Un ultimo controllo agli pneumatici e via. Si inforca la bici e si parte: da Cisternino (Brindisi) si punta verso sudest in direzione Martina Franca percorrendo il primo tratto della 'Ciclovia dell’acquedotto pugliese'. La bicicletta rappresenta, senza dubbio, il mezzo di trasporto migliore per scoprire questa terra affascinante e lontana dai soliti itinerari turistici. Il tour, infatti, si snoda nell’entroterra ed è stato realizzato sui camminamenti del Canale principale dell’acquedotto pugliese, un’imponente opera idraulica realizzata tra l’Ottocento e il Novecento per portare l’acqua dall’Irpinia al Salento. Si pedala con calma, mentre lo sguardo si perde tra le fronde argentate degli ulivi della Valle d’Itria e i tetti grigi dei trulli che punteggiano l’orizzonte. Inoltre non c’è traffico e il percorso ciclabile è sicuro anche per i bambini: si sentono solo il soffio del vento e il fruscio dei copertoni sul terreno.
Peccato che il percorso si interrompa dopo appena una decina di chilometri. Quando invece potrebbe contare su uno sviluppo complessivo di circa 480 chilometri: dalle fonti del massiccio del Cervialto, in Irpinia, fino a Santa Maria di Leuca in Salento. Un itinerario che, per il momento, resta quasi esclusivamente alla portata di cicloturisti ben allenati e disposti a trascorrere la notte in tenda. Ma che, potenzialmente, potrebbe rappresentare un’importante risorsa economica per il territorio pugliese capace di attirare migliaia di turisti da tutta Europa. E proprio al Nord Europa bisogna guardare per capire quali siano le potenzialità del cicloturismo che l’Italia (ancora) non ha saputo cogliere. Un caso da manuale è la 'Ciclovia del Danubio', il percorso cicloturistico più famoso e frequentato del Vecchio Continente: un percorso di circa 300 chilometri, da Passau a Vienna, frequentato ogni anno da circa 300mila ciclisti. E non si tratta esclusivamente di giovani sportivi ben allenati: nel 60% dei casi sono famiglie con bambini al seguito e over 60, magari aiutati dalle nuove biciclette a pedalata assistita. Un fenomeno di massa che genera, ogni anno, un indotto di 71,8 milioni di euro per il tessuto economico locale tra alberghi, bar, campeggi, ristoranti e musei.
Lo scarto tra lo scenario italiano e quello austriaco, tedesco (oltre 70mila chilometri di percorsi ciclabili 'di lunga percorrenza') o francese (37mila euro di indotto per ogni chilometro della 'Ciclovia della Loira') è siderale. Qualcosa, però, si sta muovendo anche nel Belpaese. Il mese scorso il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, ha presentato un progetto per dare vita a una rete infrastrutturale italiana delle ciclovie turistiche. Si partirà con quattro tratte di interesse nazionale: Grab (Grande raccordo anulare in bici), Vento (ciclabile che corre da Torino a Venezia lungo gli argini del Po), Ciclovia dell’Acquedotto pugliese e Ciclovia del sole (nel tratto che va da Verona a Firenze). Quattro percorsi che per Delrio rappresentano «il punto di partenza» per far uscire la ciclabilità dalla situazione di marginalità cui è relegata. «Sulle ciclovie bisogna che il nostro Paese rifletta – ha aggiunto Delrio – nell’Ue il fatturato del cicloturismo è di 44 miliardi l’anno e in Italia potrebbe essere di tre miliardi». Solo il Grab (acronimo che sta per 'Grande raccordo anulare in bici') potrebbe arrivare a generare un indotto di 14 milioni di euro l’anno con un afflusso di circa 600mila turisti nella città di Roma già nel primo anno di attività.
A certificarlo, uno studio di Confindustria-Ancma. «I costi per la realizzazione del Grab oscillano tra i 4 e i 12 milioni di euro – spiega Alberto Fiorillo responsabile aree urbane di Legambiente e coordinatore del progetto –. Costi che verranno coperti in pochissimo tempo e la ciclovia avrà un impatto importante sull’ambiente circostante». Il progetto del Grab può portare molti benefici alla città di Roma. In primis quello di eliminare le auto dall’Appia Antica, lungo il tratto più affascinante del percorso che va dai Fori Imperiali alle Terme di Caracalla. «Inoltre la realizzazione del percorso ciclabile permetterà di valorizzare il territorio circostante, soprattutto nelle zone periferiche – aggiunge Fiorillo –. Con un beneficio indiretto per tutti: una città meno trafficata e più vivibile». Ma per ottenere questi risultati, è importante che dall’alto arrivino investimenti certi e una solida cabina di regia. Il primo passo, in questa direzione, è stato fatto: nella Legge di stabilità 2016 sono stati inseriti 91 milioni di euro per il triennio 2016-2019 destinati espressamente alla copertura dei costi di progettazione delle quattro ciclovie (cui forse se ne aggiungerà una quinta, la ciclabile del Garda). La scelta del Governo di puntare sulle ciclovie turistiche non ha colto impreparati gli esperti del settore. Che, conti alla mano, dimostrano quali possano essere le ricadute positive di questo tipo di progetti. «Un chilometro di ciclabile turistica genere e sostiene cinque posti di lavoro, con un indotto economico che oscilla tra i 100 e i 300mila euro», spiega Paolo Pileri, professore associato di progettazione e pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano e responsabile scientifico del progetto 'Vento', ciclovia lunga 600 chilometri che collegherà Torino a Venezia correndo lungo gli argini del Po. «Bisogna smettere di pensare alle ciclovie come qualcosa di residuale: non sono un contentino per appassionati delle due ruote – aggiunge Pileri –. Stiamo parlando di vera economia verde, a patto però di investire bene le risorse».
Un’economia che genera un ritorno economico e occupazione: «In Germania, dagli anni 90 a oggi sono stati creati 250mila posti di lavoro con la realizzazione di ciclabili turistiche», conclude Pileri. Il 'come' sia possibile creare nuovi posti di lavoro è presto detto. Puntare sul turismo su due ruote permetterebbe innanzitutto di diversificare l’offerta turistica «dando a delle località non prettamente votate al turismo la possibilità di diventare luoghi attrattivi per altre ragioni. E il caso della Valle d’Itria, in questo senso, è esemplare», commenta Paolo Pinzuti, editore del portale Bikeitalia.it ed esperto cicloviaggiatore. Già oggi il comparto turistico contribuisce al 12% del Pil. Offrire un’ampia rete cicloturistica capace di attrarre viaggiatori da tutta Europa permetterebbe ad esempio di valorizzare tante splendide località del Sud Italia, dove oggi l’offerta si concentra prevalentemente tra giugno e settembre. Mentre chi macina chilometri in sella a una bicicletta predilige piuttosto i mesi più miti: albergatori e ristoratori avrebbero così la possibilità di lavorare anche al di fuori della classica 'alta stagione'. Il modello da imitare, in questo senso, è l’isola spagnola di Maiorca: «È diventata una meta molto apprezzata dai cicloturisti tedeschi nei mesi invernali e primaverili. Che generano un indotto di circa 290 milioni di euro», spiega Pinzuti. Il clima, le bellezze del territorio e la cultura enograstronomica dell’Italia, ne fanno una meta molto appetibile per i turisti austriaci e tedeschi amanti delle due ruote. «Ma per attrarli servono buone infrastrutture facilmente accessibili – sottolinea Giulietta Pagliaccio, presidente di Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) –. Il cicloturismo deve essere un’esperienza che tutti possono vivere facilmente».
E in Italia c’è ancora molta strada da fare. A partire, banalmente dalla segnaletica. Non è un caso che oggi la maggior parte dei ciclioviaggiatori che vengono dall’estero si fermino all’altezza di Verona o si limitino a esplorare il Trentino, regione che ha investito molto sulle ciclabili turistiche. «La decisione di investire sulla Ciclovia del Sole, nella tratta che arriva fino a Firenze permetterà di ampliare ulteriormente l’offerta – spiega Giulietta Pagliaccio –. E il prossimo obiettivo è quello di arrivare fino a Roma». Investire in maniera strutturata sulle ciclovie rappresenta un passaggio importante, ma non sufficiente: «Occorre investire sull’intermodalità – spiega –. Chi organizza una vacanza in bici, ad esempio, può aver bisogno di portarla in treno per raggiungere il punto di partenza. E questo non è sempre facile. Altro problema è l’accesso alle città: anche quello deve essere messo in sicurezza. Se questo manca, allora ho perso qualcosa». Da sola, la ciclovia, non basta per lanciare il cicloturismo. Servono alberghi con servizi dedicati e servizi a 360 gradi per i turisti su due ruote.