C’è un atteggiamento sconcertante nell’uso delle parole che riguardano questa crisi finanziaria globale ed europea. Alcune sono pronunciate con letale leggerezza, quasi che l’intento sia quello di spostare "appena un po’", ma continuamente, l’approdo nel quale all’esausto nuotatore è stata fatta intravedere la tanto agognata salvezza. Affermare in televisione, come ha fatto il ministro delle Finanze austriaco, che anche l’Italia, dopo la Spagna, «potrebbe avere bisogno d’aiuto» non fa che rafforzare quella sfiducia sull’esito conclusivo degli interventi di sostegno della Ue che i mercati manifestano da tempo. Significa, tanto per intenderci, avvalorare l’idea di un contagio inevitabile tra Spagna e Italia che rischia di rendere vani i sacrifici di tanti a tutto vantaggio di pochi. "Roba da untori", avrebbero osservato nella Milano della peste seicentesca. Non a caso il premier Monti è subito intervenuto definendo «inappropriato» l’intervento del ministro austriaco.«Contagio» è una parola che oggi evoca un terrore quasi ancestrale. Troppo spesso viene infatti pronunciata come se ci trovassimo di fronte a una delle ricorrenti epidemie di peste nera che ciclicamente hanno attraversato l’Europa per secoli, sterminandone la popolazione. "La nera signora con la lunga falce avanza": quasi fosse uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse, inconoscibile ma ineluttabile. E di lì, lamentazioni e geremiadi e inviti a penitenze e purificazioni che, dal punto di vista economico, sono vere sciocchezze, neppure tanto innocue, a ben guardare.Eppure contagiosa è anche l’influenza che, da quando esistono vaccini e antibiotici, ha smesso di essere un flagello sterminatore. Sarà che l’ultima grande influenza killer, scoppiata al finire della Prima guerra mondiale, venne battezzata "spagnola", ma oggi si parla di «contagio spagnolo» con lo stesso terrore che faceva dire ai nostri bisnonni «ne ha uccisi più la spagnola che la guerra». E sì che la malattia che affligge l’Europa è sicuramente grave ma niente affatto sconosciuta, così come non sono ignote le cause e le terapie. Per fortuna non crediamo più agli untori e non bruceremo povere streghe sui roghi. Semmai, è l’affannarsi di medici con ricette troppo diverse al capezzale del malato che rischia di far perdere tempo prezioso. Persino il solitamente compassato Sole 24 ore ieri titolava «Schnell Frau Merkel!». Nel frattempo, in un’intervista concessa la notte prima alla
Cnn, Christine Lagarde (numero uno del Fondo monetario internazionale) sforbiciava ulteriormente i 3 mesi di tempo a disposizione dell’Europa per salvare l’euro cui aveva fatto riferimento appena qualche settimana fa George Soros. Un tempo che rischia davvero di essere bruciato nella rissa quotidiana sulla ripartizione dei costi della cura che tutti sanno benissimo essere necessaria. Altro che peste nera e contagi inevitabili. Oggi in Europa la terapia che consenta di impedire qualunque ulteriore contagio, sconfiggere la rassegnazione fatalista e tornare a crescere è nota: è fatta di eurobond, unificazione dei debiti pubblici europei, accesso diretto delle banche al Fondo salva Stati e garanzia unica dei depositi bancari europei: tutte misure che rappresentano la premessa per politiche di sviluppo credibili ed efficaci. È l’unica via per dimostrare con il peso dei fatti e non con la leggerezza delle parole che nessuno in Europa, neppure a Berlino, si illude che esistano <+corsivo>exit strategies <+tondo>nazionali da questa crisi. È il solo strumento per convincere i mercati che scommettere sulla ripresa di Eurolandia sia più conveniente che scommettere sulla sua dissoluzione. È il modo più perentorio per affermare che l’Europa andrà fino in fondo ma non andrà a fondo e per impedire che parole come "contagio spagnolo" si trasformino in pietre. Tombali.