sabato 21 settembre 2024
L’impegno delle comunità del dipartimento di Buenos Aires riesce a offrire prospettive di speranza in un contesto difficile, e messo alla prova del «miracolo argentino» rievocato dal presidente Milei
Uno dei murales realizzati dall’associazione "Cruz del Sur" nel quartiere di La Matanza, provincia di Buenos Aires

Uno dei murales realizzati dall’associazione "Cruz del Sur" nel quartiere di La Matanza, provincia di Buenos Aires - Sara Bottino

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«Fino a dieci anni fa, quando passavi qui in treno dovevi abbassarti perché volavano pietre ovunque: tutti i ragazzi del quartiere bombardavano il treno a sassate». Arrivare nel cuore di La Matanza, il più grande e pericoloso dipartimento della provincia di Buenos Aires era un viaggio surreale fatto di finestre blindate. A ricordarlo è Roberto Rodríguez, “muralista” dell’associazione Cruz del Sur che dal 2006 svolge un lavoro di prevenzione delle dipendenze e della violenza attraverso murales religiosi, nei quali la componente cattolica si fonde alla cultura popolare. Ma i cambiamenti positivi degli ultimi anni si scontrano con quelli devastanti portati dal nuovo governo di Javier Milei.

«Questa zona marginale era una grande discarica, con una storia molto violenta, fatta di narcotraffico e tratta di persone. Tanti giovani si suicidavano gettandosi sotto il treno». Siamo sulla Ruta 3, la statale che con i suoi 3mila chilometri attraversa tutto il Paese fino alla Terra del Fuoco. È partita da qui la protesta che nel dicembre 2001 portò alle dimissioni del presidente Fernando de la Rúa. Venne dichiarato il default e in dieci giorni nella Casa Rosada si avvicendarono cinque diversi inquilini. Era la fine di quello che era stato definito il “miracolo argentino” che, a colpi di liberalizzazioni, privatizzazioni e, soprattutto, con l’adozione di un regime monetario di convertibilità (un peso argentino corrispondeva a un dollaro statunitense), mise il Paese in ginocchio. Oggi è il presidente ultraliberista Milei a riprendere quell’espressione, “miracolo argentino”, per parlare della gestione economica del proprio governo.

La situazione ereditata da Milei era già catastrofica. Guardando solo agli ultimi anni, tra il 2015 e il 2019 durante il governo di Mauricio Macri, a capo del movimento liberal-conservatore Propuesta Republicana (Pro), quasi 25mila aziende hanno chiuso, il salario minimo si è dimezzato e il tasso di interesse di riferimento duplicato. È poi stato il turno del peronista Alberto Fernández: l’inflazione ha raggiunto il 138% su base annua (la più alta dal 1991) e il tasso di povertà è arrivato al 40%. Il “piano motosega” di Milei ha effettivamente tagliato l’inflazione mensile che, secondo i dati pubblicati dal centro studi Cifra, è scesa al 4%. Ma il costo sociale è stato enorme. Si stima una perdita di oltre 655mila posti di lavoro nel primo trimestre rispetto all’ultimo del 2023 e un rincaro del costo di luce e gas, così come dei trasporti pubblici, del 600% a causa della riduzione dei sussidi. Nello stesso periodo il potere d’acquisto è diminuito del 20,7%.

Quando è entrato in carica, Milei ha disposto la proroga del bilancio nazionale del 2023 per l’anno 2024. Ha, cioè, approvato le stesse voci di spesa dell’anno precedente, nonostante il netto aumento dell’inflazione. Più soldi per lo Stato, ma interi settori rimasti senza adeguati finanziamenti. È quanto accaduto, ad esempio, con le università pubbliche. L’Università di Buenos Aires lo scorso aprile era stata costretta a dichiarare l’”emergenza di bilancio”, avvertendo che non sarebbe riuscita a sostenersi nella seconda parte dell’anno. Alla fine, il governo ha dovuto fare marcia indietro, trovando un accordo per aumentare il trasferimento di fondi statali. La situazione non è migliore per gli anziani: le pensioni sono tra le voci che hanno registrato la maggiore riduzione della spesa pubblica effettuata dal governo. Non è un caso se non si vedono quasi più anziani prendere un taxi nella capitale. « Prima erano i clienti per eccellenza, ora portiamo solo turisti», racconta il tassista che ci accompagna. «Usano gli autobus anche se fanno molta fatica, perfino se devono andare in ospedale».

Sara Bottino

Le conseguenze di questa “terapia shock”, qui a La Matanza, sono più che tangibili. « In un solo mese la demografia del luogo è cambiata completamente. La popolazione è cresciuta moltissimo e il quartiere si è ampliato: in queste settimane il Municipio sta svolgendo un censimento per capire la portata del fenomeno», spiega Rodríguez. « Non abbiamo ancora dati completi, ma negli ultimi sei mesi devono essere nati almeno cinque nuovi quartieri». È il grande esodo di chi è stato costretto a venire a vivere nelle baraccopoli.

«Qui non ha vinto», dice secco Rodríguez, riferendosi all’ultraliberista Milei eletto lo scorso novembre. «A La Matanza è stato l’altro partito politico, quello peronista, a prendere il 70% dei voti». Secondo l’ultima l’indagine sulle famiglie realizzata dall’Istituto nazionale di Statistica, nel primo trimestre di quest’anno la povertà è salita al 54,8% e colpisce 25 milioni di persone. Un anno fa era al 38,7%. «Siamo molto impressionati dal cambiamento economico negativo che c’è stato in così poco tempo, notiamo soprattutto una mancanza significativa di cibo nelle mense». Nei comedores comunitarios, circa 50mila in tutto il Paese, si continuano a preparare riso e zuppe, ma le persone in coda per ricevere un pasto sono sempre di più, e spesso non c’è cibo per tutti. Molte mense sono state costrette a chiudere per la mancata consegna di cibo da parte del governo. Nella scuola che incontriamo poco dopo, alcuni bambini disegnano seduti al banco, altri scorrazzano nella stanza. Manca poco all’ora di pranzo: « In alcuni casi, questo è l’unico posto in cui possono mangiare», racconta una delle responsabili.

Ad ogni lato del quartiere, i murales interrompono lunghi tratti in cui pareti e tetti sono lamiere di ferro. Camminiamo per quattro ore, e Rodríguez stesso si sorprende ogni volta nel vedere come tante cose sono cambiate in meglio negli ultimi anni grazie all’attività della Chiesa, nonostante le difficoltà che vive il Paese. Qui, il vero punto di riferimento per la comunità è padre Nicolás Angelotti, il giovane sacerdote di 38 anni che tutti conoscono come Tano. Oltre ai centri di recupero dalle dipendenze, sono stati creati un centro sportivo, un progetto di gastronomia, scuole e centri di formazione per elettricisti, muratori, falegnami, sarti. «Una delle cose buone di questo progetto degli Hogares de Cristo (i centri di recupero) è che i ragazzi non rimangono in un solo posto: ci sono varie fasi e, avendo più disponibilità di strutture, a volte li trasferiscono per allontanarli dal loro ambiente. Spesso i ragazzi conoscono solo il quartiere e la loro dipendenza. Con gli Hogares de Cristo hanno la possibilità di conoscere altre parti del Paese». Rodríguez al momento sta lavorando con un gruppo di adolescenti a cui insegna come dipingere i murales. « Li abbiamo portati a vedere il mare: nessuno di loro lo aveva mai visto. E la maggior parte non aveva mai preso la metropolitana e praticamente non conosceva la capitale». Grazie all’arte si è compiuta una piccola grande rivoluzione: « Non c’è bisogno di molte parole quando vedi che c’è la Vergine e l’immagine della famiglia. Qui per molto tempo non si dava importanza a nulla: l’unica cosa che si vedeva era molta violenza e tristezza. Ora le cose sono diverse».

Sara Bottino

Ma, negli ultimi mesi, il quartiere sta cambiando di nuovo. Rodríguez indica l’insieme di venditori ambulanti distribuiti nella piazza. « Prima di Milei non c’erano: vendono il poco che hanno per sopravvivere». « Persone che il mese scorso vivevano tranquillamente, che avevano un lavoro nell’industria, un’auto di proprietà, sono stati licenziati e ora non hanno più nulla. Molti che vivevano in affitto sono stati costretti a trasferirsi qui, nei quartieri più poveri di La Matanza». Un dato sorprendete riguarda il sostegno al governo. « Il cambiamento è stato così brutale e violento, ma nonostante tutto molte persone che hanno votato per Milei, anche se hanno perso tutto e si sono trasferite nelle zone più difficili di González Catán, continuano a sostenerlo. È surreale».

Nel primo pomeriggio ci accoglie a casa sua, dove ci sono una decina di ragazzi. Qualcuno sta preparando una torta e dei panini, qualcuno gioca saltando la corda. «Vengono qui alcuni giorni a settimana: leggiamo libri e guardiamo film. È un modo per evitare che stiano in strada», spiega Rodríguez. A guidare i più piccoli nella preparazione dei dolci c’è Esme. Dietro a un grande sorriso è costretta a raccontare: « Ho due figli da mantenere e mi è molto difficile andare avanti. Mi sono ammalata e devo comprare medicine a vita, ma sono molto care. Con l’inflazione, costano il triplo rispetto a prima». Chiude con un sospiro: « È molto complicato quello che stiamo passando. Mi vengono le lacrime agli occhi nel vedere tutto questo».

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