lunedì 15 giugno 2015
Accorato appello del Pontefice, nel corso dell'udienza plenaria della Roaco, sulla situazione in Medio Oriente. "Indegno che migliaia di persone siano meno importanti di petrolio e armi".   IL TESTO INTEGRALE
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​Un accorato appello affinché il mondo apra gli occhi sulle indicibili sofferenze dei cristiani perseguitati in Medio Oriente. Papa Francesco ha colto l’occasione dell’udienza alla plenaria della Roaco per denunciare che in tante terre dall’Iraq alla Siria, oggi la vita di migliaia di persone conta meno del petrolio e delle armi. Ancora, Francesco ha ribadito che è intollerabile il comportamento di chi proclama la pace a parole ma poi, in concreto, semina la morte. Il saluto al Papa è stato rivolto dal cardinale prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, Leonardo Sandri. Il seme della pace non ha prodotto i frutti sperati. Parte da un ricordo l’udienza di Francesco alla Roaco. Il Papa rammenta che l’ultimo incontro con l’organismo che sostiene le Chiese Orientali era avvenuto l’anno scorso a pochi giorni dal viaggio apostolico in Terra Santa e dalla successiva Supplica per la Pace in Vaticano. Tutti, sottolinea, “avremmo desiderato che il seme della riconciliazione avesse prodotto più frutti”: “Altri eventi che hanno ulteriormente sconvolto il Medio Oriente, da anni segnato da conflitti, ci fanno sentire il freddo di un inverno e di un gelo nel cuore degli uomini che sembra non finire. La terra di quelle regioni è solcata dai passi di quanti cercano rifugio e irrigata dal sangue di tanti uomini e donne, tra i quali numerosi cristiani perseguitati a causa della loro fede” Portare ai cristiani perseguitati lo sguardo di Gesù Nel recente viaggio in Iraq di una vostra delegazione, prosegue il Papa, “avete incontrato volti concreti, in particolare gli sfollati della Piana di Ninive, ma anche piccoli gruppi provenienti dalla Siria”: “Avete portato loro lo sguardo e la benedizione del Signore. Ma al tempo stesso sentivate che in quegli occhi che chiedevano aiuto e supplicavano la pace e il ritorno alle proprie case era proprio Gesù stesso che vi guardava, chiedendo quella carità che ci fa essere cristiani”. “Ogni opera di aiuto, per non cadere nell’efficientismo o in un assistenzialismo che non promuove le persone e i popoli – sottolinea riprendendo la Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia – deve rinascere sempre da questa benedizione del Signore che ci giunge quando abbiamo il coraggio di guardare la realtà”. La vita di migliaia di persone non può pesare meno del petrolio Il Papa riconosce poi che “sembra che il mondo abbia avuto un sussulto di coscienza e abbia aperto gli occhi, rendendosi conto della presenza millenaria dei cristiani nel Medio Oriente”. E sottolinea, in particolare, che si sono “moltiplicate iniziative di sensibilizzazione e di aiuto per loro e per tutti gli altri innocenti ingiustamente colpiti dalla violenza”. “Tuttavia, ci sarebbe da compiere un ulteriore sforzo per eliminare quelli che appaiono come taciti accordi per i quali la vita di migliaia e migliaia di famiglie – donne, uomini, bambini, anziani – sulla bilancia degli interessi sembra pesare meno del petrolio e delle armi, e mentre si proclama la pace e la giustizia si tollera che i trafficanti di morte agiscano in quelle terre. Vi incoraggio pertanto, mentre proseguite il servizio della carità cristiana, a denunciare ciò che calpesta la dignità dell’uomo”. Aiutare le comunità cristiane di Etiopia ed Eritrea Francesco osserva dunque che la plenaria della Roaco è dedicata anche all’Etiopia, all’Eritrea: “Voi potete aiutare queste antichissime comunità cristiane a sentirsi partecipi dalla missione evangelizzatrice e ad offrire, soprattutto ai giovani, un orizzonte di speranza e di crescita. Senza questo, non potrà arrestarsi il flusso migratorio che vede tanti figli e figlie di quella regione mettersi in cammino per giungere alle coste del Mediterraneo, a rischio della vita”. Nazione armena custode di fede e martirio Né dimentica di ricordare che la Roaco si occuperà anche dell’Armenia, “culla della prima nazione che ricevette il battesimo”, ricorda il Papa, e che “custodisce essa pure una grande storia ricca di cultura, di fede e di martirio”. Francesco ha dunque concluso il suo discorso riprendendo un passo dell’Inno sulla Resurrezione di Sant’Efrem: “Accetta, nostro Re, la nostra offerta, e donaci in cambio la salvezza. Pacifica le terre devastate, riedifica le chiese incendiate affinché, quando vi sarà grande pace, una grande corona possiamo intrecciarti di fiori provenienti da ogni parte, perché sia incoronato il Signore della pace”
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