Solo un Vangelo ne parla, quello di Matteo: «Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”... Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra». Mbè – direte voi – che c’è di strano? È la storia dei re magi! Già: questo è ciò che è scritto; ma provate invece a osservare quello che non c’è... Non si parla di cammelli, per esempio, e nemmeno di re; non si dice che li guidava una cometa, ma soltanto una stella senza coda; e dei nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre non c’è traccia, per non parlare del fatto che uno dei tre fosse di pelle nera. Anzi, a dir la verità, leggendo per benino il Vangelo non troverete mai che i misteriosi personaggi venuti da Oriente erano tre... E allora? Tutte favole, tutte invenzioni? Di sicuro tra la storia narrata in parole stringate da Matteo e quella che noi conosciamo (e anzi viene riprodotta in molti luoghi d’Italia con fastosi cortei e persone addobbate con vesti preziose) ci sono varie differenze; però, se osserviamo bene, si tratta di particolari che la tradizione ha aggiunto proprio perché non riusciva a spiegarsi il racconto tanto misterioso secondo il quale personalità ricche e potenti giungono da molto lontano per adorare (addirittura!) un neonato sconosciuto e poverissimo... Ma allora chi sono davvero questi magi?
Un po' indovini un po' scienziati. Una cosa è certa: il «mago» dell’Epifania non è il prestigiatore che compie straordinari giochi di abilità con le carte o fa uscire colombe dal cilindro, tanto meno una specie di Merlino che con la bacchetta fatata trasforma gli uomini in ranocchi (e viceversa)... I magi del Vangelo non sono un’illusione o un cartone animato. Nell’antichità greca si definivano «magi» alcuni saggi della Persia, molto esperti in astronomia (infatti hanno saputo «seguire» il movimento di una stella fino a Gerusalemme); questi sapienti però non erano soltanto scienziati ma anche un po’ sacerdoti: soltanto loro sapevano interpretare certi «segni» che vedevano nel cielo come profezie oppure annunci di sciagure e per questo erano molto ascoltati dal popolo, che chiedeva loro di prevedere il futuro. Può darsi dunque che alcuni di tali studiosi, avendo scoperto qualcosa di insolito tra le costellazioni e dopo aver consultato i libri sacri che ne parlavano in collegamento con la nascita di qualche sovrano o condottiero, siano partiti «da oriente» per essere i primi a incontrarlo e a rendergli omaggio: magari per farselo amico, in vista della sua futura importanza. E che cosa si porta a una personalità destinata a essere grande e potente? Ovviamente dei doni degni di un re: uno scrigno d’oro – appunto –, incenso come profumo e mirra, una costosa pomata che a quei tempi si usava per guarire le malattie o curare le ferite. Quello che il Vangelo descrive si può dunque spiegare in questo modo; anche se avremmo voluto che Matteo ci spiegasse qualcosa di più.