie dell’uomo nascono dagli abusi, dall’eccedenza, dalla mancanza di «discretio», dalla perdita del limite, dalle dipendenze, siano esse affettive o chimiche. Senza la ricerca di una sintesi interiore, senza il lavorio dell’«opus cordis», «siamo destinati a un sofferto bipolarismo».