Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha postato nella sua pagina Facebook due foto della stessa zona, Alleghe, prima e dopo l’uragano di inizio novembre. Si tratta di una delle zone più disastrate dal maltempo. Ma anche delle meglio restaurate: vedendo l’ultima foto è difficile immaginare che la zona fotografata sia la stessa della prima. La strada, nella prima foto, era coperta di alberi spezzati e sparpagliati e la segnaletica orizzontale, tracciata in giallo, era scomparsa. Il guardrail in lamiera era ammaccato e storto, qualche albero vi aveva sbattuto sopra con violenza.
Nella seconda foto, la strada è spazzata e pulita, i rami sono stati portati via, la segnaletica è tornata lucida, evidentemente rispruzzata, e il guardrail è nuovo di zecca. La strada è perfetta. Chi l’ha rifatta non l’ha fatto di malavoglia, in fretta e furia, per liberarsi di un compito sgradito, ma l’ha fatto con attenzione, con scrupolo. Non ha rifatto com’era prima, ma meglio di prima. Poche persone bene intenzionate? No, migliaia di persone, e il governatore lo riconosce: «Da due settimane migliaia di volontari, tecnici, operai, professionisti, ma anche studenti e comuni cittadini, son venuti qui a lavorare gratis per restituire al territorio la dignità che aveva prima». Il governatore aggiunge: «Li ringrazio tutti, a nome di tutti». A me sembra la perfetta applicazione del proverbio che dice: 'Aiùtati, che il ciel t’aiuta'.
Cioè: non aspettare che il lavoro lo faccia lo Stato. Lo Stato sei tu. Se esci di casa con la motosega, per tagliare i pini messi di traverso, il tuo vicino farà altrettanto, e così gli altri vicini. C’è una stradina in ghiaia, dove sorgeva una casetta isolata, la stradina è stata sbarrata da decine di abeti crollati, marito e moglie han lavorato da soli a segare quegli alberi per facilitarne l’asporto. Il proverbio 'aiùtati che il Ciel t’aiuta' io lo so in un’altra versione, raccontatami da Umberto Eco quand’eravamo insieme nella giuria del Premio Viareggio. Buon giurato, Eco, onesto e scrupoloso. Votava secondo il proprio giudizio critico, non secondo le amicizie e le pressioni. Negli intervalli del lavoro cantava 'Celeste Aida' con voce potente, o raccontava barzellette, come quella che adesso rievoco, perché fa al caso nostro.
Ascoltatela. Chi la sa già, la riascolti, gli fa bene. Roma va sott’acqua, le case vengono sommerse, la gente annega, e rischia di annegare anche Romoletto, buon uomo, di professione campanaro, in ottimi rapporti col Padreterno. Ogni volta che ha un problema, lui prega il suo Capo, e da lui aspetta l’aiuto e la salvezza. Adesso che l’acqua sommerge la sua abitazione, fa come al solito: sale sul tetto e invoca aiuto. Passa sotto di lui un barcone dei Vigili del Fuoco, che lo chiamano: 'A’ Romole’, bùttati, che ti raccogliamo noi e ti portiamo in salvo'. 'Andate – fa Romoletto –, io aspetto ben altro aiuto, e so che l’avrò'. I vigili spariscono. Arriva un barcone della Finanza: 'A’ Romole’, noi siamo gli ultimi, controlliamo che non vengano gli sciacalli, vieni via con noi'. 'Andate pure – fa Romoletto –, io avrò un aiuto più grande del vostro'. I finanzieri spariscono. Arrivano i carabinieri: 'A’ Romole’, noi controlliamo che non resti nessuno dopo di noi, vieni via'. 'Io aspetto ben altro – fa Romoletto –, voi andate pure'. I carabinieri spariscono.
L’acqua sale e Romoletto muore. Va in Paradiso e protesta col guardiano: 'Il Capo m’aveva promesso aiuto, ma poi s’è dimenticato di me'. 'Strano – fa il guardiano –, quando il Capo promette, poi mantiene. Come vi chiamate?', 'Romoletto'. Il guardiano apre un librone, controlla, e solleva gli occhi arrabbiato: 'Come fate a dire che s’è dimenticato di voi? Tre barconi vi ha mandato'. Quando sono arrivati i volontari, il Veneto li ha accolti tutti e tutti li ha utilizzati e ora li ringrazia. Erano la Provvidenza.