In uno dei tanti e affettuosi auguri che papa Francesco ha fatto per l’8 marzo alle donne, c’era anche questo: «Vi auguro di non desiderare di essere grandi, perché siete già grandi». Voleva alludere, probabilmente, alla “grandezza” della donna riguardo le sue capacità di intelligenza e di sapienza, la sua cordialità naturale, la sua tenerezza, bellezza, armonia. Per il mare d’amore in cui essa fa navigare figli, mariti, fratelli e padri spesso del tutto gratuitamente. Per quella cura con cui la donna abbraccia il mondo, lo custodisce e lo rigenera – per vocazione quasi istintiva – pervicacemente al futuro. Della Madonna, Francesco ha detto: Lei è più grande di tutto il collegio apostolico, perché è la Madre del Signore e della Chiesa e il Cenacolo di Pentecoste cosa sarebbe senza di lei?
Sì, certamente, la donna è già di per sé molto grande, e non avrebbe ragione di ambire a ulteriori grandezze. Ma ci sono donne “costrette”, per così dire, a essere grandi, nel modo straordinario che questo aggettivo traduce. Donne che non vorrebbero esserlo, o, almeno, non nel modo in cui si trovano a diventarlo. Una di loro è Asia Bibi. Una persona che certamente non avrebbe voluto diventare grande, ma che viveva la sua vita di donna, di moglie e di madre nella più chiara semplicità. Era cristiana e confidava al suo Dio il suo tempo e le sue fatiche, i suoi affetti e le sue speranze. Non faceva crociate per la sua religione, ma la sua mite fedeltà quotidiana al Signore della sua vita, questo atto di amore e libertà, è bastato per renderla rea di bestemmia verso la religione ufficiale del suo Paese, il Pakistan.
Asia Bibi è oggi in carcere perché, secondo chi l’accusa, avrebbe offeso il profeta Maometto, anche se ciò appare affatto infondato. La sua lealtà verso una fede compagna e sorella di vita l’ha fatta diventare una specie di eroina, un esempio attuale di esperienze originarie della Chiesa cristiana. E come grandi furono i martiri della prima ora, condannati a morire per aver offeso ora la religione giudaica ora quella dell’Imperatore romano, così è oggi Asia Bibi, una donna “grande” senza averlo mai desiderato.
Quante donne nella storia sono state, come lei, straordinarie! Tutte quelle che volevano difendere la dignità della diversità e della propria identità. Alcune sono state schiacciate perfino dal fanatismo cristiano. Un nome simbolico, quello di Ipazia, la filosofa ellenista uccisa perché rifiutava il cristianesimo. Derive che tutte le Chiese cristiane hanno rigettato da tempo, cambiando radicalmente il loro atteggiamento verso chi confessa un’altra religione.
La Chiesa cattolica ha rinunciato per sempre a ricambiare la violenza con la violenza, anche quando si tratti di intolleranza religiosa, poiché ascolta e mette in pratica le parole del Signore: «A chi ti percuote su una guancia, tu porgi anche l’altra ». Che non significa passività, ma sostituzione della violenza con la parola, con il dialogo, con l’accoglienza, con il rispetto, con la stima reciproca, con l’impegno comune per la pace.
Asia Bibi non è solo una donna grande, ma anche una grande donna, perché ha posto il suo corpo come fedele strumento di pace, unendolo a quello del Figlio di Dio sulla Croce. Come lei tante altre donne che appaiono grandi per il loro coraggio di fratellanza, di giustizia, di solidarietà universale. Penso a tutte le donne ferite nella loro battaglia per i diritti umani, civili, religiosi, i cui volti e nomi sono numerosi come le stelle del cielo. Penso a Madre Teresa di Calcutta che ha dato la vita, perché ogni moribondo della terra possa avere, nell’ultimo respiro, la carezza del proprio Dio. Queste donne sono aurore di speranza e tra loro e tutti noi, vicini e lontani, cristiani e musulmani, poveri e ricchi, uomini e donne, una catena simbolica di carità, una collana d’amore: quella corona del Rosario che dalle mani di Francesco oggi è nelle mani di Asia Bibi. Un abbraccio universale con cui pungere notte e giorno il Cuore di Dio.