«Se uno di noi non si sente bisognoso della misericordia di Dio, non si sente peccatore, è meglio che non vada a Messa!». La frase tra le righe dell’udienza di ieri è netta; fatta per increspare il moto tranquillo dei pensieri, e non per appianarlo. Ma, volendo essere ancora più chiaro, il Papa ha insistito: «Noi andiamo a Messa perché siamo peccatori e vogliamo ricevere il perdono di Dio... Quel "Confesso" che diciamo all’inizio non è un "pro forma"...». E viene da domandarsi in effetti, la domenica, quando in chiesa pronunciamo coralmente quel "Confesso", quanto sappiamo che non diciamo per modo di dire, e che, davvero, ogni speranza cristiana di vita buona parte da lì: da quel pubblico reciproco ammettersi peccatori. Uomini che sbagliano; e, nella misura di questa coscienza, autenticamente uomini e figli di Dio.È una coscienza, questa del proprio peccato, desueta oggi come poche altre. Ovunque degli uomini stiano assieme e parlino, a casa, nei bar, in tv, nelle piazze, sempre inesorabilmente l’accento grava sulle colpe degli altri. Dei parenti o dei vicini, dei colleghi, degli immigrati o dei politici: ma sempre, ostinatamente, è colpa "degli altri". In questi anni anzi diremmo che la tendenza si è accentuata: si grida più forte, si insulta più facilmente, e ci si nasconde dietro l’anonimato dei commenti sul web, per ripetere con maggiore acrimonia che, di tutto, è colpa "loro". È rimasta solo la Chiesa a ricordarci la sgradevole verità del peccato – il nostro. E a volte sembra che sì, la recitiamo quella parola la domenica, ma come svuotata di memoria, e di dolore.
E certo, questa coscienza è una questione interiore. E però pensiamoci, quanto cambierebbe questo Paese già domani, se ognuno invece di accusare il prossimo cominciasse a cercare di cambiare in sé, con l’aiuto di Dio, gli stessi egoismi, le bugie, l’indifferenza che rimprovera agli altri. Sarebbe un giorno un po’ diverso; non di durezza e rancore, ma di occhi attenti, e mani tese, e di tempo passato ad ascoltare chi ci è accanto. Sarebbe un giorno strano, pensoso; meravigliato forse di quanto già cambia lo sguardo, nel riconoscersi davvero figli, e peccatori – cioè, quel che si è.