mercoledì 14 gennaio 2015
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Nessuna sottomissione in vista. La fantapolitica di Houellebecq Lo scrittore francese Michel Houellebecq ha rinunciato a promuovere il suo libro, Sottomissione, uscito in Francia il giorno della strage al “Charlie Hebdo” e atteso domani in Italia. Non che il libro di Houellebecq abbia avuto qualche attinenza con il massacro al settimanale satirico, ma quanto in esso si racconta, dipingendo una Francia al centro di una trasformazione inesorabile che la porterebbe, nel 2022, ad avere un presidente della Repubblica musulmano, richiama tristi ombre.  Un Continente che ha avuto l’Illuminismo e non l’ha più. Che ha avuto Voltaire, Pierre Bayle, Montesquieu e non li ha più. Che ha considerato l’Enciclopédie un monumento del sapere e la vede dissolta. Che è arrivato a conquistare il principio secondo cui la storia è ricerca della verità e se lo trova smontato. Insomma, nel romanzo di Houellebecq è la fine di tutto ciò che abbiamo considerato conquista imprescindibile della Ragione umana, la fine di una filosofia dei Lumi che «non ha più senso per nessuno o ce l’ha almeno per pochissime persone».  Ora va da sé che, se ben cucito alle vicende della storia, un simile destino della Francia e, per essa, dell’Europa, non solo sta in piedi, ma riesce ad apparire conseguente a tutto ciò che il pensiero occidentale ha prodotto di sbagliato e di illusorio. «Condenso un’evoluzione a mio avviso verosimile», dice Houellebecq. Ma poiché non si vive di sola ragione, ecco ricomparire, sul deserto dei Lumi, la religione: non la nostra, però, non la religione cristiana tatuata sulla nostra pelle da duemila anni, ma la religione islamica, vale a dire una concezione del mondo finora a noi del tutto estranea ma che, nel mutato orizzonte del secondo decennio del Duemila, sa precisare le sue promesse e, sul piano sociale, risolve le crisi economiche grazie alle “petromonarchie” del Golfo mentre,, sul piano socio-familiare, riapre tutte le porte del lavoro all’uomo chiudendole alla donna. Naturalmente nella fiction, ben guidata dalle capacità dell’autore, la storia tiene. Ma nella realtà? La grande, spettacolare manifestazione di Parigi dell’11 gennaio ha celebrato e magnificato valori quali l’unità, l’umanità, la fratellanza, l’amicizia, la cultura. Valori laici contenenti l’idea di libertà, di ogni libertà, ma escludenti qualsiasi discorso di fede religiosa collettiva.  Perché se è nel nome di Dio che hanno agito gli stragisti di “Charlie Hebdo”, Dio è meglio dimenticarlo e la fede è preferibile lasciarla stare. È la laïcité, certo, quella laïcité, quella divisione tra Stato e Chiesa, tra civile e religioso di cui il mondo occidentale va orgoglioso e che l’islam non concepisce. E tuttavia, figlia anch’essa dell’Illuminismo, la laïcité non è tutto.  Nell’uomo che sente e pensa si nasconde pur sempre un anelito, un’inquietudine, una brama, e chi lo sa ne approfitta. I giovani europei arruolati sotto nefaste bandiere dicono questo. E non per niente un altro scrittore francese, Emmanuel Carrère, nel lodare Houellebecq, per lui più potente di Huxley e Orwelll, arriva a sostenere (“Corsera” del 6.1.15) che la minaccia islamica potrebbe anche diventare «feconda» e l’islam rappresentare non il disastro, ma l’avvenire dell’Europa, come il giudeocristianesimo lo fu dell’Antichità.  Perché dopotutto è stata per Carrère una «mescolanza contro natura», quella dello spirito della ragione greco-romano e della strana superstizione giudeo-cristiana, a generare «quella cosa non insignificante chiamata civiltà europea».  Sulla nostra pelle, oggi, sentiamo tutti i difetti, le manchevolezze, le fragilità e le deficienze dell’Europa. Ma da qui a immaginare per la Francia e per chissà quante altre nazioni del Vecchio Continente un futuro islamico ce ne passa. La grande manifestazione di Parigi dell’11 gennaio può anche aver dimostrato molto meno di quello che si è scritto, ma una cosa l’ha detta: l’Europa, questa Europa, non è disposta a cedere i suoi ultimi settanta, costosissimi anni di libertà a nessuno. Non c’è alcuna sottomissione in vista e il libro di Houellebecq, con buona pace sua e del suo sodale Carrère, resta quello che è: fantapolitica.
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