Arrivare secondi pari merito in una corsa a tre in cui si era partiti favoriti non è certo un successo. Ed è quindi da questo punto di vista che bisogna partire per analizzare ciò che è successo all’Onu, dove i due seggi non permanenti al Consiglio di Sicurezza che toccavano all’Europa Occidentale sono stati assegnati uno alla Svezia (promossa alla prima votazione) e l’altro fifty-fifty a Italia e Olanda, che siederanno nel Consiglio un anno a testa. Stupisce che molti parlino di “conquista” del seggio quando alla vigilia del voto persino i giornali svedesi e olandesi davano per sicura la promozione dell’Italia. Ma tant’è. È da apprezzare, semmai, la lucidità con cui il nostro ministro degli Esteri Gentiloni, visto lo stallo (alla quinta votazione si era ancora in parità, 95 voti a testa rispetto ai 128 necessari), ha saputo concepire e proporre al collega olandese la soluzione di compromesso. Ci sarà tempo per analizzare questa battuta di (quasi) arresto.
Vien da pensare che una certa libertà di pensiero – sulle politiche per la gestione dei flussi migratori, per esempio, sulla crisi in Libia o sul confronto con la Russia in Europa – ci abbia fatto perdere qualche appoggio importante e qualche voto rispetto a un Paese in ambito Nato molto allineato e coperto come l’Olanda. Ma ora poco importa. Se l’Italia non esce vincitrice dalla vicenda, altri ne escono decisamente sconfitti. La prima ad aver perso l’ennesima occasione per darsi una fisionomia e una dignità politica globale è l’Unione Europea. Per lungo tempo l’atteggiamento europeo verso le Nazioni Unite è stato lacerato dall’ambizione della Germania di ottenere per sé un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, mentre gli Usa patrocinavano la causa dell’amico Giappone. L’Italia è stata, invece, uno dei Paesi più sensibili all’idea di un seggio permanente assegnato all’Unione Europea, che è assai più di una mera organizzazione regionale internazionale (come l’Unione Africana o l’Organizzazione degli Stati Americani) e comunque rappresenta l’8% della popolazione mondiale, il 20% degli scambi commerciali mondiali e un Pil ormai superiore a quello degli Usa.
Idea di rappresentanza collettiva che ha sempre trovato un ostacolo nell’ampia quota europea (Francia e Gran Bretagna) tra i membri del Consiglio, ma che avrebbe avuto enorme valore almeno simbolico in questo voto arrivato subito dopo la Brexit. L’Europa non solo non ha nemmeno provato a darsi un progetto comune, un coordinamento di fronte all’Onu, ma ha addirittura mandato tre suoi Paesi, dei quali Italia e Olanda sono pure fondatori della Comunità europea, a scontrarsi come se fossero rivali e privi di un presente e di un futuro comuni. Difficile lamentarsi dei populismi rampanti se si manca così clamorosamente di iniziativa e visione. Ma ancor più sconfitte dell’Unione Europea escono da questo voto le stesse Nazioni Unite. E per capire perché basta guardarsi intorno. Il maggiore bacino di crisi, oggi, è il Mediterraneo. Il Medio Oriente è in fiamme e gli incendiari fanno ogni sforzo per trascinare con sé anche Paesi più solidi come Turchia e Libano. L’Africa del Nord ribolle ed è diventata, oltre che palestra per i terroristi, anche trampolino di lancio per le migrazioni. L’Adriatico è ormai anche il mare di nazioni come Bosnia e Kosovo che cercano di resistere alle infiltrazioni dell’islamismo. Più in generale, il Mediterraneo – che è appunto mare tra le terre – collega Asia, Africa ed Europa e in qualche modo li lega a problemi che, se non sono comuni, fanno poca fatica a travasarsi dall’un continente all’altro. Di fronte a tutto questo, l’Italia era il candidato perfetto a quel seggio nel Consiglio di Sicurezza.
Siamo coinvolti in prima persona, abbiamo affrontato da soli questioni enormi, abbiamo idee da proporre. Col massimo rispetto per tutti, che c’entra l’Olanda con tali questioni? Che cos’ha da proporre? Che cos’ha proposto finora? Che ci sia stato un blocco sulla scelta dimostra che anche all’Onu vanno di moda le manovre di palazzo. Questo lo si sapeva già. Ma segnala pure che all’Onu si sono ormai persi di vista i problemi veri, quelli che tormentano i popoli e segnano i loro destini. E non c’è sconfitta peggiore di questa.