Caro direttore,
il tema delle «diplomazia della scuola» menzionato dal ministro Giuseppe Valditara, riporta l’attenzione politica su rapporti internazionali in particolare tra l’Italia e l’Africa. Gli ultimi anni caratterizzati da pandemia, guerra, crisi energetica e alimentare hanno portato all’urgenza di riposizionare le relazioni internazionali e ripensare i modelli di leadership in linea con la “quarta priorità” dell’Europa ed è auspicabile che l’Italia, forte delle proprie radici valoriali, si renda protagonista nel proporre un rafforzamento dell’asse geografico e geopolitico con alcune aree del mondo.
L’Africa, in particolare. Si tratta di una regione strategica che deve tornare a essere al centro del dibattito politico italiano per molteplici ragioni, e non solo come luogo dove ha origine la maggior parte delle migrazioni che giungono sulle coste del nostro Paese. Parliamo, infatti, del continente che cresce di più come popolazione con tassi medi attesi nei prossimi 30 anni attorno al 2% e il suo sviluppo economico è secondo solamente a qualche Paese asiatico. La recessione del 2020, legata al crollo delle esportazioni e del turismo, è già stata ribilanciata dalle stime al rialzo del Fondo Monetario Internazionale (+4%). Il Continente ha una classe media in crescita che aumenta le opportunità di mercati sia per le imprese che vogliono investire direttamente sia per quelle che vogliono creare spin-off o proprie consociate locali.
Un recente studio di “Africa e Affari” conferma un aumento del 22% del peso commerciale relativo del continente con tendenze in crescita. Infatti, l’Africa vedrà crescere il proprio ruolo geopolitico in quanto è sede di estrazione di molte materie prime e materiali rari come il platino e il cobalto necessarie per la transizione energetica in Europa. Se l’Italia può, se vuole, contribuire a tracciare l’azione europea su questo fronte cruciale. C’è l’opportunità di rilanciare l’Africa come uno spazio di ricerca e di scambio culturale, un mercato economico e un partner al pari di altri, valorizzando la storica relazione culturale e commerciale tra la sponda sud e la sponda nord del Mediterraneo e promuovendo il nostro ruolo di “pionieri” delle relazioni, basti pensare che siamo ancora l’unico Paese tra gli Stati membri della Ue ad avere accreditato un ambasciatore presso l’Unione Africana.
L’Italia è in condizioni, se lo vuole, di operare con continuità su temi dove è da ben conosciuta e riconosciuta, a partire dalla formazione istituzionale e dalla ricerca per lo sviluppo e la condivisione di tecnologie tese a valorizzare il ricco capitale umano di quel continente, tra cui circa 1213 milioni di giovani ogni anno pronti per il mercato del lavoro. Istituire in sinergia con le autorità locali, percorsi tecnico professionali o vocazionali per formare le competenze dei principali settori produttivi (agricoltura, mani-fattura, servizi) è una necessità per molte nazioni africane. Avviare una rete di condivisione tra istituti tecnici locali, ispirandosi al modello italiano, che include relazioni e scambi con i settori produttivi, e grazie al ricco bagaglio esperienziale delle scuole secondarie avviate nel continente da molte congregazioni religiose missionarie può diventare un primo elemento di questa nuova “diplomazia della scuola”, a sua volta volano per altre relazioni.
Le ricadute di un simile legame con l’Italia basato su scuola, cultura, ricerca e innovazione sono immaginabili e promettenti, sia per lo sviluppo del continente sia per il posizionamento del nostro Paese e per un rinnovato approccio in campo internazionale fortemente e positivamente ancorato alla cultura e ai nostri valori e lontano da sfumature assistenzialistiche. Può davvero essere una grande opportunità iniziare anche dalla scuola per avviare una nuova fase del rapporto e delle relazioni tra Italia e Africa.
Fisica, Politecnico di Milano