Un primo importante risultato è stato raggiunto. L’Italia ha un Governo, sostenuto da ampia base parlamentare, apprezzato per la sua composizione e i suoi intendimenti, possiamo tirare un sospiro di sollievo per aver evitato fratture traumatiche, il rischio di altri mesi di paralisi. Ora, però, tocca a ciascuno di noi fare qualcosa per aiutarlo nella sua opera, perché l’errore più grande sarebbe quello di credere che a Mario Monti e ai suoi ministri spetti risolvere la crisi economica, mettere a posto i conti, in modo che si chiuda una parentesi fatta di paure ed angosce, e tutto possa tornare come prima. Una prospettiva del genere è illusoria, prima che impraticabile, dal momento che la crisi degli ultimi anni ha carattere epocale e ha sconvolto l’orizzonte nel quale eravamo abituati a muoverci, ha fatto incrinare il primato della politica sulle grandi scelte economiche, ci ha brutalmente detto che si stanno alterando i rapporti tra le economie del pianeta.Per aiutare Monti a governare, occorre un cambiamento di mentalità complessivo. Si può, e si deve, protestare per interferenze di altri Paesi o entità internazionali che feriscono l’Italia, ma occorre prendere atto che quando l’interdipendenza tra le economie è prolungata, estesa quasi quanto lo è il mondo, allora tocca a noi cambiare registro, saper adeguare il nostro stile di vita alle possibilità reali, mettere in campo proposte che salvaguardino gli equilibri tra le generazioni, tutelino i soggetti più colpiti dalla crisi. È giusto chiedere al governo che i sacrifici siano distribuiti con equità, ma a patto che nessuno si tiri indietro, o ponga dei veti sui grandi temi sul tappeto, i costi della politica, l’età pensionabile, la flessibilità del lavoro, una giusta valorizzazione (anche fiscale) della famiglia, e via di seguito.La pacatezza del programma di Monti non deve trarre in inganno perché non nasconde che è chiamata in causa la strutturazione corporativa della società consolidatasi nei decenni scorsi. E sono chiamati in causa i partiti, i sindacati, le forze economiche, che devono fare ciascuno la propria parte, ponendo fine all’estenuante ostruzionismo sociale praticato da tempo verso ogni tipo di governo. Le condizioni per cambiare davvero oggi ci sono, ma al bene comune devono contribuire tutti, senza alcuna eccezione; e l’amplissima maggioranza parlamentare di cui fruisce l’esecutivo non può essere interpretata come una tregua per poter ricominciare daccapo di qui a pochi mesi, ma come l’occasione per una riflessione collettiva.Però, il Governo Monti offre la possibilità per un altro cambiamento, che riguarda la nostra concezione della politica, della convivenza civile, dell’informazione, da tempo intossicate con dosi di veleno non più sopportabili. Anche questa concezione ha contribuito all’acuirsi della crisi perché ha diviso la società e gli animi, ha tolto agli italiani capacità di lavorare insieme, ha eroso una coesione morale indispensabile per superare le grandi difficoltà. Quel dilaniarsi per anni in una logica di amico-nemico, nella quale si colpisce e demonizza ogni cosa, con una critica così martellante da perdere credibilità, ci ha come svuotati dall’interno, ha minato la capacità di guardare ai problemi veri, di impegnarci per risolverli, ha introdotto elementi di patologia nel sistema democratico. Svelenire la convivenza civile oggi è diventato necessario per la stessa governabilità, e per guardare con fiducia al futuro.Speriamo i tanti, forse tutti, nel tramonto di una concezione politica che affida ogni cosa nelle mani di una persona, dotata di capacità taumaturgiche, o ignora quei tratti di nobiltà e moralità che devono caratterizzare chi governa le istituzioni. Ma dobbiamo anche impegnarci per un’informazione che ritrovi un ruolo di voce della democrazia e della società, senza umiliarsi a scrutare fin negli interstizi della vita delle persone, offendendo verità e decoro, con un degrado quasi senza fine. Evitando la retorica, Mario Monti ha richiamato con convinzione il ruolo dei giovani, e delle donne, denunciandone le sofferenze e la marginalità sociale. Soprattutto per i giovani, la riconquista della dignità della politica, liberata dalla faziosità e dall’opportunismo, costituirebbe un primo formidabile incentivo per una loro nuova partecipazione alla vita collettiva, che unisca entusiasmo e voglia di fare, idealità e razionalità. Sono questi gli ingredienti necessari per una società che si impegni a favore del bene comune, a cominciare dal sostegno ai più deboli.