Il muro elvetico ha retto anche stavolta. Lo stato più atteso, la Svizzera, non ha firmato il protocollo di «mutua assistenza» in materia fiscale elaborato sotto la presidenza di turno italiana dell’Ocse (non capitava dal 1974) che ha chiuso nella capitale francese la riunione ministeriale fra i 34 Paesi membri. Un vertice durante il quale i ministri hanno anche fatto il punto sullo stato dell’economia, convenendo sull’esigenza che il rigore nei conti non deve andare a scapito dell’imperativo di tornare a ritmi alti di crescita: nella dichiarazione finale si sono impegnati a sviluppare «programmi a medio termini credibili e trasparenti di consolidamento dei bilanci senza che mettano a rischio la crescita» perché, al di là di tutto, l’obiettivo primario resta «evitare una ripresa e una crescita senza occupazione».Un altro motore dell’aggiustamento dei bilanci deve essere la lotta senza quartiere agli evasori fiscali. E questo spiega l’attesa per il protocollo fiscale, nel quale gli stati membri si impegnano a non opporre il segreto bancario e a non motivare con l’«interesse nazionale» l’opposizione allo scambio di informazioni tributarie sui contribuenti. Il rifiuto della Svizzera era previsto ma ha portato il nostro ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che ha tenuto la conferenza stampa finale assieme al segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, a chiedersi «se è isolata la maggioranza che ha firmato o se è isolata un’eccezione». Il principio dovrà ora essere tradotto nelle legislazioni nazionali. La Svizzera resta invece chiusa nel suo fortino ed è, la sua, un’assenza che pesa: la rappresentante elvetica Doris Leuthard ha motivato il no spiegando che «noi riteniamo che gli standard attuali Ocse siano sufficienti» anche se, ha aggiunto, «non bisogna essere ingenui: la crisi del debito spingerà gli stati a rinforzare il proprio zelo fiscale». Resta, in ogni caso, il passo avanti compiuto. E il punto fatto dal segretario Gurria: «Noi dell’Ocse non abbiamo liste di nessun colore, siamo daltonici – ha affermato –. Lista nera, lista grigia, sono cose che compaiono solo sulla stampa. Noi abbiamo solo Paesi che aderiscono allo standard Ocse e Paesi che non aderiscono». Gurria ha poi fatto notare il ruolo decisivo delle organizzazioni internazionali: «Molti Paesi stanno sottoscrivendo accordi di scambio di informazioni e la cosa positiva è che spesso lo fanno attraverso organismi come il Consiglio d’Europa, o in gruppi, come per esempio hanno fatto i Paesi nordici che sottoscrivono accordi tutti insieme».Questo vertice dell’Ocse ha prodotto come risultato finale tre documenti: oltre al protocollo fiscale ci sono il testo generale che raccoglie le conclusioni dei lavori e una «dichiarazione condivisa» basata su dieci principi etici e giuridici per la finanza internazionale, dopo la recessione. Nelle conclusioni generali i ministri hanno ribadito pure l’obiettivo, al quale non si vuole rinunciare nonostante le difficoltà del momento, di «perseguire una riforma fiscale favorevole alla crescita». La convinzione resta, quindi, che un calo permanente delle tasse è condizione irrinunciabile per riprendere il sentiero che porta a tassi di sviluppo più elevati nelle economie occidentali. Ai lavori del summit e all’elaborazione dei testi hanno preso parte attiva anche Biac e Tuac, gli organismi di supporto rispettivamente degli imprenditori e dei sindacati degli stati aderenti. E questo ha spinto Tremonti a una battuta dal forte sapore politico: «Giovedì il premier di Israele, Netanyahu, ha citato Karl Marx e anche oggi (ieri per chi legge, ndr) Marx è stato citato: credo che se vedesse l’armonia con cui sia i sindacati che le imprese hanno condiviso il lavoro fatto, anche lui resterebbe sorpreso...».