martedì 25 agosto 2015
Il moderatore della Tavola spiega: il punto del perdono per le persecuzioni del passato è stato interpretato male.
Sul comune cammino di Marco Impagliazzo
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Domenica i lavori del Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste si sono aperti con la lettura dei messaggi indirizzati al moderatore della Tavola valdese, pastore  Eugenio Bernardini, da parte di Papa Francesco e del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. I Valdesi hanno espresso "Rispetto e commozione" nella loro risposta. Ma non hanno gradito le interpretazioni che parte della stampa ha dato del loro scritto, giudicandolo in qualche modo come negativo nei confronti del Papa, il merito al perdono da lui chiesto. E la reazione non si è fatta attendere. "Uno svarione incredibile", "una voce fuori dal coro", una "interpretazione superficiale" chi oggi dice che i valdesi riuniti in Sinodo a Torre Pellice hanno risposto "no" alla richiesta di perdono che il pontefice, lo scorso 22 giugno nella sua visita alla chiesa valdese di Torino, aveva rivolto per "gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani" che, nella storia, la Chiesa cattolica ha avuto nei loro confronti. A correggere le interpretazioni apparse oggi sulla stampa è il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, che in una intervista al Sir spiega: "Il clima con solo 6 astenuti (su 180 sinodali, ndr) in un dibattito che è durato varie ore, è assolutamente positivo, di volontà di impegno, di desiderio di voltare pagina". A essere mal interpretata è il passaggio della lettera in cui il sinodo scrive: "Questa nuova situazione non ci autorizza però a sostituirci a quanti hanno pagato col sangue o con altri patimenti la loro testimonianza alla fede evangelica e perdonare al posto loro". "Forse - commenta Bernardini - è un passaggio troppo teologicamente raffinato che il Papa invece comprenderà benissimo perchè la problematica è nel dibattito dei cristiani ed è stata sollevata molto volte, per esempio nel caso della Shoah". "In quel passaggio - precisa quindi il moderatore della Tavola Valdese - noi spieghiamo tecnicamente che è come se si andasse in confessionale e si dicesse al padre che un nostro amico ha commesso un peccato e si pente moltissimo. E gli chiediamo cosa possiamo fare. È chiaro che il padre dirà: fallo venire qui, che parli con mè. Questo per dire che non si può parlare per interposta persona". Quindi "per quanto concerne noi, sì", la richiesta di perdono è accettata ma "dal punto di vista della procedura penitenziale cattolica è chiaro che questo si situa su un livello di dichiarazione e non su un piano diretto della vittima. Noi personalmente non abbiamo subito quelle tragedie". Le letture che sottolineano invece un rifiuto da parte dei valdesi della richiesta del Papa dipendono dalla "inesperienza". Facciamo un passo indietro. Tramite una lettera firmata dal segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, Papa Francesco, come già fece l'anno scorso, ha inviato il suo «cordiale e fraterno saluto, quale segno della sua spirituale vicinanza» ai partecipanti al Sinodo. Nel testo il Pontefice assicura «un fervido ricordo nella preghiera affinché il Signore conceda a tutti i cristiani di camminare con sincerità di cuore verso la piena comunione, per testimoniare Gesù Cristo e il suo vangelo, cooperando al servizio dell'umanità, in particolare in difesa della dignità della persona umana, nella promozione della giustizia e della pace e nel dare risposte comuni alla sofferenza che affligge tanta gente, specialmente i poveri e i più deboli». E aveva poi affrontato il tema del perdono. Nel pomeriggio di ieri il Sinodo ha approvato una lettera a papa Francesco nella quale si sottolinea che i 180 partecipanti hanno ricevuto «con profondo rispetto, e non senza commozione, la richiesta di perdono da Lei rivolta». Il gesto di Francesco è stato accolto dal Sinodo «come ripudio non solo dalle tante iniquità compiute ma anche del modo di vivere la dottrina che le ha ispirate». Nella richiesta di perdono i valdesi e metodisti colgono «la chiara volontà» del Papa di «iniziare con la nostra Chiesa una storia nuova, diversa da quella che sta alle nostre spalle in vista di quella 'diversità riconciliata' che ci consenta una testimonianza comune al nostro comune Signore Gesù Cristo. Le nostre Chiese sono disposte a cominciare a scrivere insieme questa storia, nuova anche per noi». «Il dialogo fraterno che oggi conduciamo - prosegue la lettera - è dono della misericordia di Dio, che molte volte ha perdonato, e ancora perdona, la sua e la nostra Chiesa, invitandole al pentimento, alla conversione e a novità di vita, permettendo loro così di assumere ogni giorno di nuovo il compito di servirlo».
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