Chi non conosce la tenerezza di Dio non conosce la dottrina cristiana: è quanto ha detto il Papa nell'omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta, dedicata in gran parte alla figura di Giuda.
Il servizio di Sergio Centofanti per Radio vaticana
Giuda, immagine evangelica della pecora smarrita
Al centro dell’omelia del Papa è il Vangelo della pecora smarrita con la gioia per la consolazione del Signore che non smette mai di cercarci. “Lui viene come un giudice” – spiega Francesco – “ma un giudice che carezza, un giudice che è pieno di tenerezza: fa di tutto per salvarci”: non viene “a condannare ma a salvare”, cerca ognuno di noi, ci ama personalmente, “non ama la massa indistinta”, ma “ci ama per nome, ci ama come siamo”. La pecora smarrita – commenta il Papa – “non si è persa perché non aveva la bussola in mano. Conosceva bene il cammino”. Si è persa perché “aveva il cuore malato”, accecato da una “dissociazione interiore” e fugge “per allontanarsi dal Signore, per saziare quel buio interiore che la portava alla doppia vita”: essere nel gregge e scappare nel buio. “Il Signore conosce queste cose” e “va a cercarla”. “La figura che più mi fa capire l’atteggiamento del Signore con la pecora smarrita - confessa il Papa - è l’atteggiamento del Signore con Giuda”.
“La pecora smarrita più perfetta nel Vangelo è Giuda: un uomo che sempre, sempre aveva qualcosa di amarezza nel cuore, qualcosa da criticare degli altri, sempre in distacco. Non sapeva la dolcezza della gratuità di vivere con tutti gli altri. E sempre, siccome non era soddisfatta questa pecora – Giuda non era un uomo soddisfatto! – scappava. Scappava perché era ladro, andava per quella parte, lui. Altri sono lussuriosi, altri… Ma sempre scappano perché c’è quel buio nel cuore che li distacca dal gregge. E’ quella doppia vita, quella doppia vita di tanti cristiani, anche, con dolore, possiamo dire, preti, vescovi… E Giuda era vescovo, era uno dei primi vescovi, eh? La pecora smarrita. Poveretto! Poveretto questo fratello Giuda come lo chiamava don Mazzolari, in quel sermone tanto bello: ‘Fratello Giuda, cosa succede nel tuo cuore?’. Noi dobbiamo capire le pecore smarrite. Anche noi abbiamo sempre qualcosina, piccolina o non tanto piccolina, delle pecore smarrite”.
Il pentimento di Giuda
Quello che fa la pecora smarrita - sottolinea il Papa – non è tanto uno sbaglio quanto una malattia che c’è nel cuore e che il diavolo sfrutta. Così, Giuda, con il suo “cuore diviso, dissociato”, è “l’icona della pecora smarrita” e che il pastore va a cercare. Ma Giuda non capisce e “alla fine quando ha visto quello che la propria doppia vita ha fatto nella comunità, il male che ha seminato, col suo buio interiore, che lo portava a scappare sempre, cercando luci che non erano la luce del Signore ma luci come addobbi di Natale”, “luci artificiali”, “si è disperato”.
Il Papa commenta:”C’è una parola nella Bibbia - il Signore è buono, anche per queste pecore, non smette mai di cercarle - c’è una parola che dice che Giuda si è impiccato, impiccato e ‘pentito’. Io credo che il Signore prenderà quella parola e la porterà con sé, non so, può darsi, ma quella parola ci fa dubitare. Ma quella parola cosa significa? Che fino alla fine l’amore di Dio lavorava in quell’anima, fino al momento della disperazione. E questo è l’atteggiamento del buon pastore con le pecore smarrite. Questo è l’annuncio, il lieto annuncio che ci porta il Natale e che ci chiede questa sincera esultanza che cambia il cuore, che ci porta a lasciarci consolare dal Signore e non dalle consolazioni che noi andiamo a cercare per sfogarci, per fuggire dalla realtà, fuggire dalla tortura interiore, dalla divisione interiore”.
Il potere di Dio è la sua tenerezza
Gesù, quando trova la pecora smarrita non la insulta, anche se ha fatto tanto male. Nell’orto degli ulivi chiama Giuda “Amico”. Sono le carezze di Dio:“Chi non conosce le carezze del Signore non conosce la dottrina cristiana! Chi non si lascia carezzare dal Signore è perduto! E’ questo il lieto annuncio, questa è la sincera esultanza che noi oggi vogliamo. Questa è la gioia, questa è la consolazione che cerchiamo: che venga il Signore con la sua potenza, che sono le carezze, a trovarci, a salvarci, come la pecora smarrita e a portarci nel gregge della sua Chiesa. Che il Signore ci dia questa grazia, di aspettare il Natale con le nostre ferite, con i nostri peccati, sinceramente riconosciuti, di aspettare la potenza di questo Dio che viene a consolarci, che viene con potere ma il suo potere è la tenerezza, le carezze che sono nate dal suo cuore, il suo cuore tanto buono che ha dato la vita per noi”.