Un bilancio sulle transazioni delle aziende nei vari paesi Anche se non sembrerebbe, i Panama papers e lo scandalo mondiale dei vip che occultano i loro lauti guadagni nei paradisi fiscali sono una buona notizia: il mondo sta diventando troppo piccolo per poter nascondere comportamenti del genere e le istituzioni internazionali, gli stati e l’opinione pubblica non sono più disposti a chiudere un occhio sul fenomeno. Quando su queste colonne abbiamo commentato l’uscita del rapporto Oxfam, con il drammatico dato sulla crescita delle diseguaglianze (i 62 uomini più ricchi del pianeta con un patrimonio pari a quello della metà meno ricca della popolazione mondiale) abbiamo ricordato che la prima e più urgente proposta di policy che emergeva dal rapporto è quella della lotta ad evasione ed elusione. Il dato impressionante contenuto sempre nel rapporto indicava ad esempio che se la ricchezza degli africani nascosta nei paradisi fiscali (stimata attorno ai 500 miliardi di dollari, tre volte superiore agli aiuti allo sviluppo in entrata) fosse rimpatriata e soggetta a tassazione se ne ricaverebbero circa 14 miliardi di dollari utili per salvare la vita a 4 milioni di bambini affetti da malattie o pagare abbastanza gli insegnanti per assicurare l’istruzione obbligatoria per tutti i bambini del continente. Come ricorda Stiglitz, con l’elusione fiscale il denaro dei ricchi che dovrebbe sgocciolare a valle beneficiando anche i più poveri evapora al clima tropicale dei paradisi fiscali. Facendo venir meno persino quella posticcia e insufficiente giustificazione dei super ricchi alle enormi diseguaglianze della dottrina della 'ricaduta favorevole' (lasciamo diventare i ricchi più ricchi perché il denaro comunque arriverà anche a valle dai più poveri). Ricordiamo bene come la critica di Francesco a questa pseudo-teoria nella Evangelii Gaudium fu aspramente contrastata da alcuni ambienti conservatori e considerata un’invasione di campo. La storia dei Panama Papers supera la fantasia attualizzando in modo crudele la parabola del ricco Epulone che non passa al povero Lazzaro nemmeno le briciole sotto il tavolo. Se in Africa il problema assume contorni eclatanti la questione riguarda però anche noi. Azzerando elusione ed evasione sarebbe infatti possibile quasi dimezzare la pressione fiscale oggi eccessiva che grava sui contribuenti onesti liberando energie e risorse e dando uno stimolo formidabile alla ripresa degli investimenti e all’attività d’impresa. È per questo che le istituzioni internazionali e i paesi del Nord del mondo, dove le economie soffrono e i debiti crescono, hanno dichiarato guerra all’evasione e all’elusione. E con l’incrocio delle banche dati stanno riuscendo ad accrescere le risorse recuperate (solo in Italia nel 2015 i proventi dalla lotta all’evasione sono aumentati di svariati miliardi). Come campagna '005', che unisce una rete di organizzazioni nazionali ed internazionali della società civile, abbiamo da tempo collocato la lotta a evasione ed elusione tra i quattro obiettivi principali. La proposta concreta fatta sul campo è quella dell’obbligatorietà del cosiddetto
country by country reporting, ovvero del bilancio delle transazioni tra le diverse unità aziendali collocate in paesi diversi in modo tale da poter tracciare i movimenti elusivi. Che di solito hanno la tipica caratteristica di flussi fittizi in uscita dai paesi ad elevato prelievo fiscale, dove l’azienda effettivamente produce reddito. verso sussidiarie di comodo con sede in paradisi fiscali che fingono di prestare servizi per la casa madre. In questo modo i profitti vengono trasferiti nel paradiso fiscale e sono soggetti a tassazione molto inferiore. Proprio grazie alla rivolta dell’opinione pubblica internazionale in seguito allo scandalo di evasione ed elusione delle imprese transnazionali in Africa, il settore minerario-estrattivo è stato il primo negli Usa dove l’obbligatorietà del
country-by-country reporting è stata imposta. L’Ue ha deciso recentemente di procedere in questa direzione con un provvedimento a nostro avviso assolutamente insufficiente che fa dubitare della reale volontà di intervenire e rinforza i sospetti di condizionamento da parte delle lobby. Nella proposta europea sono scomposti solo i flussi tra paesi Ue, mentre vengono aggregati quelli extra-Ue che sono proprio i trasferimenti maggiormente a rischio di elusione. La soglia minima oltre la quale si applica la normativa (750 miliardi di fatturato) esclude la stragrande maggioranza delle imprese transnazionali. L’informazione richiesta esclude infine alcune notizie essenziali per verificare la natura dei trasferimenti tra controllate di una stessa impresa in paesi diversi. Su questo tema, come su quello dell’ambiente, il governo è incalzato in questi giorni e chiamato a dare segnali di capacità di perseguire efficacemente il bene comune. La legge del
country by country reporting è una grande occasione a livello europeo in grado di apportare benefici per tutti (cittadini che usufruiscono di servizi pubblici, stati che lottano per ridurre il problema del debito). Non dobbiamo lasciarcela sfuggire con un testo debole e al ribasso non in grado di contribuire sostanzialmente a nessuno di questi benefici.